la Repubblica, 10 dicembre 2019
Le carte truccate della Russia
Niet ai muscoli di Putin. Niente bandiera russa per quattro anni. Né a Tokyo 2020 né a Pechino 2022. Né Giochi estivi né invernali. Espulsa, annientata, estromessa. Dove non poterono Napoleone e Hitler, accerchiare e battere la Russia, può la Wada. I Cinque Cerchi perdono un pezzo. Anzi lo allontanano per alto tradimento. L’altra grande potenza mondiale, con Usa e Cina, non giocherà a nessun gioco. Non potrà esibirsi né organizzare. Perché è recidiva. Così ha deciso la Wada, l’agenzia mondiale antidoping. Non è un golpe, ma una logica conseguenza: se bari, non ti penti, e continui a farlo con più arroganza e sfrontatezza di prima, devi solo aspettarti di essere cacciato. La Russia ha 21 giorni per fare appello, ma nessuno crede otterrà sentenza diversa.Cosa c’è dietro questa squalifica? C’è che Casa Russia non vuole rendersi conto che il mondo è cambiato, che lo sport ha bisogno di credibilità, ma soprattutto di pulizia.Altrimenti perderà posizioni nel mercato dell’intrattenimento. A bocciare la Russia non è l’ipocrisia occidentale, non sono i nemici di Putin, anche se la Gola Profonda dello scandalo (Rodchenkov, ex capo laboratorio antidoping di Mosca) ha ricevuto asilo politico in America, ma il consiglio esecutivo della Wada all’unanimità, dove la vicepresidente, la signora 42enne Linda Helleland, politico norvegese, conservatrice, si lamenta: «Dovevamo dare un segnale più forte, temo che la squalifica non sia sufficiente, volevo sanzioni che non si potessero annacquare». La signora ha scritto un libro «Clean Sport, Dirty Games», «Sport Pulito, Giochi Sporchi», dove ha dichiarato di essere spiata nel suo Paese da aziende che curavano interessi russi. «Me lo hanno rivelato lo scorso giugno agenti del servizio segreto norvegese». Russiagate sui fiordi.La Russia nello sport non è un concorrente qualsiasi: dal ’94 nei Giochi Invernali è tra le Top 5 (a parte Vancouver 2010 dove arrivò 11esima) e anche in quelle Estive dove dal ’96 a ogni edizione ha vinto almeno 19 ori (nel 2000 il record di 32). E il Cio è sempre molto cauto è prudente, non estromette in base a sospetti e sussurri, vuole prove.Il presidente Bach alla vigilia dei Giochi di Rio nel 2016 legge il rapporto dell’avvocato canadese McLaren che documenta crimini e misfatti e sceglie la linea morbida lasciando alle federazioni internazionali il diritto di decidere. Qualche mese più tardi però il Cio, vista la documentazione, istituisce due commissioni: quella presieduta da Schmid, ex presidente della Confederazione elvetica, ha il compito di indagare sul Russiagate. Il 5 dicembre 2017 Schmid consegna il dossier e Bach deve riconoscere la complicità di un sistema: dirigenti sportivi e federazioni russe sono coinvolte. Il doping è «di Stato». Ma il capo supremo, Vladimir Putin, è «estraneo ai fatti». Il Cio sospende il comitato olimpico russo ma permette agli atleti che possono dimostrare la loro estraneità di partecipare come Oar (Olympic athlete of Russia) ai Giochi di Pyeongchang 2018. Tre giorni dopo la fine dell’Olimpiade il Cio toglie la sospensione. E la Wada riammette il laboratorio antidoping di Mosca con l’invito ad allinearsi alla conformità. È un perdono, una mano tesa: comportatevi bene, evitate di rifare errori. Tutto inutile. Ora la Wada toglie tutti dall’imbarazzo e decapita lo sport russo. Ad essere colpiti sono soprattutto gli atleti, con le certificazioni di pulizia da far approvare. Ma a chi? L’intero sistema russo manipola e falsifica. Peccato che Putin non abbia capito che è finito il tempo di usare lo sport come diplomazia estera per dimostrare la potenza di un Paese.Soprattutto se è uno sport inquinato.La Russia non è la sola cattiva al mondo e il doping ha altre nazionalità, ma quando non cambi sistema, gridi al complotto, e hai in mano carte truccate, hai perso.Meglio cambiare gioco.