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 2019  dicembre 09 Lunedì calendario

Patti Smith, Puccini e la Tosca. Un amore che dura 65 anni


«L’opera è il filo rosso della mia storia. L’ho amata prima ancora del rock» dichiara Patti Smith. La serata alla Scala, le emozioni di Tosca, le evocano ricordi lontani. «A 7 anni ascoltai per caso alla radio la Butterfly. Nel paesino del New Jersey dove abitavo, Puccini era uno sconosciuto. Me ne innamorai di colpo». Amore indelebile ma non esclusivo. «Puccini mi ha portato a Verdi, Verdi a Wagner e così via… Sono i miei fidanzati. Li amo tutti». L’opera come arte del passato e del futuro. «Tosca non è solo un dramma di passione e gelosia, è una riflessione sugli abusi del potere, politico o religioso che sia. E questo vale per l’800, epoca in cui la vicenda si svolge, per il ‘900 quando l’opera viene composta e anche per oggi, che questo lato oscuro del potere per fortuna viene sempre più svelato». Eppure rock e lirica vengono messe spesso in contrapposizione. «Al contrario. In comune hanno la forza della voce umana che può toccare le corde profonde dell’anima, portarti fino alle lacrime. Per me due percorsi paralleli. L’opera mi ha insegnato a essere una cantante rock migliore. Ascoltando i grandi interpreti, da Pavarotti a Kaufmann, ho imparato a usare i mille colori della voce, a far emergere la narrazione interna di una canzone dando senso alle parole, sottolineando le emozioni che contengono. Mentre guardando l’opera dal vivo ho scoperto la forza del linguaggio del corpo. Non dimenticherò mai Waltraud Meier nel Tristano e Isotta ideato da Chéreau per la Scala. Il suo modo di muovere le mani, l’avvicinarsi degli sguardi, lo sfiorarsi senza toccarsi, sono stati una lezione affascinante. Il più bel spettacolo lirico mai visto». Tornando all’altra sera, oltre a Tosca a colpirla è stato il calorosissimo saluto a Mattarella. «Un capo di Stato che va a vedere un’opera e ci resta fino alla fine, è già una cosa bellissima. Ma quell’applauso così lungo era ben più di un saluto, era un segno di aspettativa e speranza di una platea che diventa comunità. In teatro e anche fuori, visti i tanti schermi sparsi per Milano e i grandi ascolti in tv. Questa Tosca è stato un dono culturale al mondo». Mai lei «Vissi d’arte», magari in casa, da sola, la canta mai? «Qualche volta… – ride —. Il mio cavallo di battaglia però è “Vecchia zimarra”, sempre Puccini, ma Bohème». Un’aria scritta per voce da basso. «Poco conta, quel filosofo che va a impegnare il suo pastrano per alleviare le sofferenze di Mimì, non è solo uno dei momenti più strazianti dell’opera ma un monito di vita attualissimo per tutti noi».