Il Sole 24 Ore, 11 dicembre 2019
Grassi sta per passare dal M5s alla Lega
ROMA
Fino all’ultimo la tensione sulla risoluzione unitaria di maggioranza sul Mes resta alta. E lo psicodramma va in scena ancora una volta nel M5S. Il testo viene limato e rivisto più volte. «Ma passerà», è il mantra ripetuto nei corridoi dei palazzi, rafforzato dal fatto che per l’approvazione basterà la maggioranza semplice. A che prezzo, però? Se al Senato i favorevoli dovessero distanziarsi molto dalla soglia di 161 (i voti della maggioranza sulla carta), complici assenze “strategiche”, una riflessione sarà d’obbligo. Soprattutto in casa pentastellata, perché oggi stesso potrebbe essere ufficializzato il passaggio alla Lega del giurista partneopeo Ugo Grassi, eletto a Palazzo Madama all’uninominale e contrario al Mes. E perché altri potrebbero seguirlo a breve. Come l’umbro Stefano Lucidi, molto critico sul Mes, e non solo. A domanda diretta sulle indiscrezioni di un suo salto al Carroccio, risponde: «È una riflessione che mi riservo di fare in futuro, sulla base di una valutazione del percorso del Movimento negli ultimi due anni in cui abbiamo ammainato più e più volte le bandiere della battaglia della causa comune».
Chi voterà sicuramente “no” alla risoluzione sul Mes, allineandosi a Lega, Fdi e Fi, è il più filoleghista tra i senatori M5S, Gianluigi Paragone: «Stiamo stravolgendo il nostro programma elettorale». Ma dai vertici si dicono sicuri che il dissenso si conterà sulle dita di una mano. «Ho trovato i senatori molto compatti: stiamo lavorando al meglio, avanti così», ha assicurato Di Maio al termine dell’assemblea a Palazzo Madama, dove è stato applaudito. «Confermo le parole di Di Maio», sottolinea il pugliese Iunio Valerio Romano. «Le motivazioni che ha fornito hanno ricompattato il gruppo, anche perché le divisioni indeboliscono. Io voterò sì alla risoluzione. Il Mes è un dato di fatto, lavoreremo per migliorarlo».
Toccherà al premier Giuseppe Conte, nelle sue comunicazioni odierne alle Camere alla vigilia del Consiglio europeo di domani e dopodomani, rimarcare la difesa della riforma e le rivendicazioni portate all’Eurogruppo dal ministro dem dell’Economia, Roberto Gualtieri. Il rinvio dell’Eurogruppo a gennaio consente a Conte di partire senza ansia. E di richiamare la lettera del presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, al neopresidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dove su richiesta dell’Italia è indirettamente citata la possibilità, già prevista in realtà negli accordi tecnici, di superare la rigidità del sistema “single limb” previsto per le clausole di azione collettiva (Cacs) nell’eventualità di una ristrutturazione debitoria. Quanto basta per far dire a Di Maio che «a gennaio si approfondiranno alcune criticità del Mes».
Sulla «logica di pacchetto» evocata dallo stesso premier (la necessità di guardare al Mes insieme all’unione bancaria, con lo schema europeo di garanzia sui depositi, e allo strumento di bilancio per la competitività e la convergenza) la bozza di risoluzione ammorbidisce l’obiettivo, altrimenti impossibile da centrare a causa del ritardo degli altri due dossier. La logica resta, ma “progressiva” e ancorata al coinvolgimento del Parlamento. Nel testo circolato ieri le Camere affidano all’Eurogruppo il compito «di finalizzare il pacchetto di riforme del Mes e continuare a lavorare su tutti gli elementi di ulteriore rafforzamento dell’unione bancaria, su base consensuale». È il disco verde alla firma del Fondo Salva-Stati, che per Centeno avverrà entro marzo. Sull’altro negoziato, quello sull’unione bancaria, resta l’alert: sarà Conte a dover far valere la posizione italiana, contraria alla proposta tedesca di una “ponderazione” dei titoli di Stato attraverso una revisione del loro trattamento prudenziale.