Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  dicembre 05 Giovedì calendario

LO STERCO DEL DIAVOLO SOTTO IL CUPOLONE - 40 ANNI DI SCANDALI FINANZIARI IN VATICANO: DA MARCINKUS E IL CRAC DEL BANDO AMBROSIANO ALL’ACQUISTO DEL PALAZZO DI LONDRA - FONDI NERI, MISTERI, OPERAZIONI SOSPETTE, SILURAMENTI AI VERTICI DEGLI ISTITUTI CHE GESTISCONO LE RICCHEZZE DI SAN PIETRO - L’ARCHIVIO DARDOZZI, VATILEAKS, IL CASO CALOIA, L’ATTICO DI BERTONE E… -

IL CRACK AMBROSIANO E IL CASO MARCINKUS - 1982 È il primo grande scandalo dei tempi moderni per il Vaticano. E porta il nome di un protagonista, assoluto: Monsignor Paul Marcinkus, soprannominato il «banchiere di Dio», americano, amante del sigaro e dei liquori, che fu presidente dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior) dal 1971 al 1989. Proprio nel 1982 Marcinkus fu accusato di aver avuto un ruolo centrale nella vicenda del crack del Banco ambrosiano e della misteriosa morte di Roberto Calvi, il banchiere che aveva guidato l’istituto di credito legato alla finanza cattolica fino ad allora, trovato impiccato a Londra sotto il ponte dei Frati Neri.

Sempre nel 1982 venne istituita anche la Commission mista Italia-Vaticano per l’accertamento della verità su quel crac e sul coinvolgimento dello Ior di Marcinkus. Cinque anni dopo, nel 1987, i magistrati italiani spiccarono nei suoi confronti, e in quelli di due suoi collaboratori, un mandato di cattura internazionale per concorso in bancarotta fraudolenta.

Ma a quel punto Marcinkus, che godeva dell’immunità vaticana, se l’era già svignata e non pagò mai nulla. Il suo nome fu associato anche ad un ipotetico coinvolgimento nella morte di Giovanni Paolo I e nella scomparsa di Emanuela Orlandi, come alla Banda della Magliana e al suicidio Calvi. Morì a 84 anni a Phoenix .

VATICANO SPA E L’ARCHIVIO DARDOZZI «Sembrava una storia conclusa con gli scandali degli anni Ottanta. Con Marcinkus, Sindona e Calvi. Invece tutto ritorna. Dopo la fuoriuscita di Marcinkus dalla Banca del Papa, parte un nuovo e sofisticatissimo sistema di conti cifrati nei quali transitano centinaia di miliardi di lire. L’artefice è monsignor Donato de Bonis. Conti intestati a banchieri, imprenditori, immobiliaristi, politici tuttora di primo piano, compreso Omissis, nome in codice che sta per Giulio Andreotti.

I soldi di Tangentopoli (la maxitangente Enimont) sono passati dalla Banca vaticana: titoli di Stato scambiati per riciclare denaro sporco. Depositi che raccolgono i soldi lasciati dai fedeli per le Sante messe trasferiti in conti personali, con le più abili alchimie finanziarie». È lo scandalo narrato da Vaticano Spa (Chiarelettere), la prima opera del giornalista Gianluigi Nuzzi uscita nel maggio del 2009 (papa Ratzinger regnante), che si basa sull’archivio segreto di monsignor Renato Dardozzi (1922-2003), tra le figure più importanti nella gestione dello Ior fino alla fine degli anni Novanta.

L’effetto della pubblicazione è un terremoto. «Lo Ior — scrisse Nuzzi — ha funzionato come una banca nella banca. Una vera e propria “lavanderia” nel centro di Roma, utilizzata anche dalla mafia e per spregiudicate avventure politiche. Un paradiso fiscale che non risponde ad alcuna legislazione diversa da quella dello Stato del Vaticano. Tutto in nome di Dio».

VATILEAKS 1 - 2012 Nei primi mesi del 2012 una gigantesca fuga di documenti riservati del Vaticano fece scoppiare il primo cosiddetto «Vatileaks»: oggetto dello scandalo la scoperta dell’esistenza di profonde divisioni e contrasti interni sugli indirizzi di governo del Vaticano (le incomprensioni tra Cl e la Diocesi di Milano, le mosse dell’inviato segreto di Bertone per conquistare l’Istituto Toniolo, cassaforte dell’Università Cattolica, la ragnatela della diplomazia per ricomporre lo scisma con i lefevbriani) e sulla gestione della sua banca, lo IOR (spuntò anche il conto corrente del Santo Padre, il n. 39887, aperto il 10 ottobre 2007); ma soprattutto le irregolarità nella gestione finanziaria dello Stato e nell’applicazione delle normative antiriciclaggio. È il giornalista Gianluigi Nuzzi, ancora una volta, a fare lo scoop, raccogliendo il materiale nel suo libro Sua Santità (Chiarelettere). Le conseguenze furono pesanti.

Il Papa decise di istituire una Commissione cardinalizia d’inchiesta, composta dai cardinali Julián Herranz Casado, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi, per far luce sulla vicenda e individuare i colpevoli. Per la fuga di notizie il tribunale vaticano condannò a 3 anni di carcere, poi ridotti a 18 mesi per le attenuanti, Paolo Gabriele, 46 anni, ex aiutante di camera di Papa Benedetto XVI. Ma l’eco dello scandalo fu enorme. Si pensi solo che nel marzo 2012 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti aggiunse per la prima volta il Vaticano alla lista di Paesi monitorati perché potenzialmente suscettibili di essere luoghi di riciclaggio del denaro.

IL CASO CALOIA: I 29 IMMOBILI E IL PECULATO - 2014 Nel 2014 l’ex presidente dello Ior Angelo Caloia e l’ex direttore generale Lello Scaletti finiscono sotto inchiesta in Vaticano da Parte del Promotore di Giustizia, Gian Piero Milano, per peculato in relazione ad operazioni immobiliari avvenute nel periodo 2001-2008: si tratta della cessione di 29 immobili che erano posseduti dallo Ior a Roma e a Milano. Il processo a Caloia, in carica dal 1990 al 2009, si apre nel maggio 2018 in Vaticano. Insieme a Caloia, 79 anni, è imputato anche l’avvocato Gabriele Liuzzo, 95 anni: entrambi sono accusati di peculato e autoriciclaggio in relazione a dismissioni immobiliari fatte dell’Istituto tra il 2001 e il 2008, con un danno per lo Ior di 57 milioni di euro.

A Caloia, nel 2009, successe alla presidenza dello Ior Ettore Gotti Tedeschi. Banchiere ed economista, avviò importanti riforme per la trasparenza, ma nel settembre 2010 rimase però coinvolto in un’indagine della Procura di Roma per una presunta violazione delle norme antiriciclaggio. Il Consiglio di sovrintendenza dello Ior lo rimosse dalla carica di presidente. Nel 2014 però il Gip del Tribunale di Roma ha archiviato l’inchiesta, escludendo ogni responsabilità di Gotti Tedeschi.

VATILEAKS 2 E L’ATTICO DI BERTONE - 2015 Il secondo scandalo «Vatileaks» scoppiò nei primi di novembre 2015. Vennero arrestati i «corvi» monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda, spagnolo, e Francesca Immacolata Chaouqui, di origini marocchine, già componente della Commissione referente sulle attività economiche della Santa Sede (il COSEA), poi rilasciata, in quanto disponibile a collaborare. L’accusa era di sottrazione di informazioni riservate dello Stato della Città del Vaticano: le informazioni sarebbero state passate ai giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, che le pubblicarono nei loro libri (Via Crucis e Avarizia).

Tra i casi raccontati, emerse soprattutto quello che riguardava l’attico dell’ex Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, una dimora da 390 metri quadri in pieno centro a Roma che avrebbe beneficiato di 442mila euro di lavori finanziati dall’Ospedale Bambino Gesù. Per quel caso si aprì poi un processo che portò alla condanna ad un anno con pena sospesa del professor Giuseppe Profiti, ex presidente del Bambin Gesù. Assoluzione con formula piena invece per Massimo Spina, ex tesoriere del Bambino Gesù, per non aver commesso il fatto.

CALCAGNO E L’INCHIESTA DI SAVONA - NEL 2014 L’INCHIESTA, POI L’ADDIO ALLA COMMISSIONE IOR Il cardinale Domenico Calcagno venne indagato nel 2016 dalla Procura di Savona per malversazione in relazione alle operazioni immobiliari condotte dall’Istituto per il sostentamento del clero savonese, attraverso il quale la Curia conduceva la sua politica economica.

Nel 2007 Calcagno aveva lasciato Savona chiamato a Roma dove nel 2011 era stato nominato prima segretario quindi presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica; mentre nel 2013 era entrato nella commissione vigilanza dello Ior insieme con il cardinale Bertone. A sorpresa papa Francesco lo fece decadere un anno dopo, nel 2014. Insieme con il cardinale Angelo Bagnasco (con il quale ha condiviso gli studi in seminario) e con l’ex segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone rappresentava la terna dei «liguri» nella mappa del potere vaticano prima di papa Francesco.

CIPRIANI-SCARANO E I MILIONI DALLA SVIZZERA - LUGLIO 2013 Nel febbraio 2018 L’ex direttore generale dello Ior, Paolo Cipriani, e l’allora suo vice Massimo Tulli vengono condannati in prima istanza in sede civile dal tribunale vaticano per danni pari a circa 47 milioni di euro per «mala gestione» dell’Istituto Opere di Religione. Cipriani e Tulli, come racconta Marco Politi nel suo La solitudine di Francesco.

Un papa profetico, una Chiesa in tempesta (Laterza), «erano stati licenziati in tronco dallo Ior nel luglio 2013, quando era scoppiato lo scandalo di un funzionario dell’Apsa: monsignor Nunzio Scarano, processato in Italia per usura e riciclaggio. In accordo con un broker finanziario, Scarano aveva tentato di trasferire in Italia illegalmente 20 milioni di euro dalla Svizzera».

I LICENZIAMENTI MILONE E MATTIETTI - 2017 «Risulta purtroppo che l’Ufficio diretto dal Dott. Milone, esulando dalle sue competenze, ha incaricato illegalmente una Società esterna per svolgere attività investigative sulla vita privata di esponenti della Santa Sede. Questo, oltre a costituire un reato, ha irrimediabilmente incrinato la fiducia riposta nel Dott.Milone, il quale, messo davanti alle sue responsabilità, ha accettato liberamente di rassegnare le dimissioni». È il settembre 2017 e con questa nota il Vaticano spiegò le dimissioni a sorpresa del Revisore Generale dei conti della Santa Sede, Libero Milone.

Ma c’era anche altro, secondo il Vaticano: si parò di «una distrazione di fondi», dunque un «peculato, come pubblico ufficiale» e si attribuivano «conti per indagini ambientali, per 28 mila euro, per ripulire gli uffici da eventuali microspie». Milone replicò alle accuse con un’intervista al Corriere della Sera: «Parlo solo ora perché volevo vedere cosa sarebbe successo dopo le mie dimissioni del 19 giugno.

In questi tre mesi dal Vaticano sono filtrate notizie offensive per la mia reputazione e la mia professionalità. Non potevo più permettere che un piccolo gruppo di potere esponesse la mia persona per i suoi loschi giochi. Mi spiace molto per il Papa. Con lui ho avuto un rapporto splendido, indescrivibile, ma nell’ultimo anno e mezzo mi hanno impedito di vederlo. Evidentemente non volevano che gli riferissi alcune cose che avevo visto. Volevo fare del bene alla Chiesa, riformarla come mi era stato chiesto. Non me l’hanno consentito…». A novembre dello stesso anno, improvvisamente, il Vaticano silura anche Giulio Mattietti, direttore generale aggiunto dello Ior, che viene addirittura accompagnato alla porta da una scorta. Mattietti era stato nominato nel novembre 2015, dopo una carriere iniziata all’interno dello Ior.

IL PALAZZO DI LONDRA E LE DIMISSIONI DI GIANI - OTTOBRE 2019 Indagini, documenti e pc sequestrati pure in Segreteria di Stato, sospetti di operazioni finanziarie e immobiliari illecite o almeno imbarazzanti, due alti dirigenti e tre impiegati «sospesi cautelativamente dal servizio» e tra questi Tommaso di Ruzza, direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria (Aif) che dovrebbe vigilare su trasparenza e antiriciclaggio.

Il scoppia i primi giorni di ottobre 2019 con il blitz della Gendarmeria vaticana e presto assume i contorni di una valanga: si viene a sapere che il Vaticano aveva investito 200 milioni di euro per acquisire un palazzo di lusso a Londra (a Sloan Square).

L’operazione era stata progettata già a partire dal 2014 quando l’allora Sostituto della Segreteria di Stato, Angelo Becciu, decise di sottoscrivere quote per 200 milioni di dollari del fondo Athena di Raffaele Mincione. Il finanziere aveva utilizzato gran parte dei fondi, provenienti dall’Obolo di San Pietro, per far rilevare il 45% del palazzo. Ruzza viene rimosso. Ma non solo: per la «disposizione di servizio» alle guardie svizzere con la foto dei cinque «ricercati», finita sui giornali, anche lo storico comandante della Gendarmeria, Domenico Giani è costretto a dimettersi.