9 dicembre 2019
Tags : Raffaele Cutolo
Biografia di Raffaele Cutolo
Raffaele Cutolo, nato a Ottaviano del Vesuvio, in provincia di Napoli, il 10 dicembre* 1941 (78 anni). Mafioso. Fondatore e capo della Nuova Camorra Organizzata. Nove ergastoli. In prigione quasi ininterrottamente dal 27 settembre 1963. Detenuto al 41 bis, ha girato tredici carceri (dal 2014 è in quello di Parma) • «Trasformare la camorra in un’organizzazione criminale potente, gerarchica e verticistica, ponendo come basi una forte ideologia delinquenziale regional-popolare e un’obbedienza cieca verso il capo. È stato questo, in estrema sintesi, il progetto criminale perseguito da Raffaele Cutolo, spietato boss della camorra napoletana e protagonista assoluto della scena delinquenziale campana (e nazionale) per tutto il corso degli anni ‘70 e per i primi anni ‘80» (tesi di laurea di Nicolò Esposito, Università di Milano, a.a. 2014/15) • «Detto “‘o pazzo” ovvero “‘o professore” (e questa coppia di soprannomi designa una temeraria sottigliezza di mente, da arzigogolo criminale)»
(Nello Ajello, la Repubblica 3/4/2010) • Soprannominato anche: Robin Hood, Mussolini, Lider Maximo, Mito, Cervello, Re del Crimine, Salvatore di Napoli, Vangelo, Messia • «Ha raccolto dal marciapiede disperati senza futuro, depressi senza utilità e gli ha dato orgoglio e un’identità in quel deserto di munnezza e case, case e munnezza della periferia sgarrupata che, da Napoli, va a Salerno; dal mare, al Vesuvio. Da quelle parti, un “guaglione” dice “sono cumpariello della Nco” e gli altri lo rispettano. ‘O guaglione ha diritto a uno stipendio mensile, a una fetta della torta divisa in parti uguali con gli altri, piccoli o grandi che siano; e l´avvocato migliore se le cose si mettono male e, se si mettono malissimo, la famiglia è “a posto” perché la Nco non dimentica nessuno, morto o in galera che sia» (Giuseppe D’Avanzo, 2/6/2005) • «Cutolo è uno per cui è impossibile provare pena: è vero, ha il record italiano di lungodetenzione carceraria. Ma ha sulle spalle decine di omicidi, con la sua Nco fu capace di scatenare una faida che negli anni della camorra pre-Scampia produsse un bollettino di morte da guerra civile. Soprattutto, Cutolo non si è mai pentito» (Paolo Berizzi, la Repubblica, 13/5/2019) • «Anche da dentro al carcere dettava ordini, omicidi, sequestri e anche grandi mediazioni» (Fulvio Bufi, Corriere della Sera, 14/7/2005) • Sostenne fin da subito l’innocenza del presentatore Enzo Tortora, accusato di essere invischiato con la mafia. È sempre stato convinto che con la canzone Don Raffaè, De André parlasse di lui • «Gesù, che per me è stato un grandissimo uomo, disse: se uno ti dà uno schiaffo, porgi l’altra guancia. Io dico: dopo si può ammazzare».
*precisazione Sembra che il suo vero compleanno sia il 4 novembre, ma all’anagrafe si sbagliarono: sui documenti risulta nato il 10 dicembre.
Titoli di testa «Ha il respiro affaticato, il volto smagrito, i capelli lunghi e la barba incolta, segno di una certa trascuratezza, anche se mantiene un suo contegno. Non l’avrei riconosciuto se non avessi saputo che il carcerato che avevo di fronte era proprio lui. Indossa una camicia blu con delle righe bianche e un jeans azzurro, ma non porta più quegli occhiali dorati, indossati poi anche dai suoi seguaci, che gli davano quell’aria da intellettuale, da cui scaturì il famoso soprannome: ‘O professore» (Antonio Mattone, Il Mattino, 25/7/2019) • «Cutolo, come sta? “Come un uomo che si prepara a morire in carcere”» (Berizzi).
Vita La madre, Carolina, lavandaia. Il padre, Giuseppe, coltivatore diretto, molto religioso, per questo detto Don Peppe ‘e monaco. Un fratello e una sorella. Raffaele nasce in un castello mediceo, ceduto al padre da ex nobiluomini impoveriti dalla guerra, non erano riusciti a restituirgli dei soldi • «“Quel castello non è mio: tutta una leggenda. Nel castello ci sono solo nato”. Quindi lei è nato fortunato. “No. Sono orgoglioso di essere figlio di contadini. Come lei mi insegna, noi che siamo nati da famiglie umili mangiamo il pane del dolore”. Mi scusi, ma io non ho nulla da insegnare» (Enzo Biagi) • Cutolo studia dalle suore, ma lascia presto la scuola. Poi tenta vari lavori: sarto, falegname, barbiere, fabbro, rappresentante di vini e confetti, autonoleggiatore abusivo • La svolta a 22 anni. Il 24 settembre 1963, per una questione di donne, litiga con tale Michele Viscito e gli spara un colpo nel cuore • «Suo nonno lo aveva sempre ammonito: “Se porti le mazzate a casa, ti do il resto”» (Giuseppe Marrazzo, Il camorrista, 1984) • Il 27 settembre si costituisce, lo portano a Poggioreale. Lo condannano all’ergastolo, poi, in appello, a 24 anni • È dentro quando gli nasce un figlio, Roberto, chiamato così in omaggio a Robin Hood, avuto da una Filomena Liguori • Lo mettono nel padiglione Milano stanza 13, poi lo spostano alla numero 1 «Ero già temuto e rispettato anche per il ricordo di mio padre, che quando era in vita aveva aiutato tutti» (Francesco De Rosa, Un’altra vita, Marco Tropea 2001) • «“Lì sono cresciuto, e quel luogo lo sento un po’ come casa mia […] divenni un boss perché non sopportavo l’arroganza dei mammasantissima dell’epoca che volevano imporre la loro legge all’interno di quelle mura. La mia fu una ribellione”. Resta famosa la sfida a duello di Antonio Spavone, o malommo, che non si presentò al confronto facendo così crescere la fama e il prestigio del giovane guappo di Ottaviano. Al padiglione Milano si celebrava anche il rituale del caffè, ricordato dalla celebre canzone di De Andrè. Gli chiedo se era una storia vera o frutto di una leggenda, ma lui conferma tutto: “Il mio compagno di stanza […] si chiamava Menichiello ed era di Pianura. Ancora non sono riuscito a capire come riusciva a fare un caffè così buono”. Così come era vero che il brigadiere Pasquale Cafiero citato dal cantante genovese (il nome di battesimo era effettivamente Pasquale mentre il cognome era diverso) si fermava nella stanza numero 13 per sorseggiare l’espresso: “Veniva da me e mi esponeva i suoi problemi, mi diceva che guadagnava poco e non riusciva a tirare avanti”. Anche don Elvio Damoli, il cappellano dell’epoca, mi ha confermato che talvolta era della compagnia: “La mattina si passava da Cutolo e si prendeva il caffè, quando ancora non era arrivato all’apice della sua fama”» (Mattone) • In prigione Cutolo legge la storia della camorra dell’Ottocento e ne rimane suggestionato • Nel 1970 esce dal carcere per decorrenza dei termini di custodia cautelare e quando la Cassazione conferma la condanna, si dà alla latitanza • Il contrabbando di sigarette in città è in mano a siciliani e marsigliesi. Cutolo predica il riscatto dei napoletani, che devono liberarsi dagli stranieri. Recluta un esercito di malviventi, promette stipendi mensili, assistenza legale, un fondo di solidarietà per i detenuti. Il 24 ottobre 1970, giorno di san Raffaele arcangelo, fonda la Nuova camorra organizzata. Chi non sta con lui deve morire • «Volevo rifondare il regno di Napoli. Uno Stato sociale indipendente dove chiunque potesse avere da mangiare» (a Berizzi) • «Si trattava […] di aggregare intorno alla mia persona il dissenso contro le vecchie mummie della Camorra, creando le fila dell’organizzazione con criteri moderni e riordinando tutte le attività, dalle estorsioni alla droga. Un programma da perseguire scientificamente, giorno per giorno. Visto che dovevo trascorrere gli anni migliori della mia vita in carcere, intendevo viverli da capo, con un mio potere e un mio esercito, un apparato verticistico, con un capo assoluto, io, Raffaele Cutolo, il Professore, un gruppo ristretto di generali, di rappresentanti di zona e un esercito di volontari decisi a tutto. Proprio una nuova Camorra, una Nuova Camorra Organizzata» • Formula del giuramento: «Noi siamo i cavalieri della camorra, siamo uomini d’onore, d’omertà e di sani principi, siamo signori del bene, della pace e dell’umiltà, ma anche padroni della vita e della morte. La legge della camorra a volte è spietata, ma con chi tradisce» • «Non sono certo il tipo che crede al giuramento, per giunta col sangue, ai tatuaggi, al bacio schioccato sulla bocca dei cumparielli. Detesto simili pagliacciate. Ma, con cinismo, dovevo mostrare di credere in queste cose. Non potevo rinunciare alle armi di persuasione più efficaci per incidere sulla fantasia e sulle volontà dei più deboli fino a trasformare anche l’uomo più esitante in un assassino brutale, irriducibile, deciso a rischiare la vita e l’ergastolo per una mia parola» (in Marrazzo) • Nel 1971 ingaggia una sparatoria con i carabinieri nelle campagne di Palma Campania, lo arrestano e lo riportano dentro. Gli danno altri quattordici anni • Tuttavia, invece che in prigione, lo mettono in un manicomio criminale, prima a Sant’Efrem, poi ad Aversa • Gli diagnosticano infermità mentale e un’epilessia primaria: «Hanno anche accertato che quando mi comprimono la giugulare, non rispondo più di me. Il sangue affluisce più forte e impetuoso verso il cervello, e io vengo preso da un irresistibile impeto di ribellione, da rabbia incontenibile, dalla voglia di imporre a ogni costo le mie ragioni» (in Marrazzo) • Lui continua a ricevere visite, a condurre i propri affari. Il 5 febbraio 1978 evade • «Vedete, presidente, io sono pazzo. Ma non sono un pazzo scemo, sono un pazzo intelligente”. Nel singolare ragionamento, fatto nell’aula di giustizia dopo che lo ripresero, c’era qualcosa di vero. Cutolo, in parole povere, ogni tanto, e secondo una logica, faceva il pazzo» (Massimo Bordin, Il Foglio, 1/8/2017) • Nel frattempo, Cutolo ha stretto un patto con il boss Paolo De Stefano, di Lamezia Terme, e con due malavitosi milanesi, Renato Vallanzasca e Francis Turatello. Il suo potere è così grande che l’8 dicembre 1978, giorno dell’Immacolata, duecento esponenti di sette famiglie camorriste napoletane si coalizzano per contrastarlo. Nasce la Nuova famiglia, e scoppia una specie di guerra: tra il 1979 e il 1983 i morti ammazzati sono 818 • Il 23 novembre 1980 la Campania è scossa da un terremoto e lui, a Poggioreale, approfitta dell’apertura delle celle per ammazzare Michele Casillo, Giuseppe Clemente, Antonio Calmieri, tre anti-cutoliani
• Dice il pentito Mario Savio, allora ras dei Quartieri Spagnoli, e cutoliano: «Al centro c’era lui […] Era circondato dalle guardie scelte. Saranno stati una sessantina di detenuti, la vestaglia di seta era la sua inquietante e grottesca divisa da generale golpista. Con calma e decisione impartiva gli ordini […] Divise gli uomini in piccole squadre. Ad alcuni consegnò la lista dei condannati a morte; ad altre assegnò il compito di scavare una via verso l’uscita. Il dramma si replica tre mesi dopo, il 14 febbraio 1981, durante un’altra scossa. Muoiono ammazzati Ciro Balisciano, Antonio Mangiapili e Vincenzo Piacente (quest’ultimo viene prima seviziato col fuoco, poi gli si schiaccia la testa tra un muro e un cancello)» (a Bruno De Stefano) • Giuseppe Salvia, vicedirettore del carcere di Poggioreale, comincia a sottoporlo a perquisizione più volte al giorno. Una volta Cutulo gli dà due schiaffi, e Salvia lo va a denunciare • Poi, il 14 aprile 1981, muore ammazzato a pistolettate mentre guida la sua Fiat Ritmo • Per questa storia Cutolo si becca un altro ergastolo: «Mi faceva sempre perquisire ogni volta che entravo e uscivo dalla cella, e non ne potevo più. Provavo rancore. Mi dispiace ma che potevo fare?» • «È una sua frase o gliel’hanno attribuita: “Dopo aver porto la guancia è lecito ammazzare”? “Sì. È un’interpretazione di quello che ha detto Gesù. Lui ha detto che bisogna porgere l’altra guancia e poi il seguito non lo ha aggiunto, come tante altre cose che non ha detto. […] Un altro dei suoi pensieri: “I miei fiori preferiti sono le orchidee, ma sovente amo mandare crisantemi”. Ha fatto molte ordinazioni e per chi? “I crisantemi bisogna mandarli al momento giusto. Non nego di averli mandati. Lei mi chiede perché li ho mandati? Quando l’ho fatto per me è stata vera giustizia. Quello che non fa la giustizia […] è un camorrista quello che fa una scelta di vita. Il camorrista è un’etichetta che si dà. Io non l’ho mai detto che c’era questa Nuova Camorra Organizzata. Per me è un partito, è il mio ideale”. Camorra cosa vuol dire? “La disoccupazione. Insegnare ai giovani che è più bello il lavoro. Però bisogna anche trovarglielo. Questo è quello che ho fatto”. Che cosa pensa della droga? “Io sono sempre stato contrario anche con fatti concreti e non solo con belle parole. Ho scritto anche una poesia sulla droga dal titolo: Polvere Bianca”» (Biagi) • «Se [..] gli arrivano in carcere cento vestiti, omaggio di un fabbricante della zona vesuviana, ne distribuisce novantanove e ne tiene uno per sé, badando accuratamente che la cosa si diffonda nell’ambiente carcerario. Non perché intenda allargare il suo ruolo solo all’interno del carcere, ma perché i detenuti – presto o tardi – usciranno, gli saranno grati e si trasformeranno in suoi affiliati» (Marrazzo) • «Si dice che durante la sua permanenza in carcere degli affari di famiglia si occupa sua sorella Rosetta. Rosetta è più grande di lei: che parte ha avuto nella sua vita? “Una parte importante. Lei è innocente di tutto ciò che le attribuiscono, da me può essere stata solo plagiata”» (Biagi) • Rosetta gestisce i rapporti con i quindici capizona, fa rispettare gli ordini, raccoglie le tangenti • «Legata al fratello da un affetto quasi morboso che l’ha spinta a rimanere nubile, Rosa Cutolo, come una dama di San Vincenzo, gli ha dedicato tutto il suo tempo, nell’attesa spasmodica del colloquio settimanale in carcere. Vive solo per quello: quando giungeva l’ora chiamava a raccolta, a turno, gli amici del fratello, si faceva accompagnare in macchina fin sulla porta del penitenziario e consegnava alle guardie un pacco voluminoso. Dentro c’era la biancheria di Raffaele, il pane cotto in casa, nel forno a legna, qualche salsiccia fatta con le sue mani» (Adriano Baglivo) • Tra il marzo 81 e l’aprile 82, Cutolo riceve 33 milioni di lire presso la portineria del carcere di Ascoli Piceno e altri 22 milioni con vaglia postali • Il 27 aprile 1981, le Brigate Rosse rapiscono Ciro Cirillo, democristiano, assessore regionale campano ai lavori pubblici • «Ricorda il via vai di politici che andavano da lui per chiedergli di salvare la vita dell’assessore» • «Cutolo interviene nelle trattative, su richiesta di servizi segreti ed esponenti politici. In cambio gli vengono promessi trattamento carcerario e perizie psichiatriche più favorevoli, e tangenti sugli appalti della ricostruzione. Cirillo viene liberato e una sentenza della Corte d’appello sancirà l’avvenuta trattativa tramite Cutolo» (Giacomo Di Girolamo, Dormono sulla collina. 1969-2014, il Saggiatore 2014)
• Dice il vicequestore Antonio Ammaturo: «In cambio della liberazione di Cirillo l’accordo prevedeva: una fetta dei lavori della ricostruzione in Irpinia agli “amici imprenditori” che avevano partecipato alla colletta per dare i soldi alle Br; il trasferimento di alcuni camorristi in carceri migliori; una percentuale a Cutolo sugli appalti. E un elenco segreto di persone che Cutolo consegnò alle Br perché fossero eliminate fisicamente. In quell’elenco c’era il mio nome» • «Quella vicenda, secondo Cutolo, segnò il punto più alto del suo potere: forse credette di avere in mano una carta importante, che a quel punto gli consentiva di dettare condizioni a uomini dello Stato. Invece, dopo averlo accontentato durante la trattativa, per lui iniziò l’esperienza del carcere duro» (Fulvio Bufi, Corriere della Sera, 14/7/2005) • Quando Pertini sa che riesce a comandare la camorra anche da dentro il carcere lo fa rinchiudere in regime di isolamento nella colonia penale dell’Asinara, in Sardegna. Lì nemmeno la sorella Rosetta riesce più a essere il suo braccio operativo • La Nuova famiglia ne approfitta per decapitare la Nco. Uccidono i suoi uomini più fidati: Alfonso Rosanova, mentre è ricoverato in ospedale, e Vincenzo Casillo, saltato in aria dopo aver messo in moto la sua Golf • Nel 1983 arrestano Pasquale Barra detto o’ animale, suo boia di fiducia, che si pente e fa i nomi degli altri camorristi • «Il 17 giugno partono 856 ordini contro persone ritenute legate a Cutolo e finisce in manette anche Enzo Tortora, che, condannato in primo grado, e assolto in appello, morirà di cancro nel 1988» • Dice Cutolo: «Ognuno fa le sue scelte. Barra ha avuto un’infanzia difficile. Ma ha rovinato il povero Tortora. Che Enzo Tortora era innocente lo dissi da subito. Chiesi ai magistrati di essere interrogato. Non mi vollero nemmeno sentire» • Nell’agosto 1987 Cutolo fa lo sciopero della fame per 17 giorni: «Ho vissuto in altri regimi severi impostimi nelle celle di massimo rigore ricavate nelle cantine delle galere italiane, ma mai sono stato trattato peggio di una bestia come avviene all’Asinara» (Corriere della Sera, 11/6/1987) • Gli risponde Giovanni Falcone, allora responsabile della direzione generale delle prigioni: «Lo Stato non cede ai ricatti e non tratta» • Dice lui: «Vogliono farmi pentire, ma io non tradirò mai».
Vendetta Nel 1988 gli uccidono il suocero, Salvatore Iacone, guardia notturna in una fabbrica di pomodori. Nel 1990 il primo figlio Roberto, 28 anni, muore ammazzato da dei sicari
Amore A Ascoli Piceno, Cutolo si è innamorato di Immacolata Iacone, 19 anni, 23 meno di lui, sorella di un suo braccio destro. Lei lo ricambia • Si sposano all’Asinara nel 1983 • «Il primo bacio arrivò dopo sei mesi di fidanzamento, in parlatoio sporgendo il corpo sopra il vetro… Il giorno del matrimonio in carcere è l’unica volta che ho visto mio marito per intero, dalle scarpe ai capelli, senza sbarre o muri divisori a separarci» • «Prima di sposare mia moglie la avvertii: pensaci bene, perché con me è come se fossi vedova a vita…» • «Quando stavo nel carcere di Carinola mi proposero di andare in una villetta con mia moglie per fare l’amore con lei, ma io non ho voluto; non volevo far arrestare qualcuno per poter stare con Immacolata, non l’avrei mai accettato» • Il 30 aprile 2007 nasce Denise, loro figlia, grazie all’inseminazione artificiale • «Quando sarà grande magari qualcuno le racconterà delle cose. Saprà chi è suo padre, conoscerà il suo passato, ma Raffaele è mio marito, l’uomo che amo. Non potrei mai immaginare la mia vita senza di lui» (Immacolata Iacone) • «“All’ultimo colloquio, dieci giorni fa, mi chiede ‘papà ma tu stai in una gabbia?’. Mia moglie la prende in braccio: ‘Papà è qui perché deve insegnare agli altri a non fare gli sbagli che ha fatto lui’. Ma è sveglia. ‘Papà, non eri qui perché avevi fatto male a una persona? Non le puoi chiedere scusa e venire a casa?’ Le dico, forse sbagliando, “questa persona è morta”. Fosse soltanto una. E vai a spiegarle che nessuna se ne è andata inciampando, cadendo e battendo la testa».
Rimorso «Non ce l’hanno fatta a farmi diventare un jukebox a gettone: il pentito va a gettone. Parla e guadagna» • «Il vero pentimento è davanti a Dio».
Faber Don Raffae’ in realtà era il nome del protagonista della commedia di De Filippo Il sindaco del rione Sanità • «Cutolo comunque scrisse direttamente a De André per ringraziarlo. “Ho ricevuto tre lettere da Cutolo - dirà Faber - e un suo libro di poesie. Alcune sono davvero toccanti. Si vede che, pur avendo fatto solo la quinta elementare, è un poeta, uno che pensa e riesce a sentire”» (Antonio Lodetti, il Giornale, 23/10/2010).
Politica «“Se parlo ballano le scrivanie di mezzo Parlamento”. Dopo trent’anni? “Molti di quelli che stanno adesso ce li hanno messi quelli di allora venivano a pregarmi”» • «I politici non sono molto diversi dai camorristi. Pensano al potere, al consenso, all’arricchimento. Ma dei bisogni della gente se ne fottono”. Votato? Mai. Né prima del carcere né dopo [...]”» (Berizzi) • «L’ultimo che ho stimato è stato Berlusconi» • «Ho ammirato Andreotti. Testimoniai per lui al processo Pecorelli. Nemmeno un grazie, ci sono rimasto male»
Curiosità Soffre di artrite reumatoide, che gli deforma le dita • «Se avessi intrapreso la carriera religiosa, sarei diventato papa» • Una petizione su internet per fargli ottenere i domiciliari ha avuto 100mila firme • Nella sua cella ha cinque foto: Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, la madre, la moglie con la figlia, lui con la figlia • Non indossa più vestaglia di seta e pantofole con le iniziali • Si è identificato con Cristo, Buddha e Maometto, aveva profetizzato che sarebbe morto a 49 anni e un’eruzione del Vesuvio • «A volte sogno tutti questi morti uccisi» • «Ero abbonato a quattro quotidiani e due settimanali. Da anni non mi portano più i giornali. Nemmeno il libro di poesie che ho appena scritto e che ho dedicato a mia figlia» • «Gli chiedo come trascorre le giornate. “Sono sempre uguali”, mi risponde. “Leggo poco perché da un occhio non ci vedo più e dall’altro la visione è ombrata. Qualche sera mi cucino la pasta e fagioli, con i legumi in scatola è tutto più facile. E poi guardo qualche programma in televisione: l’altro giorno ho visto quello di Massimo Ranieri, Sogno o son desto”. Ma la sua passione, aggiunge, è ascoltare le canzoni di Sergio Bruni: da quando è stato trasferito a Parma non gli è però più consentito. L’unico passatempo che gli resta, sottolinea, è quello di fumare i sigari toscani”».
Titoli di coda «Ha ancora altre previsioni? “Sì. Dottor Biagi avrei tante cose da raccontarle ma dovremmo parlarne più tranquillamente, come lei sa non mi daranno il permesso” Signor Cutolo io non lo so. Accontentiamoci per ora di questa intervista» (Biagi).