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 2019  dicembre 06 Venerdì calendario

Intervista a Milly Carlucci

È fedele al suo garbo, Milly Carlucci. «Non mi sforzo di essere in un certo modo, è inevitabile: non so indossare dei panni che non mi appartengono. E faccio una tv che mi somiglia», spiega.
La sua è una presenza rassicurante.
«Eppure ho sempre cercato di sperimentare: mi butto, rischio. Succederà anche con il mio nuovo programma, Il cantante mascherato (al via il 10 gennaio, ndr). Rai1 ha bisogno del successo immediato e, in generale, è complicato lanciarsi su strade non viste».
I debutti le fanno paura?
«Eccome. Questo show deve essere già dal colpo d’occhio grandioso e non siamo in un’epoca in cui scorrono fiumi di denaro. Non si punta sulle emozioni “di cuore” ma sul grande intrattenimento».
Come le è venuta l’idea?
«Il format è stato il caso dell’anno nel mondo. È sconcertante la novità dell’esibizione di cantanti noti ma camuffati: sul palco vedi un leone, un barboncino o un coniglio... In ogni puntata verrà svelata una identità».
Come giudica la tv di oggi?
«Matura: c’è di tutto. Servono prodotti che diano un brivido. Rai1 è l’amico educato che si presenta a casa tua».
Manca la trasgressione?
«In tv è spesso confusa con la non educazione. Per me è rompere schemi consolidati. Ma se è far scandalo con qualcosa di così brutto che fa saltare sulla sedia, resto distante. L’urlo e la maleducazione non stupiscono più. La gente ormai riconosce il teatrino».
Negli anni, per via di alcuni concorrenti, anche a «Ballando» sono arrivate critiche...
«Ho scelto dei concorrenti perché si parlasse di certi temi: l’unanimità di consensi non l’ha nessuno. Sto girando l’Italia con Ballando on the road (ultima tappa il 15 dicembre all’Auditorium Parco della Musica. L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e la Fondazione Musica per Roma sono partner del tour). Torneremo in tv a marzo. Non cerchiamo strade comode, ma le variabili sono tante: serve anche una buona stella».
Con lei ha funzionato, no?
«Sono partita in un’epoca in cui le donne facevano le vallette o le soubrette. Ora ci sono produttrici, conduttrici, autrici. Non ci abbiamo messo un’infinità, dopotutto».
Può dirsi «brava»?
«No, perché vedo sempre quello che ancora c’è da fare per essere autonome. Ma ci siamo incamminate bene».
Spesso le donne vengono descritte per antagonismi: prenda lei e De Filippi...
«Quello è folclore. L’Italia vive di Guelfi e Ghibellini, di Coppi e Bartali. Il derby del sabato sera, tutto sommato, ha illuminato entrambe le reti».
Di recente c’è stata la diffida per «Amici Celebrities» che copia «Ballando»...
«È stata una cosa equivocata. Mediaset aveva fatto un accordo – evitando milioni di danni – in cui si impegnava a non usare più gli elementi di Ballando. Uno di quelli costitutivi è un maestro che insegna a ballare a un famoso. Se firmi una documento, un senso c’è. Non è polemica, è rispetto delle cose scritte. E riguarda Mediaset, non Maria».
Quasi mai si fa il suo nome per Sanremo: le spiace?
«No: a cavallo di Sanremo io lavoro intensamente su Ballando e non voglio buttare alle ortiche questo impegno... non mi è mai passato per l’anticamera del cervello di propormi. Sanremo è una meravigliosa occasione di creatività, ma anche un immenso lavoro che si brucia in una settimana: preferisco ancora le mie dieci puntate, mi consentono un dialogo più approfondito con il pubblico».
Un commento sulle sue colleghe?
«Maria riassume i ruoli di cui parlavamo, ha fatto molto per la causa femminile. Clerici, Venier, Ventura sono persone di cuore, amiche».
Barbara d’Urso?
«Ha un suo stile con cui devi fare i conti. Chiaramente punta sull’essere divisiva, ma è pop e fa bene quello che fa».
La sua è stata una carriera sempre felice?
«I momenti no ci sono stati: una carriera non può essere di tutti 110 e lode. Ma se sei onesto poi il pubblico ti vuole bene... e ti accoglie di nuovo».