Varie, 10 dicembre 2019
Ritratto di Sanna Marin, neopremier finlandese, capo di governo più giovane del mondo
Il segretario del partito di opposizione, il conservatore Asmo Maanselkä, l’ha ribattezzato su Twitter «il governo delle Spice Girls», e ha ottenuto 21 «mi piace», e questa è stata più o meno la critica più feroce di cui si ha notizia. Molti di più, «una quantità sbalorditiva», ha detto la presidente del nuovo governo finlandese insediatosi ieri, sono stati gli auguri e gli articoli sui media di tutto il mondo. La socialdemocratica Sanna Mirella Marin, nata a novembre 1985, mamma di una bimba che avrà due anni a gennaio e figlia di una coppia di donne omosessuali, giurerà in settimana come premier della Finlandia; era già ministro dei Trasporti. Oggi è il capo di governo più giovane del mondo e della storia del suo Paese.
Il suo governo è composto da altre quattro colleghe, femmine in dicasteri chiave. Economia, Katri Kulmuni, 32 anni, del partito di centro; Interno, Maria Ohisalo, 34, dei Verdi; Istruzione, Li Andersson, 32, della formazione di sinistra Left Left; Giustizia, Anna-Maja Henriksson, 55, del partito popolare. Rappresentano ciascuna uno dei gruppi del «pentapartito» di governo, insediatosi sei mesi fa con il premier 55enne Antti Riinne. Riinne ha dovuto lasciare, sfiduciato dai centristi per la cattiva gestione di uno sciopero delle poste.
Il partito
La nomina dovrebbe risollevare i social-democratici, al minimo storico del 13%
E in mezzo a una tre giorni di scioperi del settore pubblico nasce il governo Marin. Il programma, deciso dalla coalizione, è blindato: abbandono dell’energia fossile entro il 2035 – agli affari interni c’è una ministra dei Verdi – e aumenti della spesa pubblica per il già ricchissimo welfare.
Il programma
Deciso con la coalizione: abbandono dell’energia fossile e aumenti al welfare
La nuova premier dovrebbe risollevare le sorti dei socialdemocratici, al minimo storico del 13% dove i nazionalisti hanno da soli il 24%. «Non sono rilevanti il mio genere e la mia età», ha detto ieri, «ma lo sono le ragioni per cui sono entrata in politica e gli elettori mi hanno dato fiducia. Una fiducia che dobbiamo ricostruire». Ma la sua età, e la sua squadra di governo al femminile, sono una notizia perfino per la Finlandia, quarto Paese al mondo per parità di genere per il World Economic Forum (noi siamo 70esimi): un diffuso settimanale finlandese, il femminile Menaiset, apriva ieri il sito con un sondaggio intitolato «Vi preoccupa un governo così pieno di donne?». E ha lanciato un’inchiesta simile persino il progressista quotidiano britannico Guardian. «Che la mamma di una bimba piccola guidi un governo è una buona notizia a prescindere», scrive l’imprenditrice liberale Terhi Kihvinen, ed è il commento più ritwittato.
Non ho mai considerato rilevanti il mio genere o la mia età, mentre lo sono le ragioni per cui sono entrata in politica, e che mi sono valse la fiducia degli elettori. Una fiducia che oggi insieme al mio partito dobbiamo ricostruire
La conciliazione, per l’ex ministra, «non è un problema: ha fatto le prove da mamma lavoratrice quando era ai Trasporti», racconta a Menaiset il compagno Markus Raikkonen, al fianco di Sanna dall’estate del diploma di entrambi, quando cioè lei per mantenersi agli studi incartava baguettes nel retro di una panetteria. «E poi è una donna dalla forza di volontà inarrestabile», che ha gestito la gravidanza della piccola Emma, racconta, come un piano di viabilità, «cercando di eliminare tutti i problemi imprevisti» e facendo un test di gravidanza ogni mese «per non rischiare di bere nemmeno un cucchiaio di alcol essendo incinta». Raikkonen ha preso per tutto l’autunno e l’inverno passati un normale congedo di paternità per consentire alla compagna di tornare al ministero con una figlia di sei mesi. «Abbiamo anche nonni molto presenti», ringrazia lui.
E anche la squadra dei nonni della piccola Emma ha una maggioranza femminile: Sanna Marin ha due mamme, «e la mia esperienza di “figlia arcobaleno” è stata determinante nel mio ingresso in politica», raccontava in un’intervista del 2015, quando era appena entrata in Parlamento come deputata socialdemocratica. «Bullismo ne ho subito poco, ma il senso di invisibilità che provavo, perché di famiglie arcobaleno non si parlava, è indimenticabile». Prima da consigliera comunale a Tampere, nel 2012, poi da deputata, poi da ministra. Nei mesi di #meToo aveva fatto scalpore un suo appello ai media: giusto far parlare le vittime, aveva detto, ma i riflettori vanno puntati sui violenti. Lo aveva firmato: «Una che come tante ha imparato sin da piccola a decifrare i segnali di una molestia, cioè ad avere paura». Nella biografia sul suo sito sono poche le parole d’ordine femministe, e ci sono invece quelle finlandesi per «libertà», «uguaglianza» e «fraternità»: del resto anche lei, dopo l’omologa neozelandese Jacinda Ardern e prima forse di altre, fa parte di una rivoluzione.