il Fatto Quotidiano, 11 dicembre 2019
I 24mila libri di Maria Bellonci in un museo
“A Maria Bellonci, senza secondi fini (novembre 1949)”. La dedica sul libro è di Cesare Pavese, che sette mesi dopo avrebbe vinto il Premio Strega proprio con La bella estate per poi togliersi la vita ad agosto, nella stanza dell’albergo Roma che aveva preso in fitto il giorno prima a Torino. La casa di via Fratelli Ruspoli Pavese non la vide mai, perché i coniugi Maria e Goffredo Bellonci ci si trasferirono solo nel 1951, quando il proprietario dell’appartamento in cui avevano vissuto fino ad allora in viale Liegi ebbe bisogno di riprenderselo per “problemi di cuore”: l’ascensore gli avrebbe salvato la vita. Eppure Pavese definì il salotto letterario romano come la “casa amica” e ancora oggi la sensazione che si ha entrando nell’attuale sede della Fondazione Bellonci è la stessa: un viaggio nella Storia della letteratura italiana.
E non soltanto per i 24 mila volumi presenti: passeggiando sul parquet consumato e scricchiolante, ammirando i ritratti di Maria, le altre opere d’arte – De Pisis, Mafai, Morandi, Campigli, per citarne qualcuno – e i volumi ammassati fin sugli stipiti delle porte, l’impressione è quella di avere accesso a un mondo di intellettuali che ormai si studia solo a scuola. A casa Bellonci dal ’44 si riunirono gli Amici della Domenica, che nel ’47 decisero di dare vita al Premio Strega. Da qui passavano scrittori, registi, attori, liberi pensatori, ma anche politici e imprenditori. Qui si intraprendevano battaglie culturali, e non si determinavano solo le sorti di un libro. “A Maria Bellonci, che sa i segreti di altri labirinti”, scrisse Umberto Eco dedicando Il nome della rosa a colei che fino all’ultimo – e poi grazie al sapiente lavoro di Anna Maria Rimoaldi – ha saputo tenere vivo il principale riconoscimento letterario italiano. Nel 2020 l’appartamento all’ultimo piano di via Fratelli Ruspoli, “bene di eccezionale interesse culturale” dal ’93, verrà ristrutturato con l’obiettivo di realizzare una casa-museo, “un luogo aperto a tutti”, ha spiegato ieri il direttore della Fondazione Bellonci, Stefano Petrocchi. Saranno rifatti gli infissi, la pavimentazione, l’impianto elettrico, le scaffalature con un costo preventivato di 75 mila euro, recuperati tra un bando regionale e il sostegno di Banca Popolare dell’Emilia-Romagna. Nel frattempo, i preziosi volumi – ci sono prime edizioni di inizio Novecento introvabili – verranno custoditi e restaurati presso la Biblioteca Nazionale, dove – è l’auspicio – si provvederà anche alla loro digitalizzazione. La casa-museo tornerà a essere sede della prima votazione per lo Strega nel 2021.
Negli anni 30, Maria Bellonci scriveva sul suo diario: “Che bello, è tornato Goffredo e ha portato un Mafai”. Solo il giorno prima si lamentava di non avere i soldi per pagare le tasse. La cultura non dava da mangiare nemmeno allora.