la Repubblica, 7 dicembre 2019
La Camera restituisce i vitalizi a 40 ex deputati
Ancora poche settimane e gli oltre 2000 ex parlamentari che hanno fatto ricorso contro le delibere degli Uffici di presidenza di Camera e Senato, che dallo scorso 1 gennaio hanno tagliato retroattivamente i loro vitalizi, sapranno se le “pensioni” saranno ripristinate per intero o meno.
Ma 40 di loro alla Camera si sono già visti dare ragione, in via cautelare, in nome «del diritto al mantenimento, all’assistenza, e a un’esistenza libera e dignitosa». Anziani non più autosufficienti o vedove affette da Alzheimer, che senza il sostegno di una persona non avrebbero saputo più come fare. La delibera voluta dal presidente Roberto Fico, e approvata il 12 luglio 2018 a Montecitorio, espressamente lo prevedeva: se si era in grado di dimostrare valide ragioni sull’effettivo stato di bisogno, o sullo stato di salute, il Consiglio di giurisdizione della Camera (un collegio di tre deputati, presidente è il pd Alberto Losacco, 49 anni, avvocato di Bari), avrebbe potuto sospendere il taglio. E così stato.
Molti dei ricorrenti sono state meteore nel Parlamento, figure transitate per le Camere in anni remoti, lontano dai riflettori della grande politica. «Tanti hanno più di 90 anni ormai», racconta l’avvocato Maurizio Paniz, che ne assiste complessivamente un migliaio. «Io di ricorsi cautelari ne avevo fatti due», spiega l’avvocato Felice Besostri. «Uno, per l’ex sindaco di Como, Renzo Pigni, che nel frattempo è deceduto. E l’altro per la moglie dell’ex deputato Pci Carlo Olmini, morto nel 1974: Ursula Soergel, 83 anni, non è più autosufficiente da tempo. Il collegio le ha dato ragione».
E ci sono stati casi irrisolvibili, come quello di un ex parlamentare 95 enne, che pagava la badante in nero, e che quindi non è stato in grado di dimostrare la sua spesa: non ha potuto opporsi al taglio e la badante si è cercata un altro lavoro. Ora di lui, senza una famiglia, si occupa la Caritas.
Come saranno i verdetti di Camera (1400 ricorsi) e Senato (772, qui la Commissione contenziosa chiamata a giudicare le cause è presieduta da Giacomo Caliendo, Forza Italia), che arriveranno alla ripresa di gennaio? I giudici interni potranno accogliere il ricorso, respingerlo in toto, o parzialmente. L’appello poi andrà in scena davanti a un altro collegio di parlamentari. L’ultima parola spetterà alla Cassazione.
Le doglianze dei ricorrenti vertono in primis sull’entità della cifra decurtata, in molti casi il taglio è stato dell’85 per cento. Un intervento draconiano, ritenuto non equo. La Consulta ha stabilito che il taglio delle pensioni deve essere «limitato nel tempo», e qui non lo è sostengono gli avvocati, e che le somme risparmiate – 40 milioni di euro solo alla Camera – devono essere messe a disposizione «per un fine preciso». Ad esempio, per forme di welfare o sostentamento. Ma qui, argomentano i legali, sono finiti per il momento in un fondo della Camera, che servirà per pagare eventuali contenziosi legali. A quasi un anno di distanza dall’entrata in vigore, l’avvocato Besostri parla di «massacro sociale» Ma resta ottimista: «È più dif ficile dare torto ai ricorrenti, che dare ragione a chi aveva tagliato».
Non tutti i casi sono uguali. La riforma ricalcola i vitalizi con metodo contributivo. L’ex premier Ciriaco De Mita, continua a prendere 5900 euro netti, perché ha versato, nella sua permanenza in Parlamento dal 1963 al 1994, contributi a sufficienza; la delibera fissa comunque un tetto oltre il quale non si può percepire. Nella stessa situazione sono, tra gli altri, anche Franco Bassanini, Nicola Mancino, Clemente Mastella, Beppe Pisanu, Emanuele Macaluso. Per Luciana Castellina, figura storica della sinistra, la sforbiciata è stata del 68 per cento, per via dei pochi anni trascorsi in Parlamento.
Il taglio dei vitalizi è stata la battaglia del M5S. Luigi Di Maio consigliò agli ex di non fare ricorso, perché «ciò farà bene alla salute».