la Repubblica, 10 dicembre 2019
Una giornata in tour con boris Johnson
SUNDERLAND (INGHILTERRA) – Appena ci vede, un’impiegata esulta: «Get Brexit Done!». Nel garage sotto, tra orde di pneumatici, decine di operai e camionisti del vecchio cuore laburista di Sunderland lo attendono tesi, nei gilets jaunes di servizio. Niente cori. Niente “Go Boris!”. Timidi applausi. Sanno bene che, se la classe operaia doveva andare in paradiso, questo è un profano patto col diavolo: «Che cosa direbbero i nostri nonni se ci vedessero?», ammette tra pochi denti un vecchio lavoratore.
Ma niente più importa. Conta la Brexit, a tutti i costi, qui, lontani dall’odiata, swing, cool e inaccessibile Londra, qui, a pochi metri dalla fabbrica Nissan che sfama 10 mila famiglie locali altrimenti povere, come già un terzo dei bambini di Sunderland. Il surreale quadretto è completato dall’ex deputata laburista Gisela Stuart: «Giovedì votate per Boris! Mica diventerete per sempre conservatori. E avremo la Brexit!».
Insieme a Repubblica e alcuni media britannici, Boris Johnson arriva nella sede della società di trasporti Ferguson sul suo autobus itinerante, che stavolta non ha la bufala dei 350 milioni in più alla settimana post Brexit per la claudicante sanità britannica, ma il suo nuovo, ossessivo motto: “Get Brexit Done!”, “portiamo a termine la Brexit”. Poco ore prima Johnson è passato a Grimsby, altro pericolante feudo rosso del Nord, dove nel 2016 il 70% ha votato per uscire dall’Europa: fatali le limitazioni Ue alla pesca.
Il premier spunta timido dal retro del bus. Ma subito si sente a casa. «Che bello essere qui! E sapete perché sono qui con voi? Perché siamo da 1264 giorni senza Brexit, per colpa del Parlamento! E quindi, Get Brexit done!». Lo dice un etoniano, oxfordiano, posh, di famiglia chic: Boris, ma che ci fai qui? È l’ennesimo cortocircuito di questa Brexit impazzita. Johnson si concede a quella classe operaia che nel 1995 nella rivista Spectator definiva branco di «ubriachi, criminali, sfigati, inetti, lamentosi».
Ma che cosa importa oramai? Tra questi grigi parallelepipedi degni di un quadro di Fernand Léger, qui alla periferia di Sunderland che al referendum del 2016 fu la prima grande città a dichiararsi clamorosamente “brexiter”, potrebbe iniziare a sgretolarsi “il muro rosso”, ossia quelle vaste lande del Nord e delle Midlands inglesi, da sempre laburiste ma ora fatalmente ammaliate da questo ex ragazzotto diventato premier. Quella classe operaia britannica che odiava Thatcher e che ora detesta “l’europeista” (sic) Corbyn, sedotta sempre più dal simpatico “uomo forte” Boris.
«Riprenderemo il controllo di tutto: confini, leggi, commercio. Perché è tempo di Get Brexit Done! Il 31 gennaio usciamo, abbiamo un accordo fantastico con l’Ue, Corbyn neanche dice cosa voterà in un secondo referendum Brexit. Get Brexit Done!». Lo ripete dieci, quindici, venti volte. È un lavaggio del cervello, come le decine di tweet quotidiani con quelle tre fulminee parole. Get. Brexit. Done.
Ma signor Johnson, gli chiediamo, lei promette di tutto: più polizia, sanità, tagli alle tasse. Ma con quali soldi? «Con i soldi e gli investimenti che arriveranno quando saremo liberi dall’Ue. Solo se… Get Brexit Done!». Ma se passerà la sua Brexit in Parlamento, come raggiungerete un accordo commerciale con l’Ue in soli 12 mesi? Il Canada ci ha messo 7 anni: «Ce la faremo, nonostante il vostro scetticismo! Get Brexit Done!». Qui Nissan ha minacciato di andarsene in caso di Brexit dura: «Avremo zero dazi con l’Ue, ma solo se Get Brexit Done!». E se ci sarà un nuovo pantano a Westminster? «Tutti i nuovi candidati tory mi hanno giurato che sosteranno il mio accordo. Altrimenti saranno cacciati. Get Brexit Done!».
Continuiamo. Mr. Johnson, da due giorni gira online una foto di un bambino di 4 anni ricoverato a terra, per mancanza di letti, in un ospedale di Leeds. Lei, quando oggi gliel’hanno mostrata, si è rifiutato di guardarla: «Ma noi siamo orgogliosi di quello che faremo: verseremo denaro mai visto nella sanità, assumeremo 50mila nuove infermiere. Ma questo solo se Get Brexit Done!». Primo ministro, lei ha cinicamente evitato la foto di quel bambino e si è messo in tasca il telefono del giornalista con l’immagine. «Ho già risposto! L’unica cosa che non voglio vedere sono gli investimenti bloccati. Get Brexit Done!».
I vecchi operai sono soddisfatti e gli chiedono di «annullare il canone tv!». I giovani invece sono più scettici. Sean, 26 anni, è ancora indeciso: «Johnson non mi ha convinto e con i tories Sunderland è diventata uno slum». Una operaia appena maggiorenne, Page Hood, lo incalza: «Primo ministro, se il programma del Labour è così catastrofico, perché il suo partito ha diffuso siti falsi e fake news per confondere i britannici?». Johnson per la prima volta balbetta, va in tilt. Poi rimedia: “«È solo una distrazione dei media! Ciò che vuole il popolo è solo Get Brexit Done!». Finisce così, tra soddisfatta rassegnazione. Solo un paio di selfie. Ma “Get Brexit Done” è filtrato anc he qui. E tutto il resto oramai non importa.
"Get Brexit Done”, portiamo a conclusione la Brexit, ripete con ossessività il leader conservatore in tutti gli incontri “Riavremo il controllo di tutto: confini, leggi, commercio Il 31 gennaio usciamo, con l’Ue un accordo fantastico” Promette ogni cosa: più polizia, sanità, tagli alle tasse Ma con quali soldi? “Con i soldi e gli investimenti dopo l’addio all’Europa"