La Stampa, 11 dicembre 2019
Non esiste una giustificazione morale all’evasione fiscale
Il presidente Mattarella, in un discorso agli studenti di una scuola superiore in visita al Quirinale, ha stigmatizzato l’evasione fiscale come «esaltazione della chiusura in se stessi, dell’individualismo esasperato». Ha anche aggiunto che è «indecente» che ci siano tante persone «che sfruttano le tasse che pagano gli altri per i servizi di cui ci si avvale». Ha fatto bene a dirlo per due motivi. Primo perché è la verità. Secondo perché se vogliamo davvero combattere l’evasione occorre dire chiaramente che evadere le tasse è sbagliato, anche moralmente. Nelle settimane scorse diversi personaggi pubblici si erano mossi in questa direzione. Tra questi Luciana Litizzetto, Maurizio Crozza e Corrado Formigli. Mi è spiaciuto invece leggere ieri un breve pezzo di Massimo Gramellini, che, come fatto da tanti in passato, fornisce una giustificazione morale all’evasione fiscale: «Se tanti italiani non hanno senso dello Stato è perché lo Stato continua a fare loro senso». E le tasse «oltre un certo limite vengono vissute come un sopruso». Queste battute sono state prontamente rilanciate sul web da commentatori e siti che, da tempo, giustificano l’evasione fiscale.
Non sono argomenti nuovi. Anzi. Molti ricorderanno quando Silvio Berlusconi disse (cito virgolettato del Corriere della Sera del 17 febbraio 2004) che le tasse sono giuste se «al 33%, se vanno oltre il 50% allora è morale evaderle». Molti lo criticarono per questo, ma evidentemente è un atteggiamento diffuso. La realtà è che le scuse per giustificare l’evasione sono molte. Ma sono scuse, appunto, non fatti. Passiamole in rassegna.
Prima scusa: se anche si evadesse di meno, le risorse aggiuntive non sarebbero usate dallo Stato per abbattere le aliquote di tassazione perché le tasse in Italia non scendono mai. Non è vero. Dal 2014 le aliquote di tassazione sono state ridotte. È stata eliminata l’Imu sulla prima casa, le aliquote Ires (imposta sui redditi delle società) sono state tagliate, si è tolto il costo del lavoro dall’imponibile Irap, si sono detassati i redditi da lavoro sotto una certa soglia con «gli 80 euro di Renzi» e si è introdotta una flat tax al 15 per cento per le piccole partite Iva. Considerando anche gli 80 euro (come si dovrebbe fare perché di fatto sono una detassazione), la pressione fiscale (rapporto tra tasse e contributi pagati e Pil) è scesa dal 43,3 per cento nel 2013 al 41,3 per cento nel 2018. Quindi ridurre le aliquote di tassazione è possibile, si dovrebbe fare e lo si potrebbe fare più rapidamente se le tasse le pagassero tutti.
Seconda scusa: l’evasione è elevata perché le aliquote di tassazione sono alte. È vero che le aliquote di tassazione sono alte, ma non è chiaro se questo contribuisce all’evasione. Certo, non posso escludere che un calo delle aliquote (che credo, e vorrei sottolinearlo perché è un punto importante, sia comunque necessario nel nostro Paese) possa facilitare la riduzione dell’evasione, ma non c’è certo prova del fatto che l’evasione sia causata dall’alto livello delle aliquote, né da noi né negli altri paesi. Per esempio, uno studio econometrico del Fondo Monetario Internazionale di alcuni anni, che confrontava il grado di evasione dell’Iva tra diversi Paesi, non trovava una relazione sistematica tra evasione e livello delle aliquote Iva.
Terza scusa: l’evasione non è un problema particolare dell’Italia. Esiste in tutti i Paesi, anche in Germania, dove, anzi, è più alta che da noi. È una bufala. I confronti internazionali più validi sono quelli per l’Iva perché è abbastanza facile calcolare il grado di evasione dell’Iva dai dati sui consumi di contabilità nazionale. E questi confronti ci dicono che nel 2017 eravamo al quarto posto in Europa in termini di evasione fiscale, dopo Romania, Grecia e Lituania. In Italia si evade oltre il 25 per cento dell’Iva, in Germania intorno all’8 per cento. In Svezia quasi zero. Certo oltre all’evasione c’è anche l’elusione fiscale: non si violano le leggi ma si sfruttano le imperfezioni delle leggi tributarie per pagare meno tasse o per rilocare la base tassabile in Paesi a tassazione bassa o nei paradisi fiscali. Le multinazionali, tedesche e non, fanno questo più facilmente dei piccoli e medi contribuenti. Ma questo non cambia il fatto che, in termini di evasione vera e propria, siamo ai primi posti in Europa.
Quarta scusa: lo Stato fa senso e quindi è giusto non avere il senso dello Stato e non pagare le tasse. A parte il fatto che c’è chi, con la ritenuta alla fonte, le tasse deve comunque pagarle, lo Stato non è un ente astratto. Siamo in democrazia e lo Stato è costituito da persone che noi eleggiamo. Inutile lamentarsi del malfunzionamento dello Stato se noi eleggiamo chi non si impegna a far funzionare meglio lo Stato, a evitare sprechi nella spesa pubblica, a ridurre la burocrazia, a darci una giustizia civile più veloce, a sistemare i buchi nelle strade e a darci servizi pubblici che funzionano, ma eleggiamo invece chi ci promette quota 100 e reddito di cittadinanza. E, magari, ci regala un condono fiscale un anno sì e uno no, premiando così chi non vuole pagare le tasse.
Insomma, ogni scusa è buona per evadere le tasse e lasciare che a pagarle siano gli onesti (e ce ne sono tanti) o quelli che comunque devono pagarle perché non possono evadere. Se vogliamo cambiare questo Paese non possiamo passare il tempo a giustificare lo status quo, ma dobbiamo stigmatizzare i cattivi comportamenti e chi non ha il senso dello Stato. Io sto col Presidente. —
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