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 2019  dicembre 04 Mercoledì calendario

Così la Cdp può guidare le privatizzazioni

Nel corso degli ultimi decenni – e specialmente a partire dagli anni ’90 del secolo scorso – molti Paesi (tra cui l’Italia) hanno in varie forme operato privatizzazioni. Lo hanno fatto prima trasformando in società per azioni le grandi imprese di Stato e poi cedendone le azioni, direttamente sul mercato o in alternativa concentrandole in società miste pubblico-privato, comunque qualificabili come market unit. Le ragioni alla base di questi processi sono state molteplici, ma due le principali: la ricerca di una maggiore efficienza, all’interno di un mercato europeo che prima si integrava Europa su Europa e poi via via si globalizzava; il vincolo europeo posto per la riduzione dei debiti pubblici. 
Costituita alla metà dell’800 e trasformata di recente in società per azioni, la Cassa Depositi e Prestiti è stata fin dall’origine, ed è oggi un efficiente canale di trasmissione dal risparmio privato all’investimento pubblico.
Qui di seguito se ne ricostruisce molto brevemente la storia e si indicano possibili ulteriori azioni, per incrementarne l’efficienza, per una ulteriore riduzione del debito pubblico, per una addizionale canalizzazione del risparmio previdenziale verso gli investimenti. 
Cdp, cosa è stata e che cosa è oggi 
Dalla seconda metà dell’ ’800, e fino al 2003, pur mutando nella sua forma giuridica, CDP ha sistematicamente svolto la funzione essenziale cui fin dal principio era stata assegnata, quella di canalizzare verso il finanziamento degli enti pubblici locali la raccolta dei capitali ed, in specie, la raccolta postale.
Nel 2003, CDP è stata trasformata in società per azioni e, congiuntamente, con l’ingresso di soci privati, è uscita dal perimetro della pubblica amministrazione, configurandosi come una market unit.
Le ragioni per operare questa trasformazione-riforma sono state essenzialmente tre:
a) su scala prima europea e poi globale venivano ad essere via via sempre più evidenti, crescenti e pressanti tanto la integrazione quanto la competizione economica. Ciò portava i governi europei a dotarsi, a loro volta, di strumenti economici sempre più efficienti; 
b) in parallelo, si facevano via via sempre più stringenti i vincoli imposti, alle finanze nazionali, dalle regole contabili europee. Ciò portava quasi tutti i governi europei a ricercare, pur nel rispetto delle regole contabili europee, strumenti alternativi per una gestione “flessibile” dei loro conti pubblici;
c) nel caso specifico dell’Italia, l’esigenza di dotare il paese di strumenti di mercato assegnati alla funzione di promozione internazionale dell’economia nazionale.
Dati questi obiettivi, l’orientamento espresso per la trasformazione-riforma di CDP fu verso un modello che fosse quanto più prossimo possibile ai principali modelli europei: quello tedesco della Kredit für Wirtschaft (KFW); quello francese della C  aisse des Dépôts et Consignations
La trasformazione-riforma di CDP fu conseguentemente operata:
a) prima con la sua incorporazione nel tipo civilistico della S.p.A.;
b) poi con l’apertura del suo capitale a soggetti privati.
Dato questo obiettivo strategico, l’alternativa per l’apertura del capitale sociale di CDP era tra le tre seguenti ipotesi: 
a) apertura al “mercato finanziario”; 
b) apertura agli Enti e/o alle Casse attivi nel campo previdenziale
c) apertura alle Fondazioni di origine bancaria;
La scelta fu infine operata verso le Fondazioni di origine bancaria. Una scelta adottata per tre ragioni: perché questi erano (e sono) soggetti privati; perché, rafforzandoli, si sarebbe almeno pro tempore stabilizzato il sistema bancario italiano; infine perché, potendo contare sull’aspettativa di rendimenti significativi e stabili le Fondazioni avrebbero garantito od incrementato il loro ruolo sociale sui territori, ruolo questo che era allora e che è ancora positivamente tipico delle Fondazioni.
Trascorso più di un decennio, periodo nel quale sono tra l’altro compresi gli anni (2008-2009) in cui CDP S.p.A. ha svolto una essenziale funzione anticrisi, oggi si può concludere che la sua struttura istituzionale e statutaria ha con efficienza assicurato un pieno equilibro tra il suo status di market unit e la f  unzione pubblica cui era stata ed è assegnata. 
È anche in questi termini che, al servizio della Repubblica, oggi si può ipotizzare un nuovo ulteriore sviluppo della sua missione. 
Che cosa oggi può ancora fare
Oggi l’azione di CDP S.p.A. può essere sviluppata verso due obiettivi essenziali:
a) apertura di una terza via, tra privato e pubblico, che combini insieme, ed al più alto grado possibile di efficienza, la logica privata e la logica di assicurare adeguati presidi pubblici;
b) ulteriore riduzione dello stock di debito pubblico.
Dati questi due obiettivi, è possibile ipotizzarne il congiunto raggiungimento nei termini che seguono:
A) come premesso, una politica di privatizzazione di partecipazioni societarie mirata alla riduzione del debito pubblico può essere operata non solo via mercato, ma anche via CDP S.p.A.
La natura di market unit, propria di CDP S.p.A., natura particolare ma pur sempre propria di soggetto privato, non ha infatti escluso finora, e non esclude in assoluto ulteriori possibili riduzioni del debito pubblico generate da ulteriori privatizzazioni operate a condizioni di mercato via CDP S.p.A.;
La privatizzazione via CDP, a condizioni di mercato, e nei limiti derivanti dalla sua qualifica come market unit, produce in effetti i seguenti effetti positivi:
a) concentrando il controllo in un soggetto come CDP S.p.A., si semplificano i problemi di golden rule relativi alle società privatizzate, garantendo il mantenimento in capo al MEF di adeguati presidi di controllo indiretto sulle partecipazioni trasferite, nonché la possibilità, proprio tramite il controllo indiretto, di esercitare i poteri dell’azionista nella definizione degli indirizzi strategici; 
b) assicura autonomia di gestione a CDP S.p.A. Soluzione, questa, che è funzionale a garantire la stabilità dell’azionariato e a perseguire obiettivi di lungo periodo, ad esempio nel caso di asset strategici di rilevanza nazionale; c) assicura sia le entrate derivanti dalla alienazione che quelle derivanti dai flussi di dividendi che arriverebbero tramite CDP S.p.A.;
B) non è questa la sede per identificare e calcolare le operazioni di privatizzazione operabili via CDP S.p.A. Ma è ragionevole supporre che l’obiettivo europeo di riduzione del debito pubblico possa essere raggiunto prospettandone un piano di riduzione graduale e progressivo, e perciò realistico proprio perché effettivamente realizzabile attraverso la CDP S.p.A.
Dal lato del bilancio pubblico, il calcolo degli effetti che ne deriverebbe va operato tanto dal lato dello stock, quanto dal lato dei flussi
Dal lato dello stock non ci sono dubbi possibili in ordine agli effetti: il debito pubblico scende in funzione diretta dell’importo incassato via cessioni. 
Dal lato dei flussi è certo vero che (i) a fronte del risparmio per interessi (oggi tra l’altro bassi) conseguenti al minore onere per debito, (ii) si realizza una perdita, da calcolare in funzione dei minori dividendi (questi oggi relativamente elevati), (iii) ma è anche certo che gli stessi dividendi possono essere recuperati, in quota significativa e in tempo reale, sotto forma di maggiori dividendi distribuiti da CDP S.p.A. (questi per un importo che va oggi solo calcolato al netto della quota minoritaria di pertinenza delle Fondazioni di origine bancaria, che peraltro investirebbero sul territorio e nel sociale i maggiori dividendi così di loro spettanza);
C) per quanto riguarda le modalità di finanziamento delle operazioni di trasferimento di partecipazioni in CDP S.p.A., le principali soluzioni in concreto individuabili sono le seguenti: (i) mezzi propri, a questo fine eventualmente utilizzando anche il risparmio postale, come consentito dalla normativa di riferimento relativa all’acquisto di partecipazioni strategiche o all’acquisto, già perfezionato nel 2012, di SACE, SIMEST e Fintecna; (ii) se necessario, previo rafforzamento patrimoniale (ad esempio, tramite conferimenti in aumento di capitale ovvero tramite apertura del capitale di CDP S.p.A. a soggetti terzi); (iii) altre forme tecniche, quali, ad esempio, operazioni miste cassa-aumento di capitale, ovvero finanziamento tramite emissione da parte di CDP S.p.A. di titoli subordinati o azioni prive di diritto di voto;
D) una ipotesi che, in aggiunta, potrebbe essere considerata è quella di un’estensione della base azionaria di CDP S.p.A. ai soggetti del cosiddetto secondo pilastro previdenziale. Tra questi rientrano in specie i fondi pensione che, a differenza degli Enti e delle Casse previdenziali, sono al di fuori dal perimetro PA.
Soprattutto si noti che questa ipotesi potrebbe avere un rilievo positivo eccezionale, non solo perché accentuerebbe il carattere di mercato dell’operazione, ma anche perché avvierebbe la rimozione del differenziale negativo che, rispetto agli altri, caratterizza il capitalismo italiano.
L’apertura di questo canale potrebbe essere la linea su cui tracciare il percorso futuro di CDP S.p.A., per una sua ancor più ampia missione al servizio della Repubblica;
E) dopo le necessarie verifiche industriali, aziendali, economico-finanziarie e così via, è comunque quasi certo, e comunque consigliabile, che nel realizzare nuove privatizzazioni, l’immissione nel contenitore CDP S.p.A. di nuovi contenuti, costituiti da nuove e/o diverse e/o eterogenee partecipazioni azionarie, renda necessaria la ristrutturazione del c.d. parteciprogramma di CDP S.p.A., per differenziarlo da quello tipico di una conglomerata
Non a caso, la razionalizzazione del portafoglio delle partecipazioni di CDP S.p.A. è uno dei punti qualificanti del Piano Industriale 2019-2021. 
L’operazione qui ipotizzata potrebbe in specie costituire occasione per un ridisegno complessivo delle strutture azionarie sottostanti a CDP S.p.A. 
E questa riorganizzazione potrebbe essere sviluppata non solo in senso verticale, ridefinendo il rapporto tra CDP S.p.A. e partecipate, ma anche in senso orizzontale, ridefinendo il rapporto tra le varie partecipate attuali e future (fusioni, incorporazioni, etc.). 
Lo sviluppo sostanziale dell’operazione qui in oggetto rende consigliabile, dato che questo è un punto potenzialmente critico, evitare l’attuale scissione e/o divisione, tra MEF e CDP S.p.A., scissione tra i diritti di proprietà (titolarità delle azioni e dei dividendi) ed i diritti di governance (poteri decisionali in merito a nomine e indirizzi) delle partecipazioni trasferite.
Va infine notato, a questo proposito, che evitare la scissione e/o divisione risponde all’esigenza, da un lato di confermare che le operazioni di cessione di partecipazioni a CDP S.p.A. siano da considerare, specialmente a livello europeo, “vendite effettive”, utili alla riduzione del debito; dall’altro lato, di assicurare che, tramite la governance “pubblica” di CDP S.p.A., questa assicuri una gestione coordinata e sinergica, anche in ottica industriale, delle partecipazioni trasferite.