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 2019  dicembre 07 Sabato calendario

Sorpresa di Opec e Russia: tagli record di petrolio

È stato un vertice faticoso per l’Opec e i suoi alleati, ma il mercato – almeno a caldo – ha concesso all’Arabia Saudita l’«atto di fede» che il principe ministro Abdulaziz Bin Salman aveva quasi implorato prima della riunione in cui ha limato coi partner i dettagli dell’accordo. Il prezzo del petrolio ha invertito la rotta balzando di oltre il 2% (a sfiorare 65 dollari al barile nel caso del Brent) dopo l’annuncio che i tagli di produzione potranno salire fino a 2,1 milioni di barili al giorno dal 1° gennaio. Un buon viatico per l’Ipo di Aramco, che sbarcherà sul listino mercoledì prossimo con una valutazione iniziale record di 1.700 miliardi di dollari: «nel girp di qualche mese», assicura Abdulaziz, la compagnia raggiungerà il traguardo dei 2mila miliardi auspicato dalla a casa reale e la capitalizzazione prima o poi «sarà ancora più alta, potete scommetterci». 
La cautela tuttavia si impone. Perché il taglio di 2,1 mbg – che sarebbe il più alto da oltre un decennio – è a tutti gli effetti teorico: l’Opec Plus ci arriverà solo a condizione che tutti i Paesi della coalizione rispettino le quote assegnate, smettendo di barare. La storia insegna che un tale livello di disciplina dovrebbe essere considerato un’utopia. 
La riduzione massima dell’output sarà possibile grazie a un taglio supplementare di 400mila bg promesso da Riad : la «sorpresa saudita» di cui si mormorava nei giorni scorsi. «È questo il punto cardine di un accordo che avrebbe potuto rivelarsi molto meno incoraggiante per i mercati», commenta Francesco Martoccia di Citigroup. La riduzione, a titolo volontario, si aggiunge infatti al taglio extra di 500mila bg che l’intera coalizione Opec Plus ha approvato, come da anticipazioni, per il primo trimestre 2020, portando la decurtazione complessiva a 1,7 mbg dagli attuali 1,2 mbg. I sauditi tuttavia – ed è qui il nodo della questione – hanno detto chiaramente che si sacrificheranno più degli altri, restringendo la produzione a 9,7 mbg a fronte di una quota di 10,1 mbg, solo a patto che nessuno sgarri o: «Continueremo solo se tutti gli altri faranno quello che devono fare», ha scandito Abdulaziz.
Ma non basta. Il concetto è stato ribadito e rafforzato nel comunicato emesso a conclusione del vertice Opec Plus, in cui si afferma che persino il taglio obbligatorio (quello da 500mila bg) è «condizionato alla piena conformità da parte di tutti i Paesi». E se così non fosse? Liberi tutti, a cominciare dai sauditi. Il prezzo del petrolio probabilmente si schianterebbe.
L’occasione per verificare il rispetto degli impegni (oltre che i fondamentali del mercato) arriverà presto: l’Opec Plus ha messo in agenda un meeting straordinario il 5 e 6 marzo 2020, come tappa intermedia verso quello ordinario fissato il 9 e 10 giugno. 
Iraq e Nigeria – disubbidienti cronici in casa Opec, dove Iran, Venezuela e Libia restano esenti dai tagli – sono diventati sorvegliati speciali. I ministri dei due Paesi sono comparsi alla conferenza stampa finale, evento al quale non avevano mai partecipato in passato, seduti a quello che sembrava il banco dell’asino: ai lati della cattedra (virtuale) del saudita Abdulaziz e del russo Alexandr Novak. Hanno ovviamente promesso entrambi un rigoroso rispetto delle quote produttive: i nigeriani giurano anzi di essersi già allineati,mentre gli iracheni hanno promesso che lo faranno «entro la fine di dicembre». La colpa degli sforamenti passati sarebbe stata del Kurdistan, ma ora ci sarebbe un accordo secondo cui la regione autonoma consegnerà 250mila bg di greggio a Baghdad e terrà altrettanto per sè, facilitando il controllo dei flussi. Peccato che il premier iracheno Adel Abdel Mahdi si sia appena dimesso, mentre il Paese è scosso da violenze che hanno già fatto oltre 400 morti. 
Anche la Russia non ha quasi mai effettuato per intero i tagli di produzione promessi agli alleati dell’Opec. Ma la sua influenza all’interno della coalizione è cresciuta al punto da sembrare ormai un’egemonia. Mosca ha vinto facilmente la battaglia sui condensati: parenti stretti del greggio, ma non propriamente greggio, che d’ora in poi (come del resto avviene da sempre per i Paesi Opec) non saranno più conteggiati per nessuno nella quota produttiva. OilX stima che per l’intero gruppo dei non Opec si tratti di 1,4 mbg, pari all’8% dell’output.
Novak si è sottratto alla richiesta di maggiori chiarimenti sul tema. Interpellato dal Sole 24 Ore il ministro algerino Mohamed Arkab, dal prossimo anno presidente di turno dell’Opec, ha assicurato che i tagli produttivi da parte degli alleati «non diminuiscono». Ciò che cambia è che «d’ora in poi saranno applicati solo al greggio, escludendo i condensati». «Abbiamo previsto del tempo per organizzarci – ha aggiunto Arkab – Calcoleremo la produzione di condensati di ciascuno nello stesso modo e servendoci delle stesse fonti secondarie che utilizziamo per l’Opec. Conosciamo bene la questione perché anche l’Algeria, che estrae gas, produce molti condensati. Ma l’Opec non l’ha mai considerato un problema e la richiesta dei russi è stata accettata facilmente».