Robinson, 7 dicembre 2019
Nella valigia di Haber
«Mi faccia esprimere due desideri, prima di affrontare Willy Loman, l’uomo che sogna e non si perdona in Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller». Di che si tratta? «Vorrei dedicare questa conversazione a Ennio Fantastichini, un amico, un uomo meraviglioso che adesso ritrovo nel bel filmLontano lontano di Gianni Di Gregorio. Poi, avendo intuito che mia figlia Celeste, una quindicenne già etica e cazzuta, ha talento scenico, la vorrei vedere alle prese con questo splendido mestiere. Per meglio garantirle il futuro, l’anno scorso ho sposato la madre, Antonella Bavaro, attrice, cui sono legato da molto affetto, anche se viviamo separati. Pensare ai figli è una costante anche di Willy Loman». Ha occhi inteneriti che luccicano, questo artista popolarissimo e settantaduenne con all’attivo 55 spettacoli ( un sodalizio con Carmelo Bene, un memorabile Orgia di Pasolini...), 140 film e vari concerti di canzoni come quello del 6 dicembre all’Auditorium di Roma. Ora l’attende un grande dramma moderno su un uomo tradito dalle illusioni, Morte di un commesso viaggiatore, regia di Leo Muscato, e Alvia Reale nel ruolo di moglie, un’impresa che partirà il 5 febbraio al Teatro Verdi di Padova, col marchio della Goldenart Production assieme agli Stabili del Veneto e di Bolzano, e tappe tra l’altro a Bologna e a Roma. «Una tragedia universale su obiettivi falliti. Sono anni che volevo fare questo testo. Da ragazzo lo lessi, e dalle battute sull’avvenire che il figlio Biff dice al fratello, ricavai un pezzo da sfoggiare nei provini, dicendolo in più modi: da omosessuale, da timido, da merda, da balbuziente, da cinico. Zurlini, cui lo proposi suonandogli al citofono a Trastevere, mi disse “Sai che hai talento?"».
Haber è un fiume di parole, è un discreto tabagista, è stato un notturno e perdente giocatore di carte, è un disordinato compulsivo, è sempre stato affetto dalla sindrome di credersi non a posto col mondo, ma ha un cuore così. «Willy Loman mi sta giusto perché è ossessivo e precario, dice che è accolto come un re e che tutti si divertono alle sue barzellette, ma poi ha la sensazione che gli altri scappino, e ha scarti d’umore in pochi minuti, s’esalta per i figli ma sbaglia con se stesso, non accoglie un invito del fratello mentre è in depressione, ha il malessere-della-vita ma lo nega alla moglie che fa finta di crederci e lo protegge mentre lui la tradisce, e dopo aver già tentato il suicidio s’ammazza per garantire ai suoi i soldi dell’assicurazione». Nevrotico, ispirato, umano, Haber parla senza sosta: «Non ne farò un personaggio simpatico, accattivante: è uno che ha sbagliato tutto, è ostico e enfatico. A me mi commuove, mi dilania, perché è onesto, e scivola sempre giù, si redime cancellandosi. Uno così mi spinge a scomode riflessioni su di me, su Haber uomo».
Insomma una creatura di Arthur Miller influenza i pensieri dell’attore che lo interpreta. «Willy Loman mi fa avvertire le inadeguatezze, le piccole infelicità di quando sono a contatto con gli altri, fuori dal lavoro. Io senza la mia professione sono esposto a una malattia strana, ho quasi paura a mostrarmi. Mi nascondo meglio attraverso i personaggi. È come se, al di là della mia esuberanza e franchezza, una mia più intima indole fatta di dolcezza e ironia fosse nascosta nei copioni, nelle scene da recitare. Do più valore a bugie e artifici sotto i riflettori, che a un mondo di bollette, incontri, realtà. Come se i veri orgasmi li avessi dal lavoro». Il rebus è: Loman interpreterà Haber o Haber interpreterà Loman? «Io ci metterò le mie delusioni, avrò una postura piegata dalle valigie dei campionari d’un commesso viaggiatore. Il logorio del dover” dimostrare” lo conosco: a Pupi Avati feci un agguato per convincerlo a darmi il bellissimo ruolo in Regalo di Natale. La musica non ho dovuto corteggiarla: la vita è musica, ogni parola è musica. Mi considero un attore prestato al canto. C’è un suono dell’anima anche in certi corti sociali: ho partecipato a Preludio di Stefania Rossella Grassi contro i femminicidi, e ho prodotto Il gioco, con Vinicio Marchioni, che denuncia gli abusi domestici ai minori. E c’è un suono pure nell’amicizia, sa?».