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 2019  dicembre 04 Mercoledì calendario

Che fine ha fatto Ricky Gianco

uando sbarcai a Milano ero un ragazzino malato di rock and roll e incontrai subito le persone giuste. Giampiero Reverberi mi portò alla Ricordi dove incisi tre 45 giri che però non comprò nessuno. Cantavo ma avevo un brutto problema, non pronunciavo la erre, non mi usciva proprio. Infatti incontrai Celentano che non mi filò neppure. Il primo ad aiutarmi fu Mike Bongiorno, era molto generoso. Mi faceva cantare ai suoi spettacoli e mi fece fare anche qualche Carosello. Così andai a scuola di dizione: mi feci un mazzo così. Una cosa pesantissima, gli sforzi mi procuravano nausea e giramento di testa, ma ce la feci... Una sera, mentre strimpellavo in un bar, Adriano mi rivide per caso e disse: Ueh, ma tu non sei quello che non aveva la erre? Adesso ce l’hai, canti bene, vieni a trovarmi che devo farti una proposta». Così decollò la carriera di Ricky Gianco – che a tutt’oggi ha una voce profonda e potente in stile rock – autore e cantautore dalle mille svolte artistiche. Lui c’è sempre, anche se non si fa vedere spesso le sue canzoni parlano per lui... Autore di classici come Pregherò (la versione italiana di Ben E. King), Ora sei rimasta sola, Il vento dell’Est, Pugni chiusi, Nel ristorante di Alice, Pietre, tedoforo della canzone impegnata anni Settanta (con la casa discografica L’ultima spiaggia di Nanni Ricordi) con Un amore, A Nervi nel ’92, Fango che sono brani simbolo del cantautorato impegnato dell’epoca. Gianco si è fatto conoscere anche a livello internazionale incidendo con i Toto (l’album È Rock’n’Roll), e con le stelle del country rock (Non si può smettere di fumare),ha reinventato con Gianfranco Manfredi il teatro-canzone di gaberiana memoria (sempre negli anni Settanta il corrosivo spettacolo Zombie di tutto il mondo unitevi a Nervi nel ’92 fu in cartellone per diverse stagioni). La sua carriera si può riassumere nel triplo cofanetto Ricky Gianco Collection: tutti i successi, alcuni brani acustici inediti su disco e interpretazioni di classici jazz e swing. 
Baffoni a nascondere il suo sorriso sornione, fa dell’ironia, spesso caustica, il motore con cui forgia la sua arte popolare e al tempo stesso racconta la sua vita. Quando guarda indietro a tratti li suo sguardo si illumina («perché è stata una grande avventura»), a tratti s’incupisce («quanti amici se ne sono andati, da Tenco a De André»). Lui, lodigiano di origine sarda, è cresciuto a Milano (il 7 dicembre riceverà dal Comune di Milano l’Ambrogino d’oro) ma con un piede a Genova. «Come dimenticare le giornate a Sampierdarena con Paoli, Tenco, De André: discorsi, fiumi di alcol e sogni. Un mondo che non c’è più, ci si divertiva anche con le monetine». Amicizie coltivate e ricambiate per decenni. «Con Paoli ogni tanto ci invitano in tv a suonare qualche rock scatenato come Bye Bye Love degli Everly Brothers. Siamo sempre in sintonia. Abbiamo inciso insieme Parigi con le gambe aperte, il seguito di Quattro amici al bar, che ha avuto un buon successo, e non ha mai saltato un Festival di Mantova di cui io ero uno degli organizzatori. De André ha duettato con me in un mio album nel pezzo Navigare. Era pigro: ci misi un mese a convincerlo. Il giorno della registrazione andai a prenderlo a casa, lui mi invitò a prendere un caffè, a chiacchierare e a scherzare, arrivammo in studio con tre ore di ritardo con tutti i tecnici che ci stavano aspettando. Ma quando iniziava a cantare si faceva perdonare tutto».
Ricky va ancora molto fiero del periodo del Clan. «Fummo il primo gruppo di lavoro indipendente. Con Adriano sono in buoni rapporti e ho un ottimo ricordo di quel periodo. Anche se volle interpretare lui Pregherò e a me lasciò il seguito: Tu vedrai, che non ebbe altrettanto successo. Fu un gran periodo, anche se certe cose non le capivo, come il diktat di far firmare tutte le canzoni a Miki Del Prete. Comunque non si può negare che Adriano ha avuto delle grandi intuizioni». Quando Gianco entrò nel Clan si chiamava ancora Ricky Sanna, il suo vero cognome. «Una mattina alle 5 squillò il telefono e Adriano dall’altra parte del filo disse: Ueh, ti piace Gianco come nome d’arte?. Io mezzo addormentato dissi ok e da allora quello fu il mio nome». Adriano gli fece cambiare nome perché la Ricordi se l’era presa perché Ricky Gianco aveva cambiato casa discografica. Tra le prima canzoni Unchained My Heart, poi portata la successo decenni dopo da Joe Cocker. L’idillio con il Clan però finì presto. Gianco era ed è uno spirito libero. «Adriano amava circondarsi di una corte. Così quando andò a Capri per girare un film e disse: Dovete accompagnarmi tutti, io decisi di mollare». 
E si dedica da solo al rock, il suo primo amore. «Tornai allo stile dei miei primi brani, tipo Dubbi, un brano con frasi onomatopeiche tipo abbi dubbi ubbidabodeio per cui alla Ricordi mi presero per matto». Riscosse un buon successo e nel 1964 fu invitato a Londra al Christmas Show dei Beatles. «Che emozione! Non mi sembrava vero. Mi proposero di suonare in apertura dei loro concerti italiani ma non me la sentii. Si vedeva che Paul e John erano i leader, ed erano anche simpatici. Solo George Harrison mi chiamò con aria sarcastica italiano pizza e mandolino». In quei giorni conobbe anche Brian Jones: «Era completamente fuori di testa. Comunque nella diatriba Betles contro Rolling Stones io sto con i primi. Gli Stones hanno rinnovato il rock blues; i Beatles hanno rivoluzionato la musica e il costume». Nel suo cuore però ci sono i Toto: «Ero troppo giovane ai tempi dei Beatles, la mia esperienza più emozionante è stata incidere con i Toto e soprattutto con James Burton, il chitarrista di Elvis. Ho imitato a lungo i suoi assolo». 
Ma nei favolosi Sixties in Italia il rock è ancora roba per pochi «capelloni»... Così Gianco colpisce la platea di Sanremo con Pietre: «Non ci credevo molto, era una canzoncina ironica e ricca di doppi sensi. La sua forza sta nell’interpretazione di Antoine. Lui non sapeva l’italiano, prima di entrare in scena gli dissi: Hai imparato le parole?. Lui rispose: Non preoccuparti le ho scritte su un foglietto. Lì cominciai a tremare; infatti lo perse immediatamente, così cominciò a inventare le parole, a saltare e ballare in mezzo al palco. Fu il successo, eliminata la prima sera, fu ripescata in finale e vendette milioni di copie». Qualcuno disse che Pietre era un plagio di Rainy Day Women di Bob Dylan ma Ricky ha la coscienza tranquilla. «La mandammo ai suoi avvocati che dissero: Tutto regolare. In realtà riprendeva una marcia tradizionale di New Orleans di pubblico dominio». Anche Ricky Gianco, a sua volta, ha fatto causa per plagio. Il ritornello di Questo piccolo grande amore secondo lui è copiato dalla sua È impossibile. Il tibunale gli ha dato torto in prima istanza e lui, sempre sicuro di avere ragione, ha deciso di non ricorrere in Appello. «Tanto mi toccherebbe aspettare ancora più di dieci anni».
Tornando alle Pietre, ne ha più tirate o più ricevute nella sua vita? «Non ho nemici, le ho ricevute al Cantagiro del 1965 a Pesaro». Critico con tutto e con tutti, Ricky Gianco ha scritto Zimmerland, un brano che prende in giro causticamente Bob Dylan paragonandolo a Gesù. «Per carità lo amo ancora oggi. Il brano l’ho scritto quando aveva smesso di fare il poeta». Proprio in quel perido infatti Gianco incontrava l’impegno politico e sociale: «Nel ’68 ho trovato la risposta a tante domande e ho smesso con le canzoncine. Quando ho sentito O’ sole mio cantata da Elvis ho capito cosa fosse il sistema, che aveva risucchiato un idolo ribelle trasformandolo in una marionetta. Il rock è nato da una generazione di ragazzini che nessuno ascoltava, ma poi il mercato lo ha fatto suo inventando la musica per teen ager. Così ho cercato di creare in Italia un suono indipendente. Ho prodotto Demetrio Stratos, Il Canzoniere del Lazio, Albero Motore». E ha cominciato con le canzoni scomode come Fango, che adesso interpreta nei concerti, sempre a scopo sociale e politico, che tiene un po’ in tutta Italia. Il nuovo disco? L’anno prossimo: «Conterrà nuove ballate e forse, per la prima volta, la mia versione di Pregherò. È il momento di farla sentire».