Corriere della Sera, 5 dicembre 2019
La serenata di Giovanni Veronesi per Francesco Nuti
«Ci pensavo da tempo, aspettavo solo l’occasione giusta per farlo». Per Giovanni Veronesi, l’occasione giusta per ricordare a tutti il bene che vuole a Francesco Nuti è arrivata l’altra sera. Durante il suo programma, Maledetti amici miei, in onda su Rai2, il regista è andato nel giardino della clinica dove è ricoverato il suo amico. E, sotto quell’unica finestra illuminata, accompagnato dal fratello di Nuti, Giovanni, e dalla figlia – ormai una bellissima giovane donna —, Ginevra, gli ha cantato Pupp’a pera, canzone con cui proprio lui divertiva il suo pubblico.
Ha detto che voi due sarete amici per sempre.
«Lui per me è più di un amico, è un fratello. Mi ha insegnato tutto, mi ha accudito quando ero un ragazzo, mi ha preso con sé quando sono andato a stare nel suo residence a Roma. Mi ha voluto bene con una generosità incredibile. E quando una persona, che non è nemmeno tuo parente, si comporta così, la gratitudine non è mai abbastanza».
Perché lo aveva fatto?
«Evidentemente gli stavo simpatico. Ha otto anni più di me, magari si rivedeva quando era più ragazzo... di fatto mi aveva adottato. Lui a me piaceva molto. Oltre che regista, è stato uno degli attori più bravi: veramente superlativo, aveva tempi comici suoi».
Ma il vostro sodalizio artistico è stato causa o effetto del legame che vi univa?
«Quando c’è il bene vero, profondo, tutto il resto non conta. Non conta se hai lavorato, se hai scritto tanti film assieme... non era un sodalizio, la nostra è stata una specie di avventura vissuta fianco a fianco, piena di sentimento. Ci siamo voluti davvero bene, per questo mi andava di fare questa cosa. E ho rischiato».
Come mai «rischiato»?
«Perché lo so che si rischia di andare sul patetico, ma me ne sono fregato. Volevo fargli un omaggio vero, anche per tutta quella gente che mi scrive, mi chiede di Francesco. Ha ancora tanti fan. Volevo omaggiarlo non solo per me ma anche per le tante persone che gli vogliono bene».
Con lei ha voluto sua figlia e suo fratello. Perché?
«Sono le due persone che gli sono più vicine. Io poi Ginevra non risco a guardarla troppo negli occhi perché è uguale al padre, proprio identica: mi viene da abbracciarla tutte le volte, lei penserà “ma che vuole questo”, però a me sembra lui, la guardo e mi si allarga il cuore».
Sa come ha reagito Nuti?
«Gli è stato detto cosa abbiamo fatto. Ma non può parlare. Alle volte è anche vantaggioso non dover per forza dare delle risposte. Ci vado spesso in quel posto lì, ma la comunicazione con lui è un po’ cambiata. Bisogna saper interpretare i suoi sguardi. Abbiamo un altro modo di comunicare, se vogliamo anche più raffinato rispetto alla volgarità delle parole: sono convinto che esistono gli amici e poi gli amici che sono parte di te. Io dentro di me ho lui, solo lui, e lo tengo stretto».
Per come lo conosce, però, cosa avrebbe detto di questa vostra serenata?
«Per come lo conoscevo io, ormai 25 anni fa, sono convinto che in cuor suo avrebbe apprezzato... ma poi si sarebbe affacciato e ci avrebbe detto: “Fate poco casino”».