10 dicembre 2019
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Biografia di Gian Luigi Morandi detto «Gianni»
Gian Luigi Morandi detto «Gianni», nato a Monghidoro, in provincia di Bologna, l’11 dicembre 1944 (75 anni). Cantante • «L’eterno ragazzo» • «A volte questo mestiere ti dà la gratificazione di stringere la mano a un monumento. Perché Morandi è un monumento nazionale. Ma un monumento che potrebbe essere un compagno di classe, un cugino, l’amico del bar» (Michele Brambilla, La Stampa 18/2/2011) • «Tutti conosciamo la sua energia, questa giovinezza stampata sul viso per sempre» (Francesco Piccolo, La Lettura, 22/10/2017) • Una carriera precocissima. Il suo primo successo: Andavo a cento all’ora (1966). Vincitore del Cantagiro 1966 con Notte di Ferragosto. Vincitore di Canzonissima 1968 con Scende la pioggia. Vincitore del festival di Sanremo 1987 con Si può dare di più, con Umberto Tozzi e Enrico Ruggeri. Tra le sue canzoni: Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte (1962); In ginocchio da te (1964); C’era un ragazzo che come (1966); Occhi di ragazza (1970); Canzoni stonate (1981); Uno su mille (1985); Bella signora (1989); La regina dell’ultimo tango (1996); L’amore ci cambia la vita (2002) e Grazie a tutti (2007) • Attore per il cinema e la televisione • Ha condotto il festival di Sanremo nel 2011, con Belén Rodríguez, Elisabetta Canalis e Luca e Paolo, e nel 2012 con Rocco Papaleo e Ivana Mrázová • Da ultimo ha duettato con Claudio Baglioni in Capitani coraggiosi (2015) e con Fabio Rovazzi in Volare (2017) • «Eh, in questi giorni mi è successo quattro o cinque volte di vedere mamme che mi riconoscono e figli che dicono: “Ah, è l’amico di Rovazzi”» • «Ha un pubblico di tre generazioni: che effetto fa essere considerato uno di famiglia? “Da giovane era un gioco, ora mi rendo conto che ho fatto compagnia a tanti italiani. Memoria collettiva”» • «Come fa a essere così pieno di energia? “Perché sono fortunato e grato alla vita: dopo 50 anni e più di musica, incontri, fasi altalenanti, sono ancora qui. Ho vissuto tre o quattro vite, non una, è difficile trovare una carriera come la mia”» (Silvia Fumorola, la Repubblica, 1/11/2016) • «Mi aiuta l’essere un montanaro di Monghidoro, e il fatto che mio papà, molto realista, mi ripeteva per ogni disco che poteva essere l’ultimo, che non sarebbe durato, e che comunque, qualsiasi cosa fosse accaduta, io un lavoro per mangiare l’avevo, quello del ciabattino».
Mani Famoso per avere mani gigantesche. Lui ci scherza su: «A me sembrano normali».
Social «La notizia non è che Morandi sia qui, ma che stasera non sia su Facebook» (Fiorello a Sanremo) • È diventato famoso per rispondere in modo pacato, gentile (o talvolta sarcastico) a chi gli scrive sulla sua pagina, che a dicembre 2019 ha 2 milioni 614 mila «mi piace» • «Ho sempre tenuto un diario scritto a mano. Poi ho scoperto Facebook» (alla Fumarola) • «Io non pubblico e basta, io chatto. Rispondo. Mi interessa dialogare. Sono partito con l’idea di capire i meccanismi della Rete, poi ho cominciato a rispondere e questo ha coinvolto e mi ha coinvolto» • «Correvo e mi hanno chiesto: “chi ti fa le foto?” Allora ho scritto “Foto di Anna”, ed è diventato una specie di logo...» (alla Fumarola) • «“Ogni tanto mi scrivono: ‘Ritirati, sei vecchio’. Io rispondo ironicamente: ‘Aspetta, dammi ancora qualche settimana’ […] All’inizio mi arrabbiavo tantissimo e mi sono arrivati degli attacchi pesanti per la storia della spesa la domenica o per le mie posizioni sui migranti. Adesso mi diverto, li vado a scovare e rispondo alle stupidaggini. Cerco di capire cosa li spinge a scrivere certe cose: mi arrivano 2-3 mila messaggi al giorno, rispondo a 30-40: si imparano tante cose, cosa pensa la gente e che tempi stiamo vivendo”» • Su internet si è diffusa la leggenda metropolitana che sia coprofago: «Queste cose mi fanno ridere molto».
Vita Il padre, Renato, fa il calzolaio. La madre, Clara, la sarta • «Nasce alle sette e mezza, sotto una bufera di neve - il tetto di casa è semisfondato per i bombardamenti e riparato con teli di fortuna -, soccorso da un soldato americano, che passando alla madre una coperta, per farle coraggio canticchia un motivetto: “Welcome, welcome little John in the smiling world. Come, come little John to see a new sunshine…”» • Il suo nome viene da lì • Renato Morandi è un montanaro austero, disciplinato e comunista • Gianni lo aiuta in bottega, ogni giorno gli deve leggere ad alta voce alcune pagine del Capitale di Marx («di cui né io né forse lui comprendevamo a fondo il significato»), e cinque metri dell’Unità («cinque metri era la misura giusta stabilita dal suo senso del dovere politico ideale»). Lo obbliga a scrivere su dei biglietti «La religione è l’oppio dei popoli», «Il lavoro nobilita l’uomo», «I piagnucoloni e i tiepidi non saranno mai dei buoni rivoluzionari» • «Mamma lavorava con la moglie del barbiere. Prendevano gli stracci America che arrivavano dalle barche a Livorno, li ripulivano e li vendevano al mercato. Ogni tanto avanzava un pezzetto di stoffa e lei la rammendava» • «A Monghidoro quand’ero ragazzino tutti si affidavano al prete, al sindaco e al medico condotto. Forse per questo sognavo di diventare un dottore» • «Era uno dei quattro comuni emiliani amministrati dalla Dc. In piazza c’era sempre conflitto, specie con il macellaio fascista. Erano quegli anni... Il prete una volta mi mandò via dalla processione, il venerdì santo. Non andavo a messa, mio padre non mi mandava. Mentre la nonna era supercattolica. Mi portava sempre la dottrina e mio padre la nascondeva. E lei me ne portava un’altra. È andata avanti così, per anni» (a Walter Veltroni, 7, 11/10/2019) • L’edicolante del paese le domeniche d’estate organizzava un pullman per andare a vedere l’opera lirica all’Arena di Verona: «Io ci sono andato solo in un caso, ero troppo piccolo. Ma ogni volta mi facevo raccontare ogni dettaglio dello spettacolo» (a Paolo Giordano, il Giornale 6/6/2010) • «“Io non ho mai avuto la fiamma della musica. Un po’ cantavo con mio padre, mio padre era un canterino”. Cosa cantava? “Gli piaceva moltissimo Solo me ne vo per la città. Poi un po’ di Fred Buscaglione, Natalino Otto che cominciava a fare lo swing. Lui batteva sempre il cuoio, perché prima di risuolare le scarpe la pezza di cuoio va indurita, e quindi, mentre batteva, cantava. Avevamo un libretto con i pezzi di Sanremo e li cantavamo insieme” […] Tuo padre com’era ? “Un uomo rigoroso e generoso. Mi mandava a fare la spesa e mi dava i soldi contati. Centosettantacinque lire per sette etti di pasta, venticinque lire l’etto. E cento lire per il macinato. Erano le monetine da cinque lire, quelle con il pesce sopra. Papà era il responsabile della diffusione de l’Unità. E di nove testate del partito. Aveva sempre tutto scritto, su un quadernetto. Serissimo, era fantastico. Mentre andavo a fare la spesa fischiettavo per strada e c’era il barbiere, Lino Lanzoni, che mi ascoltava. Ogni tanto mi metteva sul seggiolino e mi faceva fischiare. Cominciai così”. Quale è stata la prima canzone? “Fu sempre dal barbiere. Se c’erano due o tre clienti Lino mi metteva davanti a loro a cantare. Il mio pezzo forte era di Claudio Villa: Romanina del Bajon. Devi sapere che una volta passò Claudio Villa da Monghidoro, aveva una Cadillac splendente, i guanti traforati. Un sogno. Mia madre era una sua grande fan. Monghidoro, prima dell’autostrada era un passaggio obbligato. Nel paese si narrava della volta in cui era transitata Linda Christian con Tyrone Power, o il passaggio del presidente della Repubblica. Un giorno un attivista del partito, tale Oliviero Alvoni che era il capo provinciale di mio padre, disse ‘Perché non venite alla festa dell’Unità a Bologna?’ Siamo nel ’56. Parlava Pajetta, mi sembra. Facemmo un pullman e, quando arrivammo, qualcuno del paese mi buttò su un palco dove c’era una specie di concorso. Cantai la mia solita Romanina del Bajon. Alvoni aveva una cugina che studiava con la maestra Scaglioni, considerata un’autorità della musica a Bologna. Mio padre pensò, ‘Facciamolo sentire dalla Scaglioni, non si sa mai, nella vita’ […] Siamo nel ’58, primi di febbraio. Ho tredici anni, non posso andare da solo in corriera. Il barbiere si offre di accompagnarmi con la moto. Una Parilla. Mia madre mi fa un maglioncino a mano, un paio di calzoncini corti, faceva un freddo... Però poi mi dà un giubbetto. […] Arrivo dalla Scaglioni. Lei stava facendo lezione. Lina Bizzarri, la cugina di Alvoni, mentre attendo mi dice: ‘Allora come va? Cosa canti?’. La Romanina del Bajon’. Lei sobbalza. ‘Claudio Villa? La Scaglioni lo odia’. In quel momento entra la maestra, ‘Come si chiama il bambino da sentire? Cosa canti?’ Io risposi di un fiato ‘A me piace molto Modugno’. ‘Allora fammi sentire Volare’. Aveva vinto da poco Sanremo e la sapevo bene. ‘Sei intonato, bravo, torna la prossima settimana’”» (Walter Veltroni, 7, 11/10/2019) • Gianni debutta alla casa del popolo di Alfonsine di Ravenna, la maestra lo mette in un’orchestrina e gli fa fare delle piccole tournées •«A casa dissi al babbo: “La Scaglioni m’ha detto se vado a esibirmi al mare”. Lui mi aveva mandato una sola volta al mare, con la colonia dei pionieri. “Forse mi fa bene alla salute” dico io, perché ero magrolino. La mamma assentì: “Perché no?”. “Non ci sono soldi, però mi danno da mangiare e da bere”. Mio padre concluse: “Allora va bene”. Prima di partire mi dà 500 lire: “Questi devono bastare”. Cinquecento lire per quattro mesi, e aggiunge : “Però mi fai la lista di come li spendi”» • «La domenica pomeriggio, cantava durante gli intervalli tra un film e l’altro nel cinema del paese natale, e poi riprendeva a vendere noccioline e caramelle, tanto per arrotondare le entrate. Andò in giro con un complessino per le balere di campagna, venti canzoni per sera a mille lire, e lui s’arrangiava anche con la chitarra e la batteria. Aveva quattordici anni e mezzo, si esibiva alla periferia di Bologna, quando la maestra che dirigeva il complessino gli consigliò il ritorno a Monghidoro: stava cambiando voce, non aveva un futuro. Previsione sbagliata, non aveva ancora riacquistato confidenza con la bottega di ciabattino, e già la nuova voce si rivelava, al contrario, più che passabile. Gianni riattaccò a cantare, non dispiaceva a un pubblico alla buona. Finché una sera lo notò un certo Leonetti, arbitro di pugilato e a tempo libero cacciatore di talenti di ogni genere. Leonetti possedeva qualche juke-box, aveva relazioni e rapporti con case discografiche, ottenne per il ragazzo di Monghidoro un provino alla Rca, a Roma. E Morandino andò in città quasi più alla cieca di come ci andava Moraldino, nel finale dei Vitelloni di Fellini. Cantò Non arrossire, e fu un mezzo disastro: a parte tutto, le esse erano una sfida per la sua pronuncia emiliana» (Oreste del Buono) • «Il provino di Morandi è archiviato per il suo accento emiliano troppo marcato, ma pescato per caso qualche mese dopo, da Franco Migliacci: l’autore è in cerca dell’interprete per Andavo a cento all’ora per trovar la bimba mia (scritta da un minatore emigrato in Belgio, tale Tony Dori), quando il suo piede s’impiglia nel nastrino Geloso caduto dallo scaffale dell’archivio, con la registrazione del provino di Morandi» • «Per me è una balla, ma diamola per buona» • «Mi ricordo benissimo quando ho capito che era successo qualcosa: una volta si lanciavano le canzoni col juke-box e in quelli delle spiagge, sulla riviera romagnola, un giorno sento: “Ciunga ciunga ciù ciunga ciunga ciù”. Mi impressiono e dico: ma sono io!!!» • «Se tu pensi che a 15 anni e mezzo, quasi 16, mi portarono a Roma […] dove c’era tutta la discografia. Io questa la ritengo la mia fortuna. Mi portarono alla Rca e lì c’erano Morricone, Bacalov, Migliacci, Zambrini. Mi presero che non sapevo stare sul palco e nelle loro mani diventai uno bravo, forse gli piaceva il mio modo di essere ragazzo di campagna, la favola del povero» (Piccolo) • «Da quel giorno il maestro Migliacci, pilastro della canzone popolare italiana, divenne mio produttore, autore, amico» • «Quando Morandi tentò di correggere la sua “s” emiliana, Migliacci gli disse che anzi, proprio quello era il suo distintivo, e svelò di aver riempito apposta i suoi testi di ”s” (Se non avessi più te, La fisarmonica, Non son degno di te)» • «Intanto arriva la Pavone. E cambia tutto.. “Lei era esplosa con La partita di pallone. Cominciano a farci delle foto insieme, i minorenni della canzone, la musica si rinnova e tutto il resto. Endrigo che aveva trent’anni, noi ne avevamo diciotto, diceva: “Fortunati voi! Voi siete giovani e io ormai...”. Io vedevo Morricone che sembrava un vecchio tremendo, aveva trentadue anni» (Veltroni) • «Nell’Italia del boom la straripante energia di Morandi unita alla simpatia hanno presa immediata. Il cantante segna gli anni Sessanta con una raffica di successi: Fatti mandare dalla mamma, In ginocchio da te, Non son degno di te, Se non avessi più te, La fisarmonica, Un mondo d’amore. Fotogenico e ragazzone, in tv Morandi sfonda il video. E non scandalizza l’Italia benpensante nemmeno quando canta educato C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones e punta l’indice contro la guerra nel Vietnam» (Stefano Pistolini) • Arrivano anche i film. La Titanus è finita in crisi con film come Il Gattopardo e Sodoma e Gomorra, costosissimi, il produttore Goffredo Lombardo, allora, si inventa i musicarelli • «Io torno dal Giappone, da quella famosa tournée con Gino Paoli e gli altri, e all’aeroporto trovo Balestrazzi della Titanus che mi dice: “Dobbiamo fare le foto del film”. E io: “Ma che film?”. Non sapevo niente. Lionetti aveva già firmato per me. Mi portano a casa di Laura a fare le foto, mi mettono una divisa da militare e tutto comincia» (a Veltroni) • «Nel ‘64 vennero a propormi I pugni in tasca. Un film serio, dove non cantavo: ero entusiasta. C’era una scena in cui uccidevo mia madre... ecco, io venivo da In ginocchio da te, Fatti mandare dalla mamma... il mio impresario mi disse: ti sparo nelle gambe se fai quel film. Ci rimasi malissimo. Se lo avessi fatto forse il mio percorso sarebbe stato diverso... meglio così» (Chiara Maffioletti, Corriere della Sera, 27/6/2018) • «Nel ’70-’71 sentivo che l’aria stava cambiando, erano gli anni dell’eskimo, ricordo che andavo a vedere uno spettacolo di Gaber o andavo al Trianon a Roma e mi guardavano per dirmi: ma tu che cazzo ci fai qui, vai via» • «Quando andavo a fare le serate trovavo già fuori dei gruppi di ragazzi che dicevano “Vai a cantare per i borghesi! Tu sei un compagno, ma canti per i ricchi, noi invece non abbiamo i biglietti”. Una volta feci un concerto ad Aulla, c’erano fuori trecento ragazzi, sono dovuto uscire da un tetto. Erano anni difficili. Furono i primi segnali. Poi andai al Cantagiro» • «Ezio Radaelli aveva messo insieme il cast del Cantagiro, con l’idea di avere come ospite un gruppo straniero di quelli che cominciavano a essere importanti per le nuove generazioni: i Led Zeppelin. Però nessuno si rese conto che erano quattro giorni che arrivava gente da tutta Italia perché c’erano i Led Zeppelin. E a un certo punto viene annunciato sul palco Gianni Morandi, per primo… «E sento un boato che non ho mai più sentito. Al mio nome un boato gigantesco ed Ezio Radaelli dice: hai visto? E tu avevi paura! In realtà non aveva capito niente: era un boato al rovescio, incazzato. Voleva dire: Gianni Morandi no! Entro terrorizzato, cominciano ad arrivarmi pomodori, lattine, ragazzi in piedi che mi fanno gesti, io cerco di sorridere e comincio con C’era un ragazzo perché penso che è giusta, ma non gliene fregava niente, ce l’avevano con me» (Piccolo) • «Ha sofferto di depressione? “I momenti di crisi hanno coinciso con la crisi professionale, il telefono non suonava più. Se poi aggiunge la morte di mio padre, è successo tutto dagli anni 70 agli 80. Mio padre me l’ha sempre detto: “aspettati il momento in cui le cose andranno male”» (Veltroni) • Renato Morandi muore a 49 anni di infarto mentre accompagnava il figlio in una tournée in America. Era la prima volta che prendeva l’aereo in vita sua, avevano appena comprato televisore e frigorifero. Lo seppelliscono nel cimitero di Bologna, lui non voleva la croce, sua madre (quella che passava la dottrina a Gianni) gliene mette una, la moglie la toglie e vanno avanti così per anni • Gianni si separa dalla moglie, l’attrice Laura Efrikian, più grande, sofisticata, «mi aveva insegnato l’italiano» • Sono anni amari. Prova a fare un musical, Jacopone da Todi, un fiasco e ci rimette un sacco di soldi. Nel 1976, Sei forte papà vende bene ma lo fa passare per un cantante da bambini • Si dà al poker: «C’era un gruppo, a Roma. Un ristoratore, uno della Lazio e giocavamo. E mi ero fissato, pensavo davvero di fare il giocatore» • «Per fortuna quel momento durò poco, perché poi mi capitò una disavventura sul gioco: mi misero in mezzo, persi una cifra notevole, mi spaventai e riuscii a smettere» • «“Mio padre fino a quel momento, per ogni disco di successo che facevo, mi diceva: vabbè questo è l’ultimo. E io: guarda che ne faccio un altro, e lui: vabbè ma tanto poi finisce. Questo concetto che abbiamo noi montanari che sta sempre per arrivare l’inverno…”. Però funziona, ti ha difeso. “Mi aveva preparato”» (Fumarola) • «Negli studi Rca, dove Rita Pavone, Paoli e tanti altri erano trattati come degli dei, arrivarono i cantautori. Per me, per noi, sembrava non ci fosse più spazio. Mario Gangi, che era stato un grande chitarrista, mi disse: “Ma studia musica, vai al Conservatorio! Fai qualcosa”. E io mi ritrovai lì, al Conservatorio di Roma, a studiare il contrabbasso» • «Mi ricordo l’esame di ammissione. Avevo solo la quinta elementare, così sostenni l’esame serale per prendere la terza media. Scrissi un tema su Beethoven, che mi ero studiato bene. Quegli anni difficili io li ho presi sul serio» • Studia canto, solfeggio, teoria, storia della musica, si esercita al contrabbasso per due ore al giorno • Mogol lo contatta per fondare la nazionale cantanti, orfano della collaborazione con Lucio Battisti, decide di dargli una mano. Tra una partita e l’altra gli scrive Canzoni stonate: lui la canta alle feste dell’Unita, ma la gente rimane incerta: «Era delicata, diversa da quello per cui ero conosciuto» • Gli gridano: «Facci La fisarmonica!» • «In quel periodo inizia la prima serie televisiva... “Era la storia di un uomo separato dalla moglie con i figli che rimangono a vivere con lui. Il regista, Murgia, cercava il protagonista e una segretaria della Rai disse “prendete Morandi: è separato, i figli sono con lui. È la sua storia”. Il regista insistette. Ma io volevo ancora diplomarmi, anche se poi sono arrivato a un centimetro ma non ce l’ho fatta, e stavo ricominciando a cantare. Alla fine mi convinse e firmai un accordo per farlo in due mesi. Voglia di volare andò in onda ed ebbe un grande successo. La gente, a casa, probabilmente mi ha rivisto lì e ha pensato fossi tornato, come Ulisse. Poi girammo il secondo, Voglia di cantare. Era la storia di un cantante in crisi che ritornava. Usammo Uno su mille. Musica e televisione, intrecciati, mi fecero ritrovare un pubblico largo» • «Il successo torna, più grande di prima. Perché l’Italia non si è scordata di lui […] È un crescendo irresistibile che culmina nella vittoria a Sanremo»
Epilogo «Mi trovo in un momento di sfide incrociate, di lavoro, un cumulo di lavoro, di tutte cose insieme, […] ma è stato casuale. È cominciato dai due Sanremo che ho presentato (2011 e 2012), poi avevo voglia di tornare a cantare e allo stesso tempo pensavo che forse dovevo smettere a un certo punto. È bello morire sul palco? O fare come Ivano Fossati? Lui ha mollato, ha detto che non gli va più» • Canta con Baglioni, fa un nuovo disco con la Sony, fa un post su Rovazzi e quello gli propone un duetto, per Mediaset gira L’isola di Pietro • «“Sono tutte cose diverse, sono tutte sfide che io prendo sempre seriamente e l’energia c’è ma la mattina faccio fatica, per esempio”. Che significa che fai fatica? “Mi alzo, e dico: ma adesso quanto è lunga questa giornata? Devo correre, andare a fare quella riunione, sentire il mix del pezzo, e altro ancora. Penso: e chi ce la fa? E poi invece parto e vado. Quindi ora mi trovo così: sta per uscire un mio disco, a febbraio parto per il tour e spero di farcela! Però c’è anche il momento in cui si può diventare patetici, bisogna fermarsi almeno cinque minuti prima» • «Nessun rimpianto? “Scherza? Ho avuto molto più di quello che merito”».
Vita privata Dall’attrice Laura Efrikian, conosciuta per i musicarelli, ha avuto tre figli: Serena (n. 1967, vissuta poche ore); Marianna (n. 1969), attrice, ex moglie di Biagio Antonacci; Marco (n. 1974), cantante • I suoi erano contrari al matrimonio perché «attrice» a Monghidoro significava una poco di buono • Dalla seconda moglie, Anna, conosciuta nel 1992 e sposata nel 2004, ha avuto Pietro (n. 1997), rapper.
Politica «Sono sempre stato di sinistra. Per dire, ho sempre cantato quasi esclusivamente alle Feste dell’Unità e non a quella dell’Amicizia o dell’Avanti» • Dal Pci gli chiesero di candidarsi con loro, lui rifiutò: «Avevano pronto anche lo slogan: "Da 30 anni è una faccia pulita"» • «I cinque stelle mi potevano incuriosire prima, ma con le ultime esperienze che hanno avuto di amministrazione non so se sarei così convinto».
Poker Tra le vincite memorabili, la partita giocata la notte di Capodanno 1972-1973, con Domenico Modugno, Franco Migliacci e l’impresario Attilio Altieri (Modugno si rifiuta di pagare il debito di gioco, se non il giorno dopo, quando Morandi gli chiede il dovuto davanti a tutti in un caffè, e lui, per zittirlo, gli promette in cambio dei soldi un quadro di Guttuso). La perdita più alta risale al 1975, 90 mila dollari, durante un tour americano che al massimo gliene avrebbe fruttati 25-30 mila (estingue una parte del debito in denaro, il resto impegnandosi per iscritto ad andare a cantare "alcune volte" in Sicilia, nel paese del giocatore, tale Bruno, senza compenso).
Tournées «Ho girato così tante volte tutta l’Italia, che conosco a memoria i 553 chilometri dell’autostrada del Sole».
Curiosità • «A volte dal palco per tenermi concentrato conto mentalmente gli spettatori. E in genere sbaglio di 50 persone al massimo» • Vegetariano • Appassionato podista, da quando ha corso la maratona di New York del 97. Il suo record personale in quella di Cesano Boscone: 3 ore e 36 • Tifa Bologna, è stato presidente onorario della società dal 2010 al 2014 • La nazionale cantanti l’hanno fondata lui e Mogol • Non mangia mai prima dei concerti, ma una volta nel 1983 a Falerna, presso Catanzaro, fece uno sgarro alla regola: si rimpinzò di pesce e vino bianco e fu colto da un attacco di diarrea a metà di Fatti mandare dalla mamma • Quando morì il pittore Giorgio Morandi il postino si sbagliò e portarono i telegrammi a lui • Scrive una pagina di diario tutte le sere da quando era ragazzo, perché così gli aveva detto di fare suo papà • «Una cosa mi è mancata: fare un bel film, un film vero. Forse perché mi ricordo di quando, bambino, vendevo le caramelle nel cinematografo di Monghidoro e vedevo questi grandi, immensi eroi americani sullo schermo. Secondo me non mi scritturano perché non riescono a immaginarmi in un personaggio che non sia Gianni Morandi» (a Giuseppe Videtti).