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 2019  dicembre 04 Mercoledì calendario

L’odio paga, se è online

Antisocial di Andrew Marantz, da poco uscito negli Stati Uniti, può essere letto come un romanzo distopico: «In poco tempo successe l’impensabile: persone intelligenti e benintenzionate diventavano incapaci di distinguere semplici verità dalla disinformazione virale; una macchietta della cultura pop veniva eletta presidente; e i neonazi marciavano a volto scoperto per le città». O come un racconto satirico: «Era una happy hour del libero pensiero, un’occasione di incontro per maschilisti locali, neomonarchici, troll nichilisti di Twitter e altri guerrieri culturali autodidatti». Ma pure un saggio serio scritto alla Woody Allen, da «un bravo ragazzo ebreo dei sobborghi» che per giorni intervista il conduttore neonazi del podcast The Daily Shoah . Mentre gira per le aziende della Silicon Valley in cui si lavora agli algoritmi che hanno in ostaggio le nostre vite, Marantz si chiede se non sia il caso di «smettere di preoccuparsi e amare i nuovi sovrani». Spoiler, non ci riesce.


I guardiani
Intanto Antisocial, sottotitolo Online Extremists, Techno-Utopians, And The Hijacking Of The American Conversation, viene recensito come libro definitivo o comunque importante sul nesso tra la cultura di internet e la nuova destra estrema. Marantz, giornalista del New Yorker , ha passato tre anni a seguire i due gruppi che accusa di aver sequestrato la conversazione americana (non solo americana): gli estremisti online, neonazi da web, piazzisti di notizie false, troll professionisti o spontanei, che chiama i Gate Crashers, gli imbucati. E i nuovi Gatekeepers, i guardiani, i “tecno-utopisti”, dai fondatori di Reddit agli imprenditori di siti di fake news e gattini. Che «non volevano distruggere la democrazia. Volevano fare soldi. Dovevano rendere le persone dipendenti dal loro prodotto. Con ogni mezzo». Anche tollerando la diffusione virale di contenuti razzisti, che «generano molto traffico online».
I social media usano algoritmi per attivare emozioni come la rabbia e la paura. Che portano a restare connessi e attivi. Così, molti hanno guadagnato con le fake news, molti estremisti isolati sono diventati influenti sul web. Dove, spiega Marantz, si è creata una subcultura che ha creato un movimento che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca a furia di meme.


Gli imbucati
Meme prodotti da strateghi politici per soldi e da disadattati da casa, gratis. Marantz ne ha seguiti alcuni, uomini bianchi arrabbiati e strani diventati celebrità del web. Di quelli che per primi lanciano notizie deliranti e campagne denigratorie, poi riprese da media tradizionali trumpiani (o sovranisti), poi rilanciate da politici sulle reti normali, alla fine equiparate alle notizie vere.
C’è Mike Cernovich, ora notissimo, fino a qualche anno fa disoccupato con un blog antifemminista, e mantenuto dalla moglie dirigente di Facebook. C’è Mike Enoch, quello della Daily Shoah, sposato con un’ebrea. E poi ci sono storie come quella di Samantha, ex di uno dei capetti neonazi della marcia di Charlottesville, nel 2018, in cui fu uccisa una manifestante antinazi. Samantha era diventata neonazi. Per paura di perdere l’amato, per autosuggestione, per timorosa emulazione. Era stata un’attivista per Obama, era finita a fare il saluto nazista perché tutti lo facevano, «trascinata dall’energia della sala».


La libertà
Marantz produce proposte controverse per contenere i trascinatori. In un commento sul New York Times ha suggerito «passi per mitigare i rischi». Facendo un esempio pesante: «Nel 1993, i conduttori radiofonici che in Ruanda invocavano un bagno di sangue contribuirono a creare il clima che portò al genocidio. L’amministrazione Clinton avrebbe potuto disturbare il segnale radio e cancellare le trasmissioni, ma gli avvocati del Pentagono decisero di no. Citando la libertà di parola. È vero, sarebbe stata ridotta. Ma forse il genocidio sarebbe stato evitato». Marantz è stato subito criticato come un nemico del Primo emendamento, come uno sprovveduto che invoca la censura; come un elitista ingenuo che suggerisce «programmi governativi di alfabetizzazione giornalistica» e chiede a Mark Zuckerberg di «rendere Facebook un po’ meno redditizio e molto meno immorale».
E forse, più che a indicare soluzioni, è bravo a raccontare come «con l’elezione di Trump, l’impensabile è diventato concepibile»; come i Guardiani cervelloni non abbiano capito la loro enorme responsabilità sociale per aver distrutto i media tradizionali e non aver saputo pilotare i media nuovi. Mentre gli estremisti hanno saputo usare l’ironia e la confusione per sdoganare orrori.
Il libro è piaciuto anche all’arci-troll Cernovich. Lo ha recensito, trovando Marantz «pensatore raffinato e scrittore di talento» che purtroppo scrive sul New Yorker , «dalle cui finestre di vede la Goldman Sachs» (Antisocial ha una sua vita online, e si temono nuove puntate).