Luca Monaco per “la Repubblica”, 11 dicembre 2019
I GIORNALI SCOMPARIRANNO PERCHE’ NON CI SARA’ PIU’ UN POSTO DOVE COMPRARLI? - VIAGGIO TRA LE ULTIME EDICOLE DEL CENTRO STORICO DI ROMA CHE SCELGONO DI PUNTARE SOLO SU QUOTIDIANI E RIVISTE - "I NOSTRI CHIOSCHI NON SARANNO BAZAR. SIAMO ARTIGIANI DI QUESTO MESTIERE DA GENERAZIONI. E ALLE CHINCAGLIERIE NON CEDEREMO MAI" -LA NORMA CHE CONSENTE DI ADIBIRE IL 40 PER CENTO DELLA SUPERFICIE DEI CHIOSCHI ALLA VENDITA DI PRODOTTI NON EDITORIALI… -
Sono laureati, parlano le lingue e non hanno alcuna intenzione di svendere un mestiere tramandato da generazioni per piegarsi alla logica del profitto.
« Le edicole, da sempre - affermano - vendono libri, giornali e riviste. Non chincaglieria» . Un concetto che continua a orientare le scelte di diversi edicolanti del centro storico, che non accettano di avvalersi delle disposizioni introdotte con un emendamento alla legge di bilancio della Regione Lazio presentato nel 2016 dall' ex consigliere Francesco Storace e che consente da allora di adibire il 40 per cento della superficie dei chioschi alla vendita di prodotti non editoriali: i souvenir che rendono buona parte delle 800 edicole romane dei piccoli templi del cattivo gusto.
Le tirature di riviste e quotidiani sono in picchiata, ma loro, da piazza Campo de' Fiori a piazza Capranica, passando per piazza Farnese, via della Dogana Vecchia, piazza della Moretta e via Palermo, provano a resistere al calo dei lettori puntando sulla professionalità.
Lavorano con il sorriso. Come Rossana Farina, 57enne dottoressa in Letteratura italiana, edicolante in piazza Campo de' Fiori da 27 anni. «Quest' edicola appartiene alla mia famiglia dalla fine dell' ' 800 - rileva - la mia bisnonna ha iniziato come "strillona", poi le diedero il permesso per mettere in piccolo banchetto » , che negli anni si è trasformato in un chiosco. Dalla sua finestra sul mondo, ricolma di riviste specialistiche e quotidiani italiani e stranieri, Farina dispensa indicazioni ai turisti e consigli ai lettori. « I souvenir non li voglio vendere - esclama - difendo la mia professionalità: ho studiato al Tasso e poi ho fatto l' università. Quando 20 anni fa mi sono separata dal mio ex marito, ho iniziato a lavorare.
Con quest' edicola ho cresciuto da sola due figli». Loro però non ne vogliono sapere: «Il fatturato è calato di due terzi negli ultimi cinque anni - denuncia - e hanno scelto altre strade. Quest' edicola, se nessuno aiuterà il settore, morirà quando smetterò di lavorare». Cento metri più avanti, in piazza Farnese, Gianni, 62 anni, ha già affisso il cartello " vendesi".
«Questo chiosco sta qui dal 1906, era di mia suocera - sospira - faccio l' edicolante da 42 anni. Mi piace stare a contatto col pubblico, leggere e vendere i giornali. Ma il lavoro è calato del 40 per cento». Gianni si rifiuta di esporre tazze, magneti, spillette. «Oltre ai giornali, ho le solo cartoline e mappe di Roma - spiega - proporre altra merce significa fare un altro lavoro, non l' edicolante. E io non sono capace». Perché come tutti i mestieri artigiani, anche quello dell' edicolante si impara da giovani, dai parenti possibilmente.
È stato così anche per Emiliano Guerrera, 40enne titolare del chiosco in piazza della Moretta, dietro via Giulia. « Mia nonna aveva l' edicola in via Palermo, sotto il ministero dell' Interno, adesso lì c' è mia zia Roberta. Io sto qui dal 2003, avevo 24 anni, ma il lavoro l' avevo imparato da piccolo in via Palermo». Finito il servizio di leva nei vigili del fuoco, Guerrera ha iniziato la carriera di giornalaio. « Vendo solo prodotti editoriali - fa notare - eccetto per l' acqua e gli occhiali da vista. Ma il lavoro è calato, non conviene più».
Perché? «Il ricarico sui souvenir è dell' 80per cento, mentre sui prodotti editoriali è del 19 - chiarisce - del prezzo dei biglietti dell' autobus ci mettiamo in tasca solo il 3 per cento, per le ricariche telefoniche il 2. Come si fa a rimanere aperti, la gente non legge più», esclama.
« Prima vendevo 200 copie al giorno per ognuna delle due principali testate nazionali, oggi ne vendo 50. E poi anche farsi mandare il giusto numeri di riviste, enciclopedie, è un' impresa.
Le case editrici non ci rispondono mai » . Restare aperti, senza riempire l' edicola di chincaglieria, diventa un' impresa. «Eppure non ci arrendiamo - assicura Fausto Giorgetti, 55enne titolare dell' edicola di famiglia, aperta da oltre 100 anni in piazza Capranica - la gente ci apprezza proprio perché difendiamo il decoro, la cultura di un mestiere faticoso, ma bellissimo».