Corriere della Sera, 12 dicembre 2019
Intervista a Cate Blanchett
Cate Blanchett, alla sua decima candidatura ai Golden Globes, due premi Oscar (per The Aviator e Blue Jasmine), non ha dubbi quando parla di Che fine ha fatto Bernadette?: «Il mio personaggio, una donna in carriera, è uno dei più coinvolgenti ruoli da me interpretati anche se la critica si è divisa. Ho avuto gratificazioni straordinarie dal mio lavoro ed è curioso che proprio per un profilo femminile al quale tengo infinitamente la mia prova sia stata discussa».
Lei è stata Elisabetta I d’inghilterra, non si contano i suoi ruoli drammatici, si è trasformata in Bob Dylan, i cultori del fantasy sono fan della sua Galadriel nella saga de «Il signore degli anelli»: perché Bernadette è così speciale?
«Perché il percorso della sua vita sa parlare a tutte le donne e suggerire molto della natura femminile agli uomini. Fa l’architetto, è sposata e ha una figlia adolescente. Appartiene di diritto, per eleganza e carriera, alla upper class. Tuttavia è sostanzialmente insoddisfatta, sente il bisogno di dire basta, di cambiare, di andare via, altrove. Qualcosa che veramente voleva le è sfuggito, non si sente più creativa e un bel giorno scompare lasciando tutto e intraprendendo un viaggio di ricerca interiore, per una destinazione che nessuno conosce».
Lei ha lasciato l’Australia, ha acquistato una casa in Inghilterra dove si è trasferita con suo marito e i vostri due figli. Perché questa scelta?
«L’Inghilterra è il luogo giusto culturalmente per la mia vita, quella dei miei figli e di mio marito, scrittore e commediografo. Mi interessa recitare in teatro, studiare e impegnarmi in Europa».
Lei è anche una produttrice. Che cosa l’aspetta ora?
«Resta in piedi il progetto biografico su Lucille Ball; sarò impegnata in un film scritto e diretto da Guillermo del Toro e ho passato i mesi scorsi a Toronto dove ho girato la serie televisiva Mrs. America in cui interpreto Phyllis Schlafly, la scrittrice antifemminista che nel 1970 creò un movimento per mobilitare i conservatori contro le battaglie per la parità dei diritti».
È sorprendente: come presidente della giuria a Cannes nel 2018 ha sostenuto la marcia delle donne per la equiparazione di paghe e ruoli, è impegnata nelle denunce del Me Too sulle molestie sessuali, in diversi suoi ruoli ha sostenuto ogni diritto alla diversità…
«La diversità è necessaria in un mondo globalizzato, questa è una verità da tenere sempre presente nella realtà di oggi. Ma interpretare ruoli che non mi assomigliano è una sfida quanto mai fertile per me e per il pubblico».
Bernadette è sposata con un uomo che mai ha limitato le attività della moglie. Lei ha da anni uno scambio professionale con suo marito Andrew Upton...
«Bernadette non dà alcuna colpa agli altri del suo bisogno di fuga dalla routine. Nascondendosi spesso dietro grandi occhiali (che nel film hanno significati precisi come gli abiti, gli interni, tante abitudini) vuole ritrovarsi e vuole cambiare diverse cose della sua vita. Accade nella cosiddetta mezza età a tante persone...».
Qualche punto di contatto con il personaggio?
«Io come neo-cinquantenne ho capito a fondo questa donna: il suo bisogno di ricominciare a creare (non solo a eseguire) in una società che in nome del consumismo spesso uccide la fantasia. Il successo dal 2012 del libro di Maria Semple dimostra la validità della storia e del perché spesso, anche per le persone intelligenti che fanno un lavoro gratificante, la vita quotidiana non coincide con le loro personalità».
La fuga è una soluzione?
«No, ma nel caso della protagonista è il tassello per cominciare diversi percorsi e per liberarsi da molte sovrastrutture».