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 2019  dicembre 08 Domenica calendario

Il Fisco e la parrucca da 300 euro dopo la chemio

Sara Recordati è una donna di 47 anni a cui nel 2016 hanno diagnosticato un tumore al seno. Un tumore molto aggressivo, al punto che lei, giornalista e scrittrice, ha investito i suoi risparmi per farsi operare privatamente (al Sacco di Milano), per non aspettare mesi. Quindi c’è stata la chemioterapia, dolorosa ma efficace al punto che oggi può dirsi guarita. E fin qui una storia, purtroppo, simile a tante. Solo che, qualche giorno fa, la giornalista ha ricevuto un accertamento dell’Agenzia delle Entrate: chiedeva di dimostrare che avesse versato veramente quei 12 mila 500 euro all’ospedale e, peggio, di motivare l’acquisto della parrucca. «Mi chiedono, oggi, il certificato CEE della parrucca e una richiesta medica che dica che ne avessi bisogno come “supporto in una condizione di grave disagio psicologico” perché ero rimasta senza capelli e non per andare a una festa di carnevale». 
Cosa ha pensato quando ha ricevuto questa richiesta? 
«Sono rimasta senza parole. Non credevo di ripiombare in quel capitolo della mia vita. Lo Stato si è insospettito delle alte spese mediche, ma ci sono state perché mi sono ammalata. Inoltre, ha dubbi su una fattura emessa da una struttura pubblica. E sorvolo sul fatto che mentre ero sotto i ferri mi è stata rubata la borsa dalla camera. Non bastasse, la storia della parrucca. Nella dichiarazione dei redditi avevo anche allegato la richiesta della mia oncologa solo che l’avevo fotocopiata male. Ma si legge che è richiesta per “alopecia”». 
Di che cifra parliamo? 
«Trecento euro, anche se una mia assicurazione ne aveva coperto in parte il costo, quindi si parla di 100 euro. Perdere i capelli è brutto: non mi riconoscevo allo specchio, non riconoscevo più neanche l’odore della mia pelle». 
Come si sente a dover dimostrare quello che le chiedono di dimostrare? 
«Davvero male. Come se avessi subito un’aggressione da parte dello Stato. In questa burocrazia c’è una violenza, una mancanza di umanità che lascia allibiti». 
Qualcuno potrebbe obiettare che sono le regole. 

«Per me è accanirsi. Mi piacerebbe incontrare chi ha scritto questo accertamento solo per chiedergli con quale priorità lo abbia fatto». 
Davvero vorrebbe farlo? 
«Sono curiosa di capire come ragiona chi manda questi accertamenti. Chi ha detto: voglio vederci chiaro. Spero tanto non sia una donna». 
È passato qualche giorno da quando ha ricevuto la comunicazione. Oggi come si sente? 
«Infuriata. La sensazione è di essere presi in giro da un apparato che non funziona e si accanisce su cose futili. Non si possono colpire le persone senza considerare che sono, appunto, persone».