https://www.ilpost.it/2019/12/07/jens-stoltenberg-capo-nato, 7 dicembre 2019
L'uomo che sta provando a tenere insieme la NATO
In occasione del 70esimo anniversario della nascita della NATO, l’alleanza militare creata in Occidente dopo la Seconda guerra mondiale per contrastare l’Unione Sovietica, i leader dei paesi membri si sono trovati a Londra, nel Regno Unito, per affrontare diverse questioni. Tra le altre cose, gli incontri avrebbero dovuto riportare un po’ di pace nell’alleanza dopo i tempi difficili dovuti alle divisioni interne tra Europa e Stati Uniti, paese che con il presidente Donald Trump è diventato molto critico verso la NATO. Anziché diminuire, però, le tensioni sono aumentate: c’è stato uno scontro verbale piuttosto forte e inusuale tra Trump e il presidente francese Emmanuel Macron, ed è stato diffuso il video di una conversazione informale in cui alcuni leader della NATO, come il primo ministro canadese Justin Trudeau, prendevano in giro Trump.
Secondo diversi osservatori, tra cui i giornalisti dell’Atlantic Tom McTague e Yasmeen Serhan, negli ultimi anni di crisi la NATO è rimasta insieme soprattutto grazie agli sforzi del suo segretario generale, il norvegese Jens Stoltenberg, che ha una storia particolare e che presto diventerà il leader più longevo dell’alleanza degli ultimi 35 anni.
Stoltenberg diventò segretario generale della NATO nel 2014, dopo la scadenza del mandato del danese Anders Fogh Rasmussen. Nato da una famiglia di politici e diplomatici, Stoltenberg iniziò a fare politica molto presto, facendo opposizione alla guerra in Vietnam, e poi fu eletto leader della sezione giovanile del Partito Laburista norvegese, che si opponeva alla partecipazione della Norvegia alla NATO. Stoltenberg comunque cambiò idea una volta diventato capo del governo, prima tra il 2000 e il 2001 e poi tra il 2005 e il 2013, periodo nel quale appoggiò le campagne militari dell’alleanza sia in Afghanistan (2001) che in Libia (2011).
Negli anni di governo dimostrò inoltre grandi capacità diplomatiche a trattare con la Russia, inclinazione che gli sarebbe servita anche una volta diventato segretario generale della NATO: nel 2010 trovò per esempio un accordo con il governo russo per mettere fine a una disputa che andava avanti da decenni sui confini marittimi nel Mare di Barents.
Stoltenberg diventò segretario generale della NATO in un periodo di grande instabilità dovuta a nuove minacce, come l’imponente ascesa della Cina e l’annessione della Crimea da parte della Russia, nel 2014, che aumentò la pressione esterna sui confini orientali dell’alleanza.
Più di recente l’operazione militare turca nel nordest della Siria, compiuta contro i curdi siriani alleati della coalizione anti-ISIS guidata dagli Stati Uniti e formata da altri paesi NATO, ha provocato una profonda crisi all’interno dell’alleanza. Diversi paesi europei, tra cui la Francia, hanno accusato Trump di prendere decisioni senza consultare i suoi alleati, e in particolare di avere dato di fatto il via libera alla Turchia per l’invasione del nord della Siria contro i curdi siriani. La vicinanza tra Trump e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan aveva già fatto molto discutere dopo l’acquisto da parte della Turchia del sistema di difesa missilistico russo S-400, incompatibile con i sistemi NATO; nelle ultime settimane ha inoltre provocato nuove discussioni dopo la minaccia di Erdoğan di opporsi al piano di rafforzare le difese della NATO in Polonia e nei paesi baltici se l’alleanza non avesse deciso di includere i curdi siriani nella lista dei gruppi terroristici.
Nella confusione creata dall’emergere di nuove minacce e dal deteriorarsi dei rapporti tra paesi dell’alleanza, Stoltenberg ha dimostrato di essere una figura di grande importanza per provare a ricucire le fratture, oltre a mostrarsi molto accomodante con Trump, spingendolo ad adottare toni meno duri e ostili verso la NATO e gli alleati europei.
In particolare, Stoltenberg ha insistito sul fatto che i paesi europei della NATO avrebbero aumentato il budget riservato alle spese militari, avvicinandolo all’obiettivo del 2 per cento del PIL richiesto da Trump in diverse occasioni. La questione del budget è molto cara al presidente statunitense, che in passato aveva minacciato di far saltare uno dei punti più importanti dell’alleanza se non ci fosse stato maggiore impegno finanziario da parte di tutti: cioè il meccanismo previsto dall’articolo 5 del trattato dell’Alleanza Atlantica, quello che prevede l’intervento militare automatico in difesa di un paese membro nel caso in cui quest’ultimo subisca un attacco proveniente da uno stato esterno.
Nonostante i paesi membri si fossero accordati da tempo di limitare il mandato del segretario generale a quattro anni, con la possibilità di estenderlo di un ulteriore anno, con Stoltenberg si è fatta un’eccezione: a marzo la NATO ha deciso che Stoltenberg sarebbe rimasto in carica per altri due anni, fino al 30 settembre 2022, soprattutto per garantire continuità ed evitare il peggioramento dei rapporti tra paesi membri. Secondo due funzionari britannici citati dall’Atlantic, che hanno preferito rimanere anonimi vista la riservatezza del tema, la NATO temeva che qualsiasi cambio nella leadership dell’alleanza avrebbe potuto dare a Trump – il leader più potente dell’organizzazione – una enorme influenza sulla decisione di chi dovesse prendere il posto di Stoltenberg.