https://www.lettera43.it/banana-cattelan-significato/, 10 dicembre 2019
Alle radici della banana di Maurizio Cattelan
La banana di Maurizio Cattelan affonda le radici in una ruota di bicicletta e in uno scolabottiglie. Centosei anni fa, nel 1913, con la “Ruota di bicicletta” Marcel Duchamp diede inizio all’arte Ready-Made: un tipo di arte in cui l’artista si appropria di un oggetto già disponibile sul mercato, trasformandolo in opera d’arte con la sua firma. Molti storici dell’arte ritengono però che non si trattasse di Ready-Made puro, dal momento che c’era stata manipolazione. Quella ruota, del diametro di 63,8 cm, era stata stata tolta dal mezzo cui era appartenuta e montata su uno sgabello in legno verniciato attraverso le forcelle del telaio. Un “esperimento personale” realizzato a New York, e interpretato come una parodia delle statue classiche. Così anche Cattelan ha preso una banana, l’ha attaccata a un muro con uno spesso nastro adesivo grigio e la ha esposta alla fiera d’arte contemporanea Art Basel Miami col titolo di “Commediante”, vendendola per 120 mila dollari.
L’OGGETTO COMUNE DIVENTA ARTE
La “Ruota di bicicletta”, dunque, sarebbe una premessa allo “Scolabottiglie” del 1914, sempre di Duchamp. L’artista nativo di Blainville-Crevon, in Francia, lo comprò in un negozio. Poi andò negli Stati Uniti e nel 1915 la sorella lo buttò, facendo pulizia nel suo studio. Lui allora, semplicemente, ne comprò un altro. Allo stesso modo, anche la banana originale è stata distrutta. In questo caso non per ignoranza dell’arte, ma come contro-esibizione artistica di David Datuna, che si è fatto filmare. “Artista Affamato”, sarebbe il titolo dell’arte che ha distrutto l’arte. Subito la banana è stata sostituita con un’altra. A trasformare l’oggetto comune in arte è la firma: in questo caso, assieme a un certificato di autenticità, che autorizza l’acquirente al “ricambio” del frutto, quando questo marcisce.
LA “FONTANA” DI DUCHAMP E “AMERICA” DI CATTELAN
A un secolo di distanza, Duchamp dà la mano a Cattelan anche attraverso la parentela che c’è la tra la funzione originale della “Fontana” e di “America”. La prima (Duchamp, 1917) è un orinatoio rovesciato. Come lo Scolabottiglie è stato visto come simbolo alchemico di un albero. La “Fontana” rappresenterebbe l’utero femminile. Non a caso Duchamp l’ha firmata con lo pseudonimo “R.Mutt”, che traslitterato evoca il sostantivo tedesco Mutt(e)R, ossia Madre. Altri pensano invece a un francese muter: cambiare, defunzionalizzare e rifunzionalizzare appunto. Quasi un secolo dopo, “America” (Cattelan, 2016), un gabinetto di oro massiccio. Realizzato da una fonderia di Firenze e collocato in un bagno del Solomon R. Guggenheim Museum per essere utilizzato dai visitatori, è stato rubato il 14 settembre mentre era esposto nel Regno Unito in quel Blenheim Palace dove nacque Winston Churchill.
LA STOCCATA DI MANZONI ALLA SOCIETÀ DEI CONSUMI
In questo gioco di rimandi, orinatoi e gabinetti evocano la “Merda d’Artista” realizzata il 21 maggio 1961 da Piero Manzoni. Che non è tecnicamente Ready-Made. Primo, perché non c’è acquisto dell’oggetto. Secondo, perché con l’inscatolamento c’è stata una manipolazione. Analoga è però la provocazione, con l’etichetta-certificato di autenticità, in varie lingue. “Merda d’artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961”, è la versione in italiano. E sulla parte superiore è apposto un numero progressivo da 1 a 90, insieme alla firma dell’artista. Il prezzo corrispondente a 30 grammi di oro rappresentava una satira del modo in cui la società dei consumi può far diventare di valore qualunque cosa. Ma in effetti i 220 mila euro cui il barattolo 69 è arrivato il 6 dicembre 2016 in un’asta a Milano vanno ben oltre questo stesso sberleffo. Un amico di Manzoni ha garantito che in realtà dentro c’è solo gesso. Ma nessuno si è mai azzardato a verificare.
GLI INCROCI CON DADAISMO E WHITE PAINTING
Duchamp è stato spesso accostato al dadaismo, ma essendo quel movimento nato nel 1916 ne sarebbe piuttosto un anticipatore. Un dadaista doc come Man Ray nel 1921 realizzò un famoso Ready-Made: “Il dono”, un ferro da stiro con 14 chiodi a testa piatta incollati alla suola. Non solo. Dopo aver realizzato la “Fontana” Duchamp andò per due anni in Argentina. Terra natale di Lucio Fontana, il cui movimento spazialista realizzava un’operazione dalla portata provocatoria parallela al Ready-Made, anche se di tipo diverso. Fontana, infatti, non si affidava a oggetti comuni, ma tornava alla tela dei pittori. Solo che invece di dipingerla la fendeva con coltelli, rasoi e seghe: i suoi famosi “Concetti spaziali”. Più radicale ancora, il White painting neanche dipinge, ma lascia la tela in bianco. Dal “Bianco su Bianco” realizzato nel 1918 dal russo Kazimir Malevich ai “Dipinti Bianchi” fatti dall’americano Robert Rauchsenber nel 1951, l’artista scompare per spiegare che l’arte non deve per forza indicare qualcos’altro. Come spiegava Frank Stella, «quel che vedi è quel che vedi».