La Stampa, 10 dicembre 2019
Se il papa è una star della tv
Da solo, in coppia, oppure con un alter-ego pronto a occupare il suo posto. Ritratto con lo stile lucido di un documentario radicato nella realtà, re-inventato nella chiave visionaria di un grande autore, raccontato con lo stile della cronaca recitata, che offre al pubblico la ricostruzione di fatti noti attraverso volti e dialoghi di attori carismatici. Il Papa superstar, protagonista di una serie di titoli in arrivo nelle prossime settimane, è il segno inequivocabile di un desiderio diffuso, che riguarda ognuno di noi e che va ben oltre la semplice fede religiosa.
Descrivere le vicende di una figura super partes, di un leader affidabile, che non cambi continuamente posizioni piegandosi alle logiche di una politica di orizzonti limitati, significa venire incontro alle esigenze di chi è stanco di trasformismi e compromessi, di valori labili e di discorsi fumosi. Nell’arco di pochi giorni, non può essere un caso, scendono in campo papi fruibili in diversi formati, cinema, streaming, docufilm, nuovi eroi di un mondo impaurito, in cerca di sicurezze.
Nei Due Papi il regista candidato all’Oscar per City of God Fernando Meirelles, insieme allo sceneggiatore Anthony McCarten, ricostruisce il delicato passaggio di potere che determinò l’uscita di scena di Papa Ratzinger (Anthony Hopkins) e l’ascesa al soglio pontificio del cardinale Bergoglio (Jonathan Pryce). La dicitura «ispirato da eventi reali» accompagna le note informative sul film (ora nei cinema selezionati e poi disponibile su Netflix dal 20 dicembre), ma il modo con cui i due attori hanno affrontato i ruoli, il tenore dei loro confronti verbali, la cronaca degli eventi, sono assolutamente aderenti alla realtà di un passaggio di consegne unico e memorabile, ma anche alle caratteristiche di due personalità differenti, il conservatore intransigente e l’innovatore simpatico, il tedesco rigido e il sudamericano aperto.
«Bisognava trovare il modo – ha spiegato Meirelles – per rendere cinematografici, divertenti e interessanti i dialoghi tra i due personaggi. Ho scelto la chiave più intima, invece di fare un film su un Papa che dialoga con un cardinale, ho deciso di ritrarre due uomini che, pur non andando d’accordo su nulla, cercano un territorio comune. Non a caso la macchina da presa è sempre molto vicina agli attori, solo umanizzando due figure così sacre si può scoprire che cosa c’è veramente dietro le loro tonache».
In The New Pope (dal 10 gennaio su Sky) Paolo Sorrentino va oltre, immaginando il Papa Lenny Belardo, ovvero Pio XIII (Jude Law), in coma, e un sostituto, Sir John Brannox (John Malkovich) chiamato dal cardinale Voiello (Silvio Orlando) a occupare il suo posto, nel nome di valori diametralmente opposti a quelli del predecessore: «La serie – ha spiegato l’autore premio Oscar – esplora l’ambizione di due grandi Papi: essere dimenticati. Veri servi di Dio, hanno bisogno di sbiadire, per lasciar brillare il nitore della fede». Le loro aspirazioni si scontrano, però, «con ostacoli terreni dell’umano sentire: le derive fondamentaliste, il richiamo della vanità, le pietose vocazioni affaristiche, la schiavitù delle paure e dei vizi, gli intralci sentimentali che smerigliano il grande piano».
Eppure, come dichiara Papa Bergoglio in una delle frasi riprese dalla giornalista Tiziana Lupi nel libro Il nostro Papa che ha ispirato l’omonimo documentario, realizzato con Marco Spagnoli e pronto per uscire giovedì prossimo in coincidenza con il compleanno del Pontefice, «il Male non avrà l’ultima parola». Nessun altro avrebbe il coraggio, nell’epoca in cui viviamo, di affermare un concetto così temerario. La sfida del docufilm, che intreccia immagini storiche, interviste, memorie pubbliche e private del percorso e del pontificato di Jorge Mario Bergoglio con ricchi materiali d’archivio (dell’Istituto Luce, del Vaticano e della Fondazione Ansaldo) è legare la storia di Papa Bergoglio all’argomento migrazione: «La nostra – chiariscono gli autori – sembra una favola, ma non lo è, parla, invece, di quanto accaduto alla famiglia di Francesco e allo stesso Papa, un uomo che, per impegno e dedizione, merita solo rispetto e attenzione. Il docufilm racconta le origini del Papa, una sorta di prequel ideale a quanto sappiamo o crediamo di conoscere di lui, ma anche un’esplorazione emotiva e razionale del senso ultimo delle cose e di come il figlio di immigrati italiani costituisca oggi una delle voci di speranza in un mondo grigio, dominato dall’incertezza».