ItaliaOggi, 6 dicembre 2019
I dati dell’Ocse su dieci anni di progressi contro l’evasione tributaria mondiale
In dieci anni di lotta all’evasione fiscale nei paradisi fiscali, il forum fiscale, gruppo di lavoro sulla trasparenza e lo scambio automatico di informazioni a fini fiscali, ha riportato oltre cento miliardi di euro di tasse, interessi e sanzioni nelle casse degli stati. Il forum fiscale è un gruppo di lavoro mobile, pragmatico, capace di lavorare e di muoversi velocemente intorno all’obiettivo comune di superare il segreto bancario che ha incoraggiato la frode fiscale e il riciclaggio dei profitti di attività criminali come il traffico di droga, di armi e della corruzione, come ha riportato Le Monde.Tutto è iniziato dieci anni fa, dalla crisi finanziaria globale del 2008. Fu allora che gli stati del G20 (i venti paesi più ricchi del mondo) più l’Unione europea (rappresentano l’80% dell’economia mondiale) sono stati costretti, a causa del loro indebitamento, a recuperare le imposte mancanti nei propri bilanci mettendo in atto dei meccanismi per rinvenire i fondi sottratti, spesso depositati nei cosiddetti paradisi fiscali. Che oggi non lo sono più. La crisi li ha trasformati in un inferno, il luogo e il simbolo di tutte le deregolamentazioni: l’opacità derivante dal segreto; le disuguaglianze fiscali e l’incredibile concentrazione di ricchezze, o, in negativo, l’evaporazione delle entrate fiscali per il resto del mondo, secondo quanto ha riportato Le Monde.
Il momento era propizio dal momento che tutti avevano interesse, dai capi di Stato, spinti a ripristinare la giustizia fiscale, ai paradisi fiscali sottoposti alla pressione politica del G20.
Dieci anni di lotta globale all’evasione fiscale, sullo sfondo di scandali a ripetizione, ha dato più risultati che nei precedenti cinquanta.
Grazie alle nuove norme di trasparenza e di scambio di informazioni finanziarie fra i paesi, il forum fiscale è riuscito a far cadere il segreto bancario (sui conti) e il segreto fiduciario (trasferimento temporaneo di proprietà attraverso i trust). È riuscito anche a imporre lo scambio automatico di informazioni, la migliore arma antifrode, a più di cento paesi.
Il 34% dei depositi bancari offshore sono stati chiusi in questi dieci anni di lotta all’evasione grazie allo scambio di informazioni, cosa che rappresenta 489 milioni di euro, l’equivalente del pil del Belgio. Come inizio è piuttosto soddisfacente, secondo quanto ha riportato Le Monde.
Il ruolo della stampa è stato cruciale nella lotta contro le frodi e l’evasione fiscale. All’inizio del 2010 l’opinione pubblica non aveva ancora un’idea precisa dell’ampiezza del fenomeno dei paradisi fiscali. È stato grazie alle investigazioni a lungo termine e alla massa di dati trasmessi ai giornalisti, passando dai «Paradise Papers» del 2013, ai «Panama Papers» nel 2016, che i media sono riusciti a creare un’ondata di choc rivelando l’esistenza di una vera industria dell’occultamento di soldi e averi nei paradisi offshore.
Gli stati, sotto la pressione dell’opinione pubblica, hanno trasformato in legge gli standard dell’Ocse. Le liste nere dei paradisi fiscali sono state ripristinate. E le inchieste dei giornalisti riportano anche molto denaro alle finanze pubbliche. La Francia, per esempio, ha recuperato 372 milioni di euro di tasse e di sanzioni in sei anni grazie alla parte francese degli investigatori dell’Icij, il corsorzio americano di investigazione. Ma i progressi raggiunti non sono che l’inizio, ha scritto Le Monde.
Certi paesi come Dubai continuano a essere considerati come delle piattaforme girevoli del riciclaggio. Falle e lacune persistono nelle leggi e l’Ocse dovrà mantenere la pressione sugli stati.
La prossima tappa sarà determinante: l’istituzione di registri pubblici affidabili dei beneficiari delle società offshore e dei trust. Uno strumento in più per eliminare truffatori e criminali.