Corriere della Sera, 8 dicembre 2019
La nuova passione dei cinesi per cani e gatti
Nel negozio di dvd, rigorosamente pirata, il banco della cassa è vuoto. Però si sente uno sciabordio delicato e continuo. Un’occhiata dietro la postazione ed emerge la proprietaria, che stava facendo il bagnetto al suo chihuahua. La signora è munita di shampoo, balsamo, spazzola, pettine, asciugamano morbido e cappottino da far indossare all’animaletto subito dopo l’operazione, perché a Pechino in questi giorni fa un freddo (bestiale, si potrebbe dire). Se le videocassette sono contraffatte e costano un paio d’euro l’una, i prodotti per il chihuahua sono tutti autentici, di marca straniera e provengono da un bel negozio per animali vicino all’ufficio del Corriere. Uno dei tanti che abbiamo visto fiorire nella capitale.
Perché quello degli animali domestici da compagnia è diventato un grosso business grazie ai cinesi in cerca di affetto (anche dopo l’esito socialmente devastante di trent’anni di politica del figlio unico). I cinesi di città spendono 202 miliardi di yuan all’anno (26 miliardi di euro) per cani e gatti, dall’acquisto al mantenimento, secondo uno studio del social network per appassionati Goumin.comripreso dall’agenzia Bloomberg. Un incremento del 19% rispetto al 2018. La Cina è il Paese più popoloso del mondo, è la seconda economia della Terra, sembra normale che abbia anche la più vasta popolazione di cani e gatti: 188 milioni, ha rilevato Euromonitor International. Ma i cittadini che hanno adottato un compagno peloso sono una fauna nuova ed emergente in un Paese che ai tempi di Mao li bollava come «decadenti borghesi all’inseguimento di stili di vita occidentali». Fino agli anni 80 avere un animale in casa era vietato a Pechino, ora si calcola che più di due milioni di famiglie ne abbiano almeno uno.
Le analisi di mercato prevedono che nel 2024 la Cina vanterà 248 milioni di cani e gatti casalinghi, rispetto ai 172 milioni negli Stati Uniti. La stampa comunista non si scaglia più contro «l’affettazione capitalista», ma al contrario sottolinea con soddisfazione il sorpasso sugli americani come ulteriore segno di costruzione di «una società armoniosa e in pace con la natura».
È «un nuovo stile di vita, oltre che un traino per i consumi», spiega l’agenzia Xinhua. In tempo di rallentamento dell’economia, la spesa nel settore aiuta anche a sostenere le vendite al dettaglio, ci si rassegna al fatto che la maggior parte dei prodotti per la cura degli animali è d’importazione. I cinesi vogliono il meglio, hanno il terrore della contraffazione alimentare, così multinazionali come Mars Petcare US e Nestlé Purina Petcare si sono radicate nella Repubblica popolare; le forniture viaggiano anche su Taobao, la piattaforma dell’e-commerce di alta gamma gestita da Alibaba. Si sono moltiplicate le cliniche veterinarie, almeno 300 a Pechino.
Entriamo nel negozio vicino all’ufficio: scaffali pieni di scatolette di cibi stranieri, lettini, divanetti, giocattoli, scarpe di maglia e cappottini di tutti i colori e tessuti. Più una quantità di cani e gatti infiocchettati in attesa di adozione.
Dal database di Goumin.com emerge che la metà di coloro che hanno adottato un cane o un gatto nelle città cinesi nel 2018 sono nati negli Anni 90, giovani sotto i trent’anni dunque, l’88% donne. L’identikit del padrone lo delinea come single che considera l’animale un membro della famiglia. Intervengono i sociologi a ricordare che il tasso di nascite di bambini nel 2018 è sceso al livello più basso da sessant’anni: solo 15 milioni di neonati in un Paese di 1,4 miliardi di persone. I solitari in cerca d’affetto sono un esercito di 200 milioni di anime e riversano il loro amore e le loro cure su cani e gatti.