La Stampa, 8 dicembre 2019
Chiude l’ultimo ombrellaio di Domodossola
Entrando nella piccola bottega sotto i portici della piazza medievale di Domodossola il tempo sembrava essersi fermato a 144 anni fa. A quando la famiglia Bortola portò in piazza Mercato la tradizione e l’estro degli ombrellai. Un mestiere che si è tramandato di padre in figlio per quattro generazioni fino a oggi, quando per Giacomo, 65 anni, è arrivato il momento di andare in pensione.
I mobili in legno sono ancora quelli realizzati a fine Ottocento, sugli scaffali sono esposti ordini e ricevute scritti a mano su una carta che segna il passare del tempo. Poi ci sono i vecchi sacchetti di carta, fotografie, bolle di vendita e documenti degli antenati. «Nel tempo, nessuno di noi ha mai buttato via niente - racconta Giacomo Bortola -. Qui c’è anche uno strumento che aveva fabbricato mio bisnonno: serviva per lavorare l’asta che sorregge l’ombrello. Ho conservato pure l’allarga-cappelli in legno di noce, come il «misuratore» per le teste».
Giacomo Bortola è la colonna di un mestiere artigiano che oggi in pochissimi sono ancora in grado di fare. Riparare gli ombrelli è stata un’abilità passata di padre in figlio, a partire da Bartolomeo che nel 1875 ricavò la bottega nella piazza che già allora per Domodossola era il punto di scambio delle merci.
La filosofia del riparare
«Aveva 32 anni quando si trasferì qui da Brisino, la collina di Stresa patria degli ombrellai. A quei tempi l’ombrello si faceva in bottega, poi è arrivata l’industria e noi ci siamo limitati alla vendita. I cappelli invece li abbiamo sempre acquistati dalle principali aziende produttrici. Ho ancora le bolle originali della Borsalino».
E’ la filosofia del riparare anziché del buttare quella che, insieme al commercio, ha tenuto in piedi fino a oggi il negozio Bortola. Lo dimostra il via vai continuo dentro e fuori quella bottega che per piazza Mercato di Domodossola è stata un punto di riferimento. Nessuno vuole credere che «Bortola» non apra più.
Dopo il bisnonno Bartolomeo nel 1913 subentrò il nonno Giacomo, poi nel 1975 il padre, ancora di nome Bartolomeo. Nomi che si tramandano, come l’arte di riparare ombrelli. Anche Giacomo II, ora sulla soglia della pensione, ha dedicato tutta la vita all’attività: è dall’età di 15 anni che è dietro al bancone.
«All’inizio seguivo mio padre un’ora al giorno per imparare il mestiere, alla sua morte sono diventato il titolare. Il lavoro non è mai mancato, né a quei tempi, e neanche adesso. A molti spiace buttare via le cose, per questo non c’è mai stato un forte calo nelle riparazioni. Certo, ultimamente si è sofferto, ma si poteva andare avanti». Ma contro il tempo che passa non si può combattere, e Giacomo II non ha un figlio a cui passare la mano.