la Repubblica, 13 dicembre 2019
Le elezioni in Algeria a urne vuote. Nessuno vuole votare per quei cinque candidati legato al vecchio regime
Seggi semivuoti e cariche della polizia contro i manifestanti anti- voto hanno segnato le prime elezioni presidenziali in Algeria del dopo Bouteflika, con appena il 20% degli aventi diritto che si era recato alle urne alle 15 e con decine di arresti in tutto il Paese.
Molte migliaia di persone hanno sfilato in corteo ad Algeri e Orano scandendo slogan come «No al voto con la banda», per indicare l’élite politica che ha governato il Paese negli ultimi decenni e per denunciare lo scrutinio come una manovra unicamente destinata a far sopravvivere il regime. A Bouira, intanto, città di 75mila abitanti del nord ovest del Paese, capoluogo di provincia noto per essere un bastione anti-governativo nella regione berbera della Cabilia, una folla di manifestanti ha bloccato otto dei nove centri di voto e saccheggiato le urne. Scontri con le forze dell’ordine hanno causato un imprecisato numero di feriti, di cui uno in modo molto grave.
Quasi 24,5 milioni di elettori erano chiamati ieri a scegliere il successore del presidente che dopo 20 anni s’è dimesso il 2 aprile rispondendo alle enormi manifestazioni che dallo scorso 22 febbraio, ogni venerdì, riempiono le piazze del Paese nordafricano.
Cinque i candidati, tutti in qualche modo legati all’ex capo dello Stato. Ed è proprio questo che contestano gli algerini, chiedendo un cambiamento radicale della classe politica. Due ex primi ministri dell’era Bouteflika, spiccano tra i candidati di questo primo turno delle presenziali e appaiono come favoriti: Ali Benflis e Abdelmadjid Tebboune. Benflis, 75 anni, è stato premier sotto Bouteflika dal 2000 al 2003, mentre nelle elezioni del 2004 e del 2014 si era candidato come suo sfidante. Tebboune, invece, 73 anni, ministro delle Comunicazioni nel primo governo Bouteflika nel 1999, è stato premier dal maggio all’agosto del 2017.
L’affluenza è stata la grande sfida di quest’elezione: il movimento di protesta ha invitato a boicottare il voto mentre le autorità promettevano da giorni una partecipazione “massiccia”, che però non c’è stata. Amin Khan, poeta e intellettuale, promotore della cultura algerina come motore di cambiamento sociale, è stato uno dei tantissimi astensionisti. Così spiega la sua scelta: «Sono partigiano della transizione democratica, frutto di un negoziato tra il potere e il popolo. Solo questo creerà le condizioni politiche, giuridiche e amministrative per elezioni realmente democratiche».a