ItaliaOggi, 13 dicembre 2019
Siamo pronti all’arrivo dei robot pensanti?
La competizione per la superiorità sia tra Stati sia tra attori privati sta puntando sempre di più a raggiungere un potere cognitivo differenziale, fatto non nuovo, ma delegando tale missione ad un’intelligenza artificiale, questa una novità. Da intendere come discontinuità evoluzionistica nella tendenza millenaria a cercare il dominio attraverso «protesi tecnologiche» che estendano le facoltà antropiche: arco, aratro, barche, microclimi, cannocchiali, automobili, gru, computer, ecc. Ciò che è nuovo, e quindi ancora da capire, è la tendenza a delegare ad un’intelligenza artificiale decisioni non di routine: non più protesi, ma attore.
Il punto: a quali condizioni tale delega aumenta il potere cognitivo e la competitività-superiorità di un utente?
Il problema della (ciber)delega è latente da un ventennio a seguito dello sviluppo degli automi che apprendono, negativizzato da film di fantascienza tecnodiffidenti, ma risolto dal fatto che finora, per limiti tecnici, la delega non ha potuto essere completa e che comunque c’è un bottone di spegnimento. Anche nei sistemi più evoluti, per esempio «l’occhio di Dio» che permette ad una piattaforma militare di vedere tutto ciò che è significativo per una missione, la decisione di come agire in base all’informazione è prevalentemente umana e mostra un’integrazione tra strumenti e addestramento.
Ma la recente ripresa delle ricerche in materia di computer quantistici, e oltre, fa ipotizzare l’irruzione di sistemi realmente pensanti. La tendenza, già visibile nel mondo finanziario come sostituzione della prima generazione di roboadvisor con una successiva capace di maggiore velocità e decisioni programmate come scopo, ma non nei modi, per operazioni.
Nei sistemi militari ci sono segni che ciò sia già uno standard. Infatti nell’analisi combinatoria tra i requisiti di quantità di informazione, interpretazione finalistica, tempo e decisione, cioè il classico ciclo Ida (informazione, decisione, azione), è evidente un gap dell’attore umano nei confronti di un cervello quantistico e suoi successori su tale tecnolinea.
Ciò spinge verso la (ciber)delega che è già un trend visibile nello scenario a dieci anni. Ma valutazioni preliminari fanno ipotizzare che la delega non basterà da sola a fornire un potere cognitivo costantemente competitivo perché questo resterà binario, cioè richiederà relazioni uomo-macchina dove ambedue co-evolvono, cioè più capacità cognitiva umana (supersintesi e visione) e non meno. Pertanto qualità e spesa per istruzione e ricerca saranno il vero fattore selettivo nell’età della cibernazione.