ItaliaOggi, 5 dicembre 2019
Periscopio
Prodi: il morto a galla. Nerio Lancillotto. Web.Affinché fosse chiaro a tutti come la pensava sul Cavaliere, Marco Travaglio spiegò per iscritto nel blog di Beppe Grillo: «Chi l’ha detto che non posso odiare un politico? Chi l’ha detto che non posso augurarmi che il Creatore se lo porti via al più presto? Non esiste il reato di odio». Giampaolo Pansa, Carta straccia. Rizzoli, 2011.
Di fronte a ogni nuovo governo, un povero cafone non può dire altro che: «Dio ce la mandi buona»; come quando l’estate grossi nuvoloni appaiono all’orizzonte, e non dipende dal cafone decidere se porteranno acqua o grandine, ma dal Padre Eterno. Ignazio Silone, Fontamara.
Da ormai vent’anni il problema della sinistra in Italia sembra quello della presidenza della repubblica, interpretata come contrappeso rispetto a una presunta preponderanza del centrodestra nel paese. In primo luogo, questo atteggiamento mi sembra una dichiarazioni di minorità. E in secondo luogo è per me inconcepibile che, sempre per il bene delle istituzioni democratiche, il presidente della repubblica debba essere sempre di centro-sinistra: Scalfaro-Ciampi-Napolitano-Napolitano bis-Mattarella, il filotto degli ultimi decenni è davvero insensato. Enrico Mentana, direttore del Tg de La7 (Federico Novella). LaVerità.
La politica mi ha sempre interessato anche se non l’ho mai praticata direttamente. Ho ad esempio rinunciato a un’offerta ministeriale con Prodi, ma l’ho sempre seguita con molto interesse, fin da ragazzo. Mario Carraro, industriale, 90anni (Matteo Marian). Il Mattino di Padova.
Eugenio Scalfari diceva sempre «mi sento libero perché sono proprietario del giornale», poi però ha venduto la sua creatura al migliore offerente (sembra più di 100 miliardi di lire). Franco Ferrarotti, sociologo 93 anni (Aldo Forbice). LaVerità.
I social sono un gigantesco circo in cui si vede il meglio e il peggio delle persone. Vera Gheno, Potere alle parole. Einaudi, 2019.
Le distrazioni dei gadget digitali colpiscono anche gli adulti. Sono in troppi a sprecare le loro vite su queste stupide macchine. Io non posso costringerli a staccarsi da quegli apparecchi. Però se riesco a fare di quei ragazzi dei lettori capaci, c’è una possibilità in più che sappiano governare meglio il proprio tempo, la propria attenzione, le proprie vite. James Patterson, famoso giallista Usa. (Federico Rampini). la Repubblica.
Sovranità nazionale (sovranismo?) e popolo (populismo?) sono oggi problemi reali e non immaginari in molti paesi. Il mondo è unito e vincolato globalmente, ma è anche, nei periodi di crisi, più sensibile e consapevole circa la difesa delle identità locali e nazionali. Come sappiamo, nessuno si accorge della propria identità finché non viene disturbata, la scopre o finge di scoprirla quando identità diverse la fronteggiano. Le classi dirigenti, se si dedicano più a gestire le compatibilità internazionali che le esigenze elementari e primarie dei cittadini, è fatale che nei momenti di penuria e di pessimismo perdano consensi. Alfonso Berardinelli. Il Foglio.
Mi ha sempre stupito la velocità con cui l’italiano scritto soccombe al passare degli anni. In un pugno di decenni, una pagina d’autore diventa vecchia. Se poi ti azzardi ad andare davvero indietro nel tempo, neanche capisci quel che leggi. Avrò fatto dieci tentativi col Principe di Niccolò Machiavelli (1469-1527), uscendo ogni volta distrutto dalle contorsioni linguistiche che affollavano ogni pagina. Solo nel 1991, con la benemerita trascrizione in italiano moderno di Pietro Melograni, sono giunto in fondo. Trent’anni di inutili sforzi contro le due piacevoli orette passate sul testo rivisto dal prof che fu parlamentare di Fi, dice quanto perda l’italiano a invecchiare male. Giancarlo Perna. LaVerità.
Nelle poche ore di sonno, gli incubi sono ricorrenti e il pensiero di Conte va a Italo Calvino. Chi dell’allegorica trilogia «I nostri antenati» si sente ora di essere? Il Visconte dimezzato, il Barone rampante o il Cavaliere inesistente? O forse tutti e tre insieme, giacché il premier, si sa, non è mai stato un personaggio monodimensionale. Forse se si ferma un po’, per tornare dai suoi studenti o per qualche conferenza in giro per il mondo, fa un favore a se stesso e agli italiani. Chissà che proprio Mattarella non glielo chieda presto. Al Quirinale hanno ben chiaro quando chiamare il rien ne va plus. Luigi Bisignani. Il Tempo.
A Venezia ci siamo andati in gite scolastiche chiassose e felici, oppure innamorati, felici di perderci fra le calli come in un labirinto magico. Personalmente non dimenticherò mai gli occhi dei figli bambini, la prima volta a Venezia: occhi spalancati, e bocche ammutolite dalla meraviglia. Così come dovevano essere i miei, di occhi, quando mio padre mi portò a otto anni per calli e campielli deserti, in una mattina d’inverno. E mi pareva di essere entrata in un altro mondo, o, forse, caduta dentro a un sogno. Marina Corradi. Avvenire.
L’Ordine dei farmacisti premia Carlo Verdone «per le sue approfondite conoscenze mediche». Una laurea doloris causa che all’attore e regista è servita nel nuovo film Si vive una volta sola. Tutto merito delle pillole che Gerardo D’Agostino, grande diagnosta, gli prescrisse in seconda liceo. «Per quanto tempo, professore?», chiese Verdone. «A vita!», urlò il medico. E che vita. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
Io, che sono di Stoccarda, arrivavo a Milano da New York. Dove la qualità della vita per un designer europeo è bassissima. Scappai a Milano: non parlavo una parola di italiano, ma trovai il rapporto umano che cercavo. Una città rumorosa, vivace. Stavo in zona Porta Romana, senza immaginare che sarebbe diventato un quartiere di moda. La mia vita stava tutta in due valigie. Catharina Lorenz, designer tedesca, da 25 anni a Milano (Stefano Landi). Corsera.
Sono una vera casinista. Forse per questo le mie storie devono essere limpide. Le preparo così: il tema in qualche modo si impone da sé. A seguire c’è la fase della ricerca. Infine la scrittura che è la cosa più semplice. All’inizio la storia si compone di ombre. Io so che devo corteggiarle perché alla fine saranno loro che mi raccontano ciò che scriverò. Sveva Casati Modigliani, scrittrice (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Per il cappuccino e la brioche, necessari a cominciare la giornata, scelse i tavolini all’aperto di un bar d’angolo, all’incrocio fra due vie dove, data l’ora, iniziava il traffico colorato della mattina. Franco Moro Bolzoni, Le parole che si dicono di notte. Albatros, 2019.
Non ho mai pagato una donna, ma quanto mi sono costate! Roberto Gervaso. Il Giornale.