la Repubblica, 13 dicembre 2019
Intervista a Samantha Cristoforetti. Sta per tornare nello spazio
Per qualcuno il sogno della vita si avvera due volte. Samantha Cristoforetti fin da bambina desiderava volare nello spazio. Non solo c’è riuscita, passando 199 giorni in orbita tra il 2014 e il 2015. Ora le è stata affidata una seconda missione.
L’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea, 42 anni, originaria di Malé in Trentino, pilota militare e capitana dell’Aeronautica, prima donna italiana nello spazio, due lauree e cinque lingue, appassionata di immersioni e yoga, commenta la notizia con semplicità: «Sono felicissima». Lo dice in visita al Forum New space economy a Roma.
Quando partirà?
«Non prima della fine del 2022. Dovrebbe essere una missione di sei mesi».
Passeggiate in programma?
«Chissà. Posso solo addestrarmi e sperare. Ci sono state spedizioni senza neanche una passeggiata, e ora l’equipaggio sulla Stazione spaziale internazionale ne ha in programma una decina in due mesi».
È già iniziata la preparazione?
«Non ancora. Per la scorsa missione l’addestramento è durato due anni e mezzo. Mi aspetto che questa volta sia più breve».
Nella scorsa missione ha letto una favola di Rodari per dare dallo spazio la buonanotte ai bambini del mondo. Stavolta in più sulla Terra ci sarà una bambina speciale, sua figlia. Sta preparando la fiaba?
«In verità non ci ho ancora pensato».
Cosa fa un’astronauta sulla Terra?
«Al momento penso alla Luna. Sto lavorando al progetto che si chiama Gateway, a guida Nasa ma con un ruolo importante dell’Agenzia spaziale europea, per costruire una base orbitante attorno alla Luna.
Orion, l’astronave che porterà gli astronauti sul Gateway, è per metà europea. Il primo modulo della base orbitante dovrebbe essere lanciato nel 2022 e per il primo allunaggio si prevede il 2024. Io seguo il progetto dall’European astronaut center di Colonia, ma siamo ancora alla fase del disegno. Come astronauta faccio da interfaccia con tecnici e ingegneri per mettere a punto tutti gli aspetti necessari del vivere a bordo: la funzione dormire, la funzione consumare il cibo, la funzione toilette e igiene».
Un giorno queste funzioni toccheranno a lei?
«Sono un’astronauta. Andare sulla Luna è ovviamente il mio sogno. La Nasa assegnerà un paio di posti agli astronauti europei per andare sul Gateway, ma chissà».
Nel frattempo studia il cinese?
«Ho passato l’esame di quarto livello. So fare una conversazione semplice».
Sulla Stazione è approdato un robot dotato di intelligenza artificiale per fare compagnia agli astronauti. Le farà piacere?
«Robotica e intelligenza artificiale sono cruciali, ma come compagnia continuerò a preferire quella dei colleghi umani».
Vi capitano momenti di nostalgia?
«Non direi. Però la compagnia dei colleghi è importante. Si mangia spesso insieme, paradossalmente più che in famiglia sulla Terra. Una volta avevo saltato diversi pasti con gli altri, per ragioni di lavoro. Il comandante è venuto subito da me, preoccupato che potessi avere dei problemi o mi stessi isolando. La Stazione assomiglia alla vita del college. Con quelle cuccette disposte a raggiera, sembra un po’ un dormitorio di stud enti».
Ha raccontato che per vivere lunghi periodi insieme servono senso dell’umorismo e qualche barzelletta.
«È vero, capita spesso di scherzare tra colleghi».
Qual è la qualità che l’ha aiutata di più nello spazio?
«Saper fare i lavori manuali. Sulla Stazione ci sono sempre molte cose da riparare. Al mattino per prima cosa ci mettiamo davanti a un computer e consultiamo l’agenda con i nostri compiti. Ma subito dopo prendiamo la cassetta degli attrezzi».
È brava ad aggiustare le cose?
«A casa non mi cimento. Ma quando mi iscrissi a Ingegneria al Politecnico di Monaco scoprii che prima di entrare in aula gli studenti dovevano fare un tirocinio di diverse settimane in un’officina. Venni accettata all’officina delle Poste tedesche e passai giorni e giorni a limare con i calli, saldare, filettare le viti a mano. A casa ho ancora il modellino della torre della tv di Monaco che avevo fatto al tornio».
Le piacevano i lavori manuali anche da bambina?
«Mi piacevano Lego e Meccano».
A sua figlia di tre anni cosa dirà prima di partire?
«Ma perché fate questa domanda a me e mai a un astronauta uomo?».
Pubblicammo la bella foto di Luca Parmitano che salutava le figlie prima del lancio. Ma lei ha sostenuto una campagna contro la violenza sulle donne. La disparità di genere è un problema anche fra voi?
«Ho solo supportato una campagna del ministero per le Pari opportunità per incoraggiare le vittime di violenza domestica a chiedere aiuto.
Mi sembrava giusto farlo».
Come mai è uscita da Facebook?
«Ho sospeso la mia attività. Sono perplessa sull’uso poco responsabile dei dati degli utenti».
Come immagina il mondo in cui crescerà sua figlia?
«Non so. Dieci anni fa non avrei saputo prevedere nulla di quel che si è avverato oggi».