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 2019  dicembre 08 Domenica calendario

Garanzie su derivati: 15 trilioni di bond nel freezer

L’obiettivo è nobile. Nobilissimo: rendere il mercato globale dei derivati, un gigante da 640mila miliardi di dollari di valore nominale, più sicuro. A questo mira una riforma varata a livello internazionale, che introduce i cosiddetti «margini iniziali»: cioè garanzie aggiuntive nella contrattazione dei derivati. Il problema è che l’effetto collaterale di questa riforma potrebbe essere peggiore del pericolo che si vuole evitare: il rischio è infatti che gli intermediari finanziari vengano costretti a mettere nel “congelatore” (a garanzia dei derivati stessi come «margine iniziale») una cifra compresa tra 9mila miliardi di dollari e 22.500 miliardi di dollari di titoli obbligazionari. Facendo una media tra due numeri molto diversi, il rischio è che 15mila miliardi di dollari di bond finiscano nel “freezer”.
Il pericolo è insomma che una montagna di bond venga bloccata, rendendo il mercato obbligazionario sempre più illiquido: per garantire i derivati, si rischia di rendere più fragile il mercato globale dei bond. Così una norma immaginata per rendere più sicuro il mercato finanziario, paradossalmente, potrebbe raggiungere il risultato opposto. Per questo il Comitato di Basilea ha rinviato l’entrata in vigore al settembre 2021, ma secondo gli addetti ai lavori il problema resta. Ne sono convinti gli avvocati dello studio legale Clifford Chance. Ecco perché questa storia, pur tecnica, va raccontata: perché rischia di trasformarsi in un boomerang.
La riforma del «margine»
L’obiettivo della riforma, nata dal G20 di Pittsburgh del 2009 e recepita in 11 giurisdizioni globali inclusa l’Unione europea, come detto è di rendere più sicuro il gigantesco mercato dei derivati. Da quando scoppiò la crisi finanziaria del 2008, nella quale i derivati hanno avuto un ruolo fondamentale, molte riforme sono state varate per rendere inoffensivi questi strumenti. E, soprattutto, per riportare i derivati alla loro vocazione iniziale di strumenti di copertura dei rischi. Sono state per esempio potenziate le Controparti centrali, da cui ormai passa una grande fetta del mercato. Sono state imposte garanzie su molti derivati: le due controparti che stipulano un derivato devono infatti dare l’una all’altra titoli o cash che compensino preventivamente eventuali perdite. Ma ora si è pensato di fare di più: di introdurre un’ulteriore garanzia. Il «margine iniziale», appunto: titoli, per un ammontare pari al 3-5% del valore nominale del derivato, che vengono parcheggiati per coprire ulteriori eventuali perdite non coperte già dalle garanzie attualmente esistenti. Un «cuscinetto» aggiuntivo, insomma.
Bene, si dirà. Il problema del margine iniziale è però il suo funzionamento. «Con le normative attuali le controparti si scambiano titoli in garanzia l’una con l’altra – spiega l’avvocato Lucio Bonavitacola, socio di Clifford Chance a capo del gruppo regolamentare per l’Italia -. Questo significa che i titoli dati in garanzia non vengono bloccati, perché entrambe le parti possono usarli per esempio per effettuare prestito titoli». Insomma: questi titoli non vengono eliminati dal mercati. O messi nel «freezer». Ma restano in circolo. «Il meccanismo del margine iniziale è invece diverso – aggiunge Riccardo Coassin, senior associate di Clifford Chance -. In questo caso una quantità di titoli viene data in pegno dalle due controparti di un derivato a un ente terzo, un custode, che non deve fare altro che tenere i titoli senza movimentarli più». Questo è il problema: «Un quantitativo potenzialmente enorme di titoli obbligazionari rischia di restare bloccato», conclude Bonavitacola.
La montagna di bond nel freezer
Quanti titoli rischiano questa sorte è difficile da dirsi. Con l’aiuto di alcuni addetti ai lavori, Il Sole 24 Ore è riuscito a fare qualche stima. Il mercato dei derivati (a giugno 2019 secondo i dati della Banca dei Regolamenti internazionali) ammonta a 640mila miliardi di dollari di valore nozionale. Di questi, l’86% (circa 550mila miliardi) è negoziato fuori da Borse regolamentate (in gergo, Otc). Di questi, oltre 300 miliardi – secondo i dati Esma – sono esenti da obblighi di clearing. Di questi 300mila miliardi, una cifra compresa tra il 50% e il 75% sarà soggetta alla normativa sul «margine iniziale». Morale: si parla di una montagna da 150-225mila miliardi di dollari di derivati potenzialmente oggetto della riforma sul «margine iniziale».
Quanti titoli vadano messi in garanzia per soddisfare i nuovi requisiti dipende da una serie di parametri. Il «margine iniziale» non è uguale per tutti i tipi di derivati. Ma, in media, si può dire che il «margine» sarà intorno al 3-5%. Ed entrambe le controparti dovranno depositare una quota di titoli in garanzia. Morale: una tale garanzia su un mercato così grosso equivale a bloccare una quantità di bond compresa tra i 9mila miliardi di dollari (se si considerano 150mila miliardi e un margine medio del 3% moltiplicato per le due controparti) e i 22.500 miliardi (se invece si prendono i numeri alti della forchetta).
Il rischio dell’illiquidità
Questo è un potenziale pericolo. Il mercato obbligazionario negli ultimi anni è infatti diventato molto illiquido per via di una serie di normative e di interventi delle banche centrali. Da un lato le riforme che hanno regolamentato le banche hanno di fatto reso molto costoso, per le grandi investment bank, effettuare attività di market maker sul mercato dei bond: se un tempo le grandi banche d’affari garantivano l’esistenza di un mercato secondario sui bond, perché loro stesse assorbivano le vendite, oggi questo non accade più. Dall’altro ormai una grande fetta del mercato obbligazionario è nei bilanci delle Banche centrali.
Tutto questo ha già reso molto illiquido il mercato obbligazionario globale. E questo è un problema: un mercato illiquido è infatti come un Cinema dove non ci sono uscite di sicurezza: se scoppia un incendio, è difficile scappare. In un mercato illiquido, se per qualunque motivo scoppia il panico, è difficile vendere bond: perché rischia di non esserci nessuno dall’altra parte a comprare. Cosa che un tempo facevano, almeno in parte, le grandi banche d’affari. In futuro con la normativa sui «margini iniziali» la situazione rischia quindi di peggiorare se una cifra compresa tra 9mila e 22.500 miliardi di dollari di bond verranno messi nel «freezer». Ecco perché il mercato è preoccupato: possibile che una normativa giusta – ci si domanda – possa fare più danni di quelli che vuole evitare?