Libero, 4 dicembre 2019
Gli psicopatici hanno più successo
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State attenti a immaginare i pazzi quali individui stretti nella camicia di forza, poiché l’iconografia classica potrebbe indurvi ad abbassare le difese dinanzi ai veri folli, nella convinzione che siano soggetti dal solido equilibrio. A detta di parecchi studiosi, le personalità psicopatiche, avrebbero molte più chance di fare carriera: quanto più è insigne l’incarico, tanto più crescono le possibilità che, a ricoprirlo, sia una mente malata. Un’indagine condotta dallo psicologo forense Nathan Brooks della Bond University si è resa utile a confermare che una considerevole percentuale di professionisti aziendali manifesta tratti psicopatologici clinicamente significativi. Ma la cosa non costituirebbe un deterrente al fine di un buon rendimento lavorativo, anzi, la scarsa empatia delle menti psicotiche si renderebbe funzionale ad un approccio distaccato con la realtà degli impiegati, il tutto a beneficio degli interessi dell’azienda. In altre parole, i dirigenti più bisbetici e freddi, altri non sarebbero che i serial killer di cinematografica memoria se gli fosse stata preclusa la possibilità di riversare la nevrosi sui subalterni. È altrettanto interessante il punto di vista del professor Scott Lilienfeld della Emory University il quale – in un articolo scritto a due mani con la ricercatrice Ashely Watts per The Conversation – sostiene che parecchi psicopatici si servono delle caratteristiche più vantaggiose del loro disturbo di personalità per conquistare le masse e favorirsi la scalata al successo: carisma, audacia, resilienza emozionale, compostezza, fascino ed irriverenza sono quindi sfumature che, incontrando le circostanze opportune, garantirebbero l’affermazione.
CREATURA IBRIDA
Un estratto dello scritto di Lilienfeld enuncia: «L’idea della psicopatia di successo è controversa, ma non è nuova: già nel 1941, lo psichiatra americano Hervey Cleckley aveva sottolineato questo paradosso nel suo libro “The Mask of Sanity”. Secondo lui, lo psicotico è una creatura ibrida che indossa una maschera della normalità che nasconde un impoverimento emozionale e un nocciolo profondamente disturbato. Cleckley ipotizzava anche la possibilità che alcuni individui riuscissero a stringere relazioni di successo sia a livello relazionale che occupazionale». Anche il ricercatore canadese Robert Hare si è occupato di sviscerare l’argomento, e a seguito di un’attenta analisi è giunto alla conclusione che gli squilibrati al potere siano molto più pericolosi di quelli che sfogano la nevrosi nell’omicidio. Come lui medesimo sostiene, infatti: «I serial killer rovinano le famiglie, mentre i folli ai vertici dell’economia, dell’industria e della politica rovinano società intere». Le teorie di Hare risultano condivisibili alla luce del fatto che, lo psicopatico, è un individuo per natura incapace di stabilire empatia con il prossimo, pertanto non sarebbe il soggetto più indicato ad agire nel bene comune. Qualora voleste riconoscere le personalità disturbate e tenerle a debita distanza sappiate che potreste fare affidamento sulla cinematografia: stando ad uno studio del criminologo Samuel Leistedt dell’Università Libera di Bruxelles, i registi contemporanei sarebbero molto verosimili e concludenti nell’illustrare la psicopatia, questo anche grazie al fatto che, i media, si rivelano sempre più risoluti ad erudire l’audience sulla psicologia clinica, infondendo vaghe competenze anche nei profani.