Libero, 4 dicembre 2019
La resurrezione esiste. Cos’è l’animazione sospesa
È una nuova tecnica usata nelle emergenze considerate senza speranze, ed è stata applicata per la prima volta su alcune persone arrivate al pronto soccorso in arresto cardiaco dopo aver subìto un forte trauma, come colpi di pistola, coltellate o copiose emorragie da ferite, ovvero che avevano perso più della metà del sangue e il loro cuore aveva appena smesso di battere. È stata denominata “Animazione sospesa”, ufficialmente chiamata «conservazione e rianimazione di emergenza», ed è stata considerata praticabile solo in casi estremi, quando cioè ci sono solo pochi minuti per intervenire su un paziente gravissimo in fin di vita o appena morto, quando cioè, in condizioni normali, le possibilità di sopravvivere sono meno del 5%. L’Animazione Sospesa comporta il raffreddamento rapido della temperatura corporea fino a 10/15 *C, sostituendo tutto il sangue con infusioni endovenose di soluzione salina ghiacciata, in modo da interrompere completamente la residua attività cerebrale del paziente, il quale, una volta portato a temperature bassissime, ma non “congelato”, viene staccato dal sistema refrigerante e trasferito in sala operatoria, dove i chirurghi hanno due ore di tempo a disposizione per intervenire, operare, riparare ferite, bloccare emorragie, prima che quel corpo, considerato come morto, al termine dell’intervento venga riscaldato, reintroducendo il sangue, e rianimato in modo che il suo cuore si riavvii. Questa nuova tecnica è stata autorizzata dalla Food and Drug Administration americana, che l’ha resa applicabile senza necessità od obbligo del consenso del paziente, poiché, essendo le sue lesioni fatali, viene considerata una sorta di “ultima spiaggia” non esistendo in questi casi un trattamento terapeutico alternativo. L’animazione sospesa era già stata sperimentata su vari animali, e gli studi sui maiali con trauma acuto avevano dimostrato che i suini potevano essere raffreddati per tre ore, ricuciti e rianimati, ovvero riportati in vita attraverso un leggero impulso elettrico diretto al cuore, che iniziava a pompare sangue nel corpo congelato facendo tornare in vita le bestie.Dopo tali risultati negli Stati Uniti si è iniziato a discutere tra scienziati per proporre l’animazione sospesa come extrema ratio sugli umani e i dati incoraggianti hanno fatto sì che la sperimentazione venisse approvata ed applicata su alcuni traumatizzati considerati morti, con risultati a dir poco sorprendenti, perché in pratica è come assistere alla resurrezione di una persona giunta cadavere in ospedale. Quando il cuore smette di battere infatti, il sangue non trasporta più ossigeno alle cellule di ogni distretto corporeo, che iniziano a disattivarsi e a morire, mentre il cervello può sopravvivere da 5 minuti a un’ora dall’arresto cardiaco prima che si verifichi un danno irreversibile, per cui abbassare al minimo la temperatura corporea significa mettere in standby tutti i processi metabolici, rallentare o bloccare completamente tutte le reazioni chimiche cellulari, in pratica congelandole e mettendole in modalità che non abbiano bisogno di ossigeno senza però degradarsi. Il primo intervento su un traumatizzato acuto a cuore fermo è stato effettuato nell’Università del Maryland (Usa) e la notizia è stata riportata dalla rivista New Scientist, dove si specifica che tale tecnica, in America chiamata EPR (Emergency Preservation and Resuscitation) fa parte di un test clinico che dovrebbe “arruolare” almeno 20 pazienti per poter essere poi praticata su larga scala per aiutare a sopravvivere persone che altrimenti non ce la farebbero. Il principio base dell’animazione sospesa si basa sulla scienza nota come “criogenìa” dove le temperature estremamente basse, (ma superiori a quelle di congelamento), indotte artificialmente, possono essere utilizzate per rallentare al minimo indispensabile le normali funzioni vitali senza causarne la morte, ovvero il paziente in criogenia ha ancora un alito di respiro, una bradicardia estrema e funzioni involontarie impercettibili ma presenti, la cui rilevazione però può essere effettuata solo strumentalmente, perché quella persona visivamente appare come morta. Il principio secondo cui il freddo rallenta i processi del metabolismo corporeo è noto da anni, tanto che le persone finite accidentalmente in acque gelide durante i mesi invernali e ripescate, sono sopravvissute e scampate all’annegamento proprio in virtù della sospensione delle funzioni, incluse quelle respiratorie, e con l’animazione sospesa in pratica si induce una sorte di letargo, (diverso però dal principio alla base dell’ibernazione) dove il cuore batte con una frequenza minima o è fermo del tutto, il cervello si trova in una condizione di standby, totalmente incosciente ma ancora vitale.
Detto in altri termini questa nuova tecnica permette di guadagnare tempo in operazioni chirurgiche sofisticate e praticate in urgenza ed emergenza, per evitare danni cerebrali permanenti, ed anche se siamo ancora lontani da una procedura funzionale ed affidabile come quella letta e vista in grandi opere di fantasia, ogni obiettivo inizia con un primo piccolo passo. E poi, al di là della fantascienza e di improbabili problemi etici evocati su casi di pazienti appena deceduti e riportati in vita, mi preme ricordare ai lettori che in medicina, sottoporre ad ibernazione un individuo ormai senza vita, è quello che noi medici facciamo ormai ogni giorno con centinaia di organi prelevati da donatori in morte cerebrale, il che significa portarli in condizione di ipotermia controllata in attesa di trapiantarli, nella speranza di riportarli in vita in futuro.