La Stampa, 9 dicembre 2019
La fortuna segreta dello zio di Assad
Trentatré appartamenti nel sedicesimo arrondissement, quello dei ricchi parigini. E lì anche due palazzi interi, antichi e lussuosi, senza contare un castello subito fuori città e scuderie di cavalli e ancora uffici a Lione: sorprendente il patrimonio immobiliare in terra di Francia di Rifaat al-Assad, zio dell’attuale presidente siriano Bashar, valutato novanta milioni di euro. Dal 2016 la giustizia, sollecitata da due Ong attive nella lotta alla corruzione, Sherpa e Transparency international, indaga sulla natura di queste proprietà e su presunti e connessi reati. Oggi a Parigi inizia a suo carico un processo: Rifaat, 82 anni, residente a Londra, è accusato di appropriazione indebita di fondi pubblici siriani tra il 1984 e il 2016, di frode fiscale e di riciclaggio.
Rifaat, in realtà, non sarà presente. Come indicato dai suoi avvocati, non può spostarsi a Parigi «per ragioni mediche». Rischia comunque di vedersi sottrarre quel patrimonio ingente, già messo in gran parte sotto sequestro. Ma chi è Rifaat al-Assad? Fratello minore di Hafiz, padre-padrone della Siria dal 1971 fino al 2000, fu a lungo influente nel regime. A Damasco lo ricordano come il «macellaio di Hama». Gli Assad fanno parte della minoranza degli alauiti, corrente religiosa considerata eretica da gran parte dei sunniti, maggioritari in Siria. Hafiz riscrisse la Costituzione in senso laico, senza menzionare esplicitamente che il presidente del Paese dovesse essere musulmano. Questo a tanti non andò giù e i Fratelli musulmani (appoggiati da numerosi sunniti) scatenarono nella città di Hama una rivolta contro il regime (le radici dell’opposizione islamista risalgono a quell’episodio).
Fu Rifaat a reprimerla, nel sangue: mai è stato chiarito in maniera definitiva il numero di morti, ma sarebbero stati più di 20mila. Forte di quella «prodezza», l’uomo tentò un golpe militare contro il fratello, ma venne bloccato e costretto nel 1984 ad abbandonare Damasco. Se ne andò a vivere prima in Svizzera e poi a Parigi, dove ottenne da François Mitterrand, che lo proteggeva, la legion d’onore. Ora gli inquirenti si sono resi conto che proprio in quegli anni Rifaat iniziò ad acquisire le sue proprietà francesi. Renaud Van Ruymbeke, il giudice istruttore, che in maniera testarda ha indagato sul caso, ha scoperto, mediante intercettazioni telefoniche su alcuni dei gestori del patrimonio, che Rifaat possiede una lunghissima serie di immobili anche in Spagna, per un valore ancora superiore, 691 milioni. Per questo è stato da poco rinviato a giudizio pure a Madrid.
La giustizia francese ha accertato illegalità fiscali, con diversi immobili intestati a società offshore. Ma soprattutto sono stati interrogati ex rappresentanti di alto livello del regime di Damasco. Hanno assicurato che Rifaat avrebbe finanziato tutte quelle acquisizioni mediante attività di contrabbando in Siria, commercio illegale di beni archeologici siriani all’estero e attingendo dalle casse pubbliche prima della sua partenza, ma forse anche dopo. Lui ritornò a Damasco nel 1992 per il funerale della madre e da lì in poi riconquistò una certa influenza nel Paese. Ripartì definitivamente alla fine degli anni Novanta, poco prima dell’ascesa al potere di Bashar. Ma con il nipote le relazioni sono sempre state ambigue e ci sono perfino sospetti che l’attuale presidente abbia utilizzato lo zio per portare fondi all’estero. Rifaat, ovviamente, rigetta ogni accusa. Lui vive a Londra con quattro mogli, sedici figli e un codazzo di 200 fedelissimi. Da sottolineare: in contesti simili, la giustizia francese ha già condannato familiari di politici africani e confiscato le loro proprietà in Francia, di dubbie origini. —