Corriere della Sera, 8 dicembre 2019
«I russi aiuteranno Haftar a prendere Tripoli»
ROMA «Non è affatto escluso che la preparazione della conferenza internazionale di Berlino sulla Libia sia menomata dall’entrata repentina delle truppe di Khalifa Haftar a Tripoli. Sarebbe un bagno di sangue, una situazione terribile di battaglie strada per strada, con massacri e distruzioni inenarrabili nel cuore delle aree urbane. Perciò occorre fare in fretta. La via del dialogo deve imporsi subito per fermare la guerra. Conto di arrivare a Berlino già entro la prima metà di gennaio e subito dopo, magari entro tre giorni, organizzare a Ginevra una conferenza per le sole controparti libiche. Purtroppo non escludo che la guerra possa cambiare gli scenari in modo molto veloce e paralizzare i miei sforzi».
Nonostante il suo proverbiale ottimismo, questa volta Ghassan Salamé si mostra cauto. Proprio in queste ore i combattimenti si sono fatti molto intensi con diversi raid aerei sulla capitale libica. Haftar sta avanzando. «Pessimista? No, lavoro sui fatti. Non nascondo le difficoltà», dice l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, che ci riceve a latere della conferenza al Med di Roma rivelando di aver lanciato segnali d’allarme molto precisi anche nei suoi colloqui diretti con Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. «Ne abbiamo parlato più volte. Ho appena rivisto il premier e il ministro degli Esteri. Capisco bene le preoccupazioni italiane. Però lo scenario libico sta subendo mutamenti radicali, profondi. L’Italia, assieme ai Paesi dell’Europa occidentale, rischiano di rimanere periferici. Tanto che persino l’antica rivalità tra Roma e Parigi per la supremazia in Libia è diventata irrilevante. Si sono imposti nuovi attori regionali e internazionali: penso alla Russia, ma anche alla Turchia, al Ciad, all’Egitto, all’Arabia Saudita. È arcaico pensare che la Libia sia un’area d’influenza europea. Non lo è più. Anche se l’eventualità del blocco dei terminali petroliferi e dei gasdotti, oltre alla questione migranti, restino temi importantissimi per voi».
La svolta
Persino l’antica rivalità tra Roma e Parigi per la supremazia in Libia è diventata irrilevante
Sono le forze militari russe, «si chiamino mercenari o contractor poco importa», ad avere mutato gli equilibri strategici. A loro le milizie di Tripoli stanno contrapponendo i droni e le nuove armi in arrivo dalla Turchia. Un campo di battaglia simile a quello siriano di tre o quattro anni fa, dove però adesso Mosca e Ankara diventano i maggiori contendenti. «Da quando i russi si sono affiancati alle truppe di Haftar l’offensiva su Tripoli ha ripreso vigore. Negli ultimi dieci giorni la guerra si sta spostando nella cerchia urbana della capitale. Non escludo un nuovo stallo, ma neppure un’avanzata travolgente. Se dovesse proseguire in questo modo, ci saranno sempre più vittime civili, più sfollati, più sofferenze. Sono preoccupatissimo», ribadisce. Eppure, aggiunge: «Sia i russi, che gli esponenti del governo turco, assieme agli egiziani, ai sauditi e ai maggiori attori coinvolti, hanno partecipato assiduamente ai dieci incontri preparatori il meeting di Berlino. E questo è uno degli elementi che fa ben sperare. Se verranno ci si può parlare, la via delle intese per il cessate il fuoco resta aperta. Non è preclusa a nessuno, neppure ad Haftar, sebbene sia stato lui il 4 aprile scorso ad avere unilateralmente sferrato l’offensiva militare».
Salamé ha elaborato il suo piano diplomatico per fronteggiare l’emergenza dopo i fallimentari tentativi del Consiglio di Sicurezza e i suoi ripetuti appelli per un cessate il fuoco, che pure resta condizione indispensabile per avviare le trattative. Così, a differenza dei precedenti summit sulla Libia a Parigi e Palermo, quella pianificata a Berlino è una conferenza dove non partecipano i libici. È invece ideata per costruire un «ombrello internazionale» destinato a bloccare l’invio di soldati e armi stranieri in Libia. «Sino a quando la guerra sarà alimentata dall’estero non andremo da nessuna parte. Sono stato accusato da alcuni partner libici e dai russi di voler tener fuori i libici. Il mio fine è esattamente l’opposto: i libici sono troppo preziosi per essere coinvolti nelle trattative tra le parti terze. Cuore dello sforzo per riprendere l’iter della pace sarà invece Ginevra, dove intendo invitare gli esponenti della società civile libica, un poco come era il formato per la Conferenza del dialogo nazionale che stavo preparando per metà aprile, poi boicottata dall’offensiva di Haftar. Ma ora l’assemblea sarà più ristretta, non ci saranno il premier a Tripoli, Fayez Sarraj, e neppure Haftar».