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 2019  dicembre 06 Venerdì calendario

Sardina Mattia, attento alla tv

Non è facile per nessuno e capisco che neppure Mattia sia riuscito a resistere allo spirito di patata di Un giorno da pecora. Egregiamente provocato dalla coppia malandrina Geppi Cucciari e Giorgio Lauro, ha per esempio trasformato la propria fidanzata in un quiz sul suo nome palindromo: Ada, Anna, Ava oppure… Otto? Anche quando l’ho sentito e visto compiacersi di attirare «soprattutto le over cinquanta» ho pensato che un bel ragazzo ha diritto all’ironia e che, magari, forse, chissà, può anche permettersi di dire: «Vabbé, me le scrollo di dosso».
E però Mattia Santori ha pure mangiato in diretta un piatto di sardine al limone, e passi anche questa banalità della sardina che si nutre di sardine. Ma poi mi è venuto in mente Gian Maria Volonté e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (chissà se Mattia l’ha visto) quando ha confessato il vizietto di passare col rosso con il motorino, sardina al di sopra di ogni sospetto. E va bene che tutti noi adoriamo almeno un po’ le bricconate, ma le sardine sono il contrario dell’Italia che passa col rosso, che è la stessa che salta le code e parcheggia in seconda fila. Le sardine sono uno stile, una voglia di misura, di un senno, la necessità di una regola d’eleganza in un Paese che ha elevato a pedagogia il fregare il prossimo.
L’Italia dei “meglio furbi che virtuosi” è quella della prepotenza e non della solidarietà. Insomma non è l’Italia delle sardine. Ho conosciuto Mattia Santori e garantisco che è migliore della tv che frequenta e che ovviamente mira al Sottosopra in nome dell’audience, e dunque “stracambia” Maradona in Freccero e Oliviero Toscani in Alba Parietti, e trita alla stessa maniera Cacciari e Celentano:  l’indifferenziato televisivo. Ecco, Mattia non si perde una trasmissione, da Piazza Pulita a Floris, da Daria Bignardi a Lilly Gruber…, sta sempre lì a fare il marziano.
Dico la verità: mi capita, quando lo vedo, di imbarazzarmi per lui. Anche perché sono sicuro che le altre tre sardine – Andrea Garreffa che è la testa, Roberto Morotti che è la coscienza, e Giulia Trappoloni che è il cuore – sanno bene che il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso e che il marziano, a furia di essere intervistato, finì ubriaco in via Veneto dietro ai paparazzi che non gli andavano più dietro.
Mattia una volta rivela che lo chiamano Bambaz, un’altra dice d’essere iperattivo mentalmente, e intanto si tira su i capelli e consuma se stesso e la sua estraneità. Così rischia di diventare il Pisanello-Benigni di Woody Allen “il signor qualsiasi a Roma”, famoso solo perché era venuto il suo momento di diventare famoso. E bisogna strizzare gli occhi per non vedere l’essenziale: le sardine che sono acefale e vogliono restare senza capo, le sardine che sono il contrario dei signori qualunque della tv, rischiano di trasformare la bella faccia di Mattia, che giustamente hanno scelto a rappresentare tutte le loro belle facce pulite, in quella dell’ultimo allampanato dal successo. Il suo volto ingenuo e allegro si sta estenuando nel farsi ordinario, famoso perché non ci sarà niente di lui che si farà ricordare e perché la troppa televisione cambia i connotati di tutti, anche delle sardine.
Ecco, sicuramente Mattia ha letto Great Expectations di Dickens, che i ragazzi inglesi studiano a scuola più o meno come noi studiamo I promessi sposi. Dunque sa che fu la vanità a bruciare Le grandi speranze e a perdere Pip, il bello, generoso e inizialmente superfortunato protagonista, palindromo.