Corriere della Sera, 5 dicembre 2019
La geopolitica decisa nei porti
Ci sono anche una geopolitica e una geoeconomia dei porti a mostrare il significato e la portata delle tariffe imposte da Donald Trump alla Cina di Xi Jinping. L’Unctad – l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di commercio e sviluppo – ha elaborato un Indice della Connettività degli scali marittimi, cioè il loro grado di connessione ad altri porti del mondo per quel che riguarda lo scambio di merci. L’efficienza e la buona connessione permettono a un porto scambi diretti e frequenti, con la conseguente minimizzazione dei costi di trasporto: un importante fattore di competitività per un Paese. Bene: il porto al primo posto nell’Indice è Shanghai, con un punteggio di 134 (fatto cento il porto meglio connesso nel 2006, che era Hong Kong). Seguito dagli scali di Singapore (124,63 punti), Pusan in Corea del Sud (114,45), Ningbo in Cina (114,35). Due porti europei sono nelle prime dieci posizioni: quello belga di Anversa, con 94 punti, e quello olandese di Rotterdam, a 93 . Estremamente interessante notare che nelle prime venti posizioni, cioè l’élite dei porti mondiali, non ci sono scali di Africa, Australia, America Latina e America del Nord: la grande movimentazione di merci ruota attorno all’Asia ed è forte verso Europa e Medio Oriente. A riprova è il fatto che tra il 2016 e il 2018 tre Paesi hanno costruito più del 90% delle nuove navi mercantili: la Cina ( 36,5%), la Corea ( 32,6%), il Giappone ( 21,6%). Al resto del mondo hanno lasciato il 9,3% della flotta da costruire (calcoli in termini di tonnellaggio). La Cina, chiaramente il Paese più attivo nel settore, sembra avere abbandonato l’attività di demolizione delle navi per concentrarsi sulla costruzione, più redditizia e sofisticata: era leader nel settore dello scrapping ma tra il 2017 e il 2018 la sua quota di mercato nel settore è crollata dell’ 87%; al primo posto è salito il Bangladesh ( 46%delle demolizioni), seguito da India ( 25%) e Pakistan ( 21%). La flotta mercantile mondiale consiste, alla data di quest’anno, di 96 mila navi con una capacità totale di trasporto di due miliardi di tonnellate. Di tutti gli scambi mondiali, quasi il 50% ha origine o fine in Asia, con una netta prevalenza dei porti cinesi. È questa egemonia nei traffici commerciali, evidenziata dalle rotte del naviglio mercantile, che i dazi di Trump vorrebbero colpire.