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 2019  dicembre 11 Mercoledì calendario

Periscopio

Per la giornata delle riforme di bandiera, scelto il 1° aprile. Dino Basili. Uffa news.Milano sei il futuro dell’Europa. Ti amo. Gianna Nannini, cantante. (Gabriella Mancini). Corsera.
Davide Casaleggio ha capito che questo M5s non ha più a che fare con il Movimento di suo padre e vuole accelerarne la fine. Meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine. Paolo Becchi. Libero.
Se la storia aveva creato da tempo un solco tra Psi e Pci, le contrapposte politiche di Craxi e Berlinguer avevano aperto una voragine. Massimo De Angelis, Post – Confessioni di un ex comunista. Guerini e associati, 2003.
Gli europei, come popolo, non esistono, e non sarà certo la moneta unica a farli esistere. Oppure si pensa che sia stato il dollaro a fare grande l’America? O lo yen a costruire la personalità perseverante e lavoratrice dei giapponesi? Ida Magli, Contro l’Europa. Bompiani, 2001.
Mi chiedono spesso se Giuseppe Conte è un democristiano. Oggi tutti lo sono un po’ e nessuno lo è. Conte ha buonsenso, ma di certo la Dc non avrebbe mantenuto lo stesso premier per due governi opposti come quello gialloverde e giallorosso. Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera. (Concetto Vecchio). il venerdì.
Prendiamo il francese, lingua a noi così vicina. Dal Seicento in poi, puoi leggere tutto come fosse stampato ieri. Frasi e parole dei più antichi, La Fontaine, Molière, Racine, sono all’ingrosso quelle che useresti oggi. Gli Illuministi, a cominciare da Voltaire, sono addirittura contemporanei di André Gide o Françoise Sagan. Se capolicchia qua e là un arcaismo, gli editori rimediano. Giancarlo Perna. LaVerità.
Fra i tanti amici c’erano Ignazio Silone, Mario Pannunzio, Nicola Chiaromonte. Questi erano amici veri, persone che stimo e dei quali apprezzavo la loro autonomia intellettuale e di pensiero. Nelle discussioni mi sono inventato la definizione di partitocrazia (già utilizzata anni prima con Adriano Olivetti). Ho ceduto questa definizione a Lelio Basso, che ha scritto un libro di grande interesse: Il principe senza scettro. In esso veniva analizzato, in particolare, il potere più oppressivo. Era il potere non esercitato, «il potere inerte», cioè quello utilizzato solo per durare nel tempo. Il riferimento ad Andreotti era chiaro. Franco Ferrarotti, sociologo 93 anni. (Aldo Forbice). LaVerità.
Sono nata a Roma. Mia madre era triestina ed ebrea. Il suo matrimonio con Gino Castellina non durò a lungo. Finì davanti alla Sacra Rota. Mio nonno, triestino anche lui, fu amico di Oberdan. Mia madre si risposò e con il nuovo marito ci trasferimmo a Verona. Tornai a Roma e frequentai il Tasso dove conobbi Anna Maria, la figlia del Duce. Lei mi invitava a volte a Villa Torlonia. Anna Maria era condannata dalla polio a portare il busto. Mi incuriosiva la sua intelligenza sferzante, il suo sentirsi a un tempo privilegiata e derelitta. Quando il fascismo cadde, ero ospite nella sua villa di Riccione. Delle guardie interruppero una nostra partita a tennis e le dissero che doveva in tutta fretta rientrare a Roma. La rividi per caso dopo la guerra. Conservava la sua verve ma era come sperduta, in una città e in un mondo che non erano più i suoi. Luciana Castellina, fra i fondatori de il Manifesto. (Antonio Gnoli). la Repubblica.
RENATO ZERO – Nel nuovo album mette una canzone contro il calo demografico, La culla è vuota, e accusa: «Ognuno è responsabile in qualche modo di questo spopolamento. Condanno l’aborto anticoncezionale, quello che supplisce al profilattico. E un po’ colpevole è il sesso spesso fine a se stesso: una passione liberatoria che ci preclude il futuro». Gli eretici salveranno l’ortodossia. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
C’è un pezzo di Venezia ovunque, oltre gli oceani, nei posti più remoti, ovunque viva qualcuno che a Venezia c’è stato. Magari in una di quelle rumorose comitive di turisti che la invadono. Eppure anche il più distratto dei visitatori di un solo giorno, crediamo, oggi in ogni parte del mondo guarda la città ferita, la confronta col suo personale ricordo lucente e lieto, e prova pena. Marina Corradi. Avvenire.
La vecchia mala milanese, con i suoi codici d’onore, è stata sostituita dalla mafia calabrese che però ha alzato il livello, si occupa di affari finanziari e in giro non si vede. Come, a Milano, fuori dai palazzi istituzionali e delle cerimonie d’uso, non si vedono, e non si sono mai visti, gli uomini politici, nemmeno un consigliere comunale in un cine. Massimo Fini, Una vita. Marsilio, 2015.
I parchi di divertimento sono luoghi fantastici quando si è bambini, ma poi si cresce. Non sto dicendo di non fare i film della Marvel, dico solo: lasciate un po’ di posto anche ai nostri film. Lo dico perché sono preoccupato del fatto che tutto ruoti sempre intorno al concetto di super uomo, di Übermensch: se ci sono solo quei film, i ragazzi penseranno solo in quel modo, dimenticando che un essere umano a volte deve prendere delle decisioni che non vorrebbe prendere, che esistono le contraddizioni, che il mondo non si divide solo in buoni o cattivi. Martin Scorsese, regista. (Paolo Mereghetti). Corsera.
Ricordiamo una Milano, quella degli anni Novanta, più piccola, più raccolta, sicuramente anche più economica. Per certi versi più paese. Ricordiamo i negozietti, le trattorie, gli artigiani. Catharina Lorenz e Steffen Kaz, designer tedeschi da 32 anni a Milano. (Stefano Landi). Corsera.
Tutta la gente che, fuggendo dalla città, ma solo per le ferie e i weekend, si è conquistata un eremo isolato sulla montagna, poi non fa che rivolgere inviti a destra e a sinistra, vieni anche tu con tua moglie e figli, ho quattro letti a castello, l’ho già detto anche ai Bianchi (che vengono con il sacco a pelo e si possono sistemare nella tavernetta) e ai Rossi che vengono con la roulotte. Luca Goldoni, Esclusi i presenti. Mondadori, 1973.
Urvàn sentiva sempre più forte la stanchezza delle guerra e della sua condizione. Sentiva pesare su di sé il ricordo di tutti i cosacchi che erano morti in cento modi diversi, in scontri con partigiani polacchi, balcanici, italiani, in mitragliamenti, in bombardamenti, in imboscate, di malattia. Non riusciva a liberarsi dal pensieri che il Kazàk si lasciava dietro una scia infinita di morti, per i quali spesso non c’era nemmeno posto nei cimiteri dei villaggi, e bisognava buttarli nei laghi e nelle fosse comuni. Paradossalmente, cominciava a sentire un po’ il Friuli come la patria dei cosacchi, perché i cimiteri friulani erano pieni dei suoi morti. Carlo Sgorlon, L’armata dei fiumi perduti. Mondadori, 1985.
Prodi: il contabile di Berlino. Roberto Gervaso. il Giornale.