Corrado Zunino per la Repubblica, 8 dicembre 2019
UN ITALIANO SU DUE PARLA DA SOLO – DE RITA (CENSIS): "NON STAMO DIVENTANDO UN POPOLO DI MATTI MA SIAMO PIU’ SOLI A FORZA DI VAFFA. DOBBIAMO TORNARE A DIRE "BUONGIORNO" SENZA UNA RAGIONE, COME IN ‘MIRACOLO A MILANO’ – SIAMO COME ALLA FINE DEGLI ANNI '80, LA VIGILIA DI TANGENTOPOLI. SALVINI NON DIVENTERÀ UN LEADER CONTINUANDO A FARE IL TRUCE. PIÙ CHE L' UOMO FORTE GLI ITALIANI CHIEDONO L' UOMO CHE...'' -
Professor Giuseppe De Rita, 55 anni fa contribuì a fondare il Censis. Da tre stagioni non ne scrive più i rapporti, ma scoprire che il 74 per cento degli italiani nel 2019 si sente molto stressato, anche senza un motivo, e il 55 per cento parla da solo che effetto le fa? «Non stiamo diventando un popolo di matti, no. Quel parlare da soli è un ruminare quello che abbiamo dentro pensando a domani. Il passato non nutre i sentimenti, noi siamo quello che pensiamo di poter essere. E oggi non lo sappiamo. Siamo un popolo stressato perché non abbiamo un traguardo, una prospettiva. Ci manca il futuro e per questo il presente diventa faticoso, fastidioso».
Il 75 per cento degli italiani non si fida più di nessuno. Probabilmente ha ragione. «C' è un problema fondamentale ed è la nostra incapacità di rapporto con l' altro. Negli ultimi dodici anni lo slogan della società, esplicito e implicito, è stato il "vaffa" e questo ha rotto ogni relazione. È la vera tragedia di questo Paese: non c' è ricchezza di rapporti umani e così l' individuo incorpora le proprie ansie che, in solitudine, diventano rancori.
Negli ultimi due anni, va detto, il rancore è diminuito, ma la rottura delle relazioni resta ed è l' elemento fondamentale da curare. Ci siamo riusciti dopo la guerra quando la sfiducia era totale. In Miracolo a Milano di Vittorio De Sica, siamo nel 1951, si vede un ragazzino che esce dall' orfanotrofio e inizia a salutare tutti. Al decimo "buongiorno", finalmente un passante gli chiede perché. Ecco, dobbiamo tornare a dire "buongiorno" senza una ragione. Quella sceneggiatura era di Cesare Zavattini, artista e sociologo». Diceva che il rancore è in riflusso da due anni: forse perché i Cinque Stelle sono andati al governo e la rabbia da social si è sgonfiata.
«Si è esagerato e il livore e la minaccia sono andati fuori moda. Ai Cinque Stelle è successa una cosa semplice: hanno conosciuto coloro che avevano violentemente attaccato per anni, a destra, a sinistra, senza conoscerli. La conoscenza favorisce prima la misura e poi l' educazione. Gli italiani si stanno stufando di frasi fatte e richieste di impeachment».
È sicuro che si siano stufati dei modi di Salvini? Il 48 per cento, dice il Censis, vuole l' uomo forte. «Salvini, aiutato dai suoi consulenti, ha caricato l' aspetto formale della violenza orale, ma non diventerà un leader continuando a fare il truce». A quale italiano somiglia l' italiano del 2019? Una pausa, l' esercizio della memoria. «A quello della fine degli Anni '80, la vigilia di Tangentopoli. La stanchezza, la valutazione negativa: tutti ladri. Quel sentimento è stato il substrato culturale della grande inchiesta. Oggi, però, l' atteggiamento distruttivo non cresce, c' è attenzione a non esasperare la rabbia».
Bastano due dati per spiegare i sentimenti di frustrazione contemporanei: dal 2011 la ricchezza immobiliare delle famiglie ha subito una decurtazione del 12,6 per cento e quasi tre milioni di italiani guadagnano meno di 9 euro lordi l' ora. «L' Italia non è un Paese povero, ovunque vai vedi girare soldi. Siamo cresciuti a ondate veloci e successive: la ricostruzione, il boom industriale, poi l' avanzata delle piccole imprese, quindi il sommerso. Siamo riusciti a uscire dalla crisi del 2008-2014 con un atteggiamento di massa: la sobrietà. E oggi abbiamo recuperato le posizioni pre-crisi. Certo, non siamo felici quando siamo sobri, il consumismo è il nostro habitat, ma siamo un popolo che si sa adattare e che si adatterà anche alla prossima svolta».
Questo è il nocciolo del carattere degli italiani: la capacità di adattarsi? «Pensi a quanti meridionali sono diventati settentrionali. Ci siamo adattati all' Europa, all' austerity della Merkel, al tre per cento. Ci adatteremo al Salva-Stati, il Mes. Più che l' uomo forte gli italiani chiedono l' uomo che consenta di stare in pace, semplifichi le loro vite, permetta alle loro case di rendere senza che siano erose dalle tasse. Come dice Ricolfi, siamo un popolo signorile che vorrebbe vivere da signore, ma oggi la ricchezza è diventata motivo di cruccio. Gli italiani non hanno bisogno di fermare i migranti nei porti, piuttosto di qualcuno che tolga loro un po' di ansie».
Se dobbiamo individuare una causa del nostro declino? Una. «Siamo fatti di storia e di invenzioni: questi due elementi in cent' anni hanno trasformato un plebeo in un cittadino, poi in un signore. Ecco, oggi c' è una mancanza di senso storico e di invenzione economica che si traducono nell' assenza di un' idea di futuro». Da quale emergenza dovremmo partire? «Dall' istruzione, ma lì abbiamo perso all' inizio dei Sessanta quando cattolici e comunisti scelsero la scuola per la scuola e per i professori invece che la scuola per il lavoro e l' impresa. Poi c' è il calo demografico. Non facciamo più figli per una serie di ragioni così larghe e profonde, la caduta del desiderio, il narcisismo egoistico, l' idea di futuro fin qui sviluppata, che è difficile uscirne. Il futuro ce lo porteranno altri e noi, ancora una volta, ci adatteremo».