il Giornale, 11 dicembre 2019
A Roma, un netturbino si tre è inabile
Svelato finalmente il mistero della monnezza a Roma. Uso i termini della comunicazione, del resto molto spesso contiguo per qualità a quello della monnezza: il problema non è del destinatario, dove finisce, ma del mittente, chi la raccoglie. Si scopre infatti che un netturbino su tre a Roma è «inabile», non può fare sforzi e dunque salire su un camion, o è allergico allo smog. Oltre 1.500 su 4.300 totali, hanno un documento che certifica l’inidoneità a svolgere il lavoro per cui sono stati assunti. Ora, non abbiamo mai pensato all’Italia come a un Paese meritocratico, ma assumere spazzini, pardon operatori ecologici, che non possono tecnicamente fare gli spazzini, va oltre ogni decenza. Come dire che un calciatore non può calciare, che un panettiere sviene all’odore della farina. Come dire che un politico odia la politica. Beh, forse qui l’esempio è sbagliato perché vedendo alcuni parlamentari si capisce che c’era un’inabilità a priori. La Raggi anziché giocare al celodurismo social con Salvini, forse dovrebbe aprire un’inchiesta su chi ha fatto quelle assunzioni offensive per chi il lavoro lo ha perso e non può fare i regali a Natale ai suoi bambini. Il merito, la logica e la pubblica sanzione in Italia sono già finiti nel cassonetto. Roma capoccia der monno infame, cantava Venditti, e anche capoccia senza capo di un Paese inidoneo a considerare la cosa pubblica come bene comune. Allergico a quella che Kant considerava la categoria fondamentale, il sensus communis intellectualis. Il vecchio caro buon senso, almeno quello!