Il Messaggero, 4 dicembre 2019
Intervista a Jamie Lee Curtis
«Amo il mio lavoro, amo fare film, amo la mia vita». Jamie Lee Curtis, 61 anni compiuti il 22 novembre, figlia degli attori Tony Curtis e Janet Leigh, ha ereditato le doti comiche del padre (indimenticabili i suoi ruoli in Un pesce di nome Vanda e Una poltrona per due) e la capacità di fare paura della madre, che fu la protagonista di Psyco di Alfred Hitchcock, ma soprattutto ha ereditato l’amore per un mestiere che ha succhiato con il latte materno. «Sono sempre stata su un set, credo che non potrei fare a meno di starci ancora». In Cena con delitto, in uscita domani in Italia, Jamie Lee Curtis e il resto del cast (Daniel Craig, Chris Evans, Michael Shannon, Toni Collette, Katherine Langford, Jamie Lee Curtis, Christopher Plummer, Ana de Armas e Don Johnson) riescono a divertire e creare suspence.
Sulla falsa riga dei romanzi di Agatha Christie il film infatti, diretto da Rian Johnson vuole essere un omaggio al genere lanciato proprio dalla scrittrice britannica dove, in seguito a un omicidio, un intero gruppo di persone in un ambiente ristretto viene tartassato da un detective (Daniel Craig) che cerca di scoprire il colpevole. L’ambiente ristretto è quello della dimora della ricca famiglia Thrombey. Il patriarca (Christopher Plummer) muore improvvisamente durante la cena del Ringraziamento e tutti gli eredi si ritrovano fra i sospettati. Jamie Lee Curtis interpreta Linda, la figlia maggiore della vittima.
Anche a casa sua, alla cena del Ringraziamento si rischia che volino coltelli?
«Non è ancora capitato ma si litiga spesso, soprattutto quando si parla di politica, soprattutto in momenti come questi dove le differenze sono così grandi e le idee così polarizzate. Certe ricorrenze sono come una pentola a pressione, non ci si vede per mesi e ci si incontra per un fine settimana. Qualche bicchiere in più e il gioco è fatto. Sa che quello festivo è il periodo in cui ci sono più omicidi in assoluto?».
Non è il primo film da festività’’ di cui è protagonista.
«Verrò ricordata come l’attrice delle feste, ne ho fatti due natalizi, questo per il Ringraziamento, naturalmente Halloween e so che in Italia ogni Natale trasmettono ancora Una poltrona per due, un film meraviglioso, senza tempo, quasi come questo. Difficile trovare sceneggiature di questo livello oggi».
Questa è la storia di una famiglia benestante, come quella in cui è cresciuta. È stato difficile crescere a Hollywood? Che figlia era? Ribelle?
«Il contrario! Credo di essere stata l’ultima delle brave ragazze. Non ho mai detto di no a mia madre, mai partecipato a uno di quei party ad alta gradazione alcolica, mai fatto arrabbiare seriamente i miei».
Però recentemente si è aperta con una lunga intervista a Variety in cui ha parlato delle sue dipendenze.
«Sì, ma ero già grande, sposata, con figli. Subii un piccolo intervento chirurgico e rimasi incatenata agli antidolorifici che mi furono prescritti. Purtroppo non è capitato solo a me. Ormai gli oppiacei rappresentano una vera emergenza. C’è un’epidemia ed io sono stata fortunata a non morire. Per dieci anni, senza che nessuno lo sapesse, mi sono imbottita di queste schifezze».
Come ne è uscita?
«Mi decisi una volta, dopo aver toccato il fondo rubando antidolorifici dalla borsa di mia sorella. Frequento ancora i meeting di supporto. Essere finalmente sobria è la cosa di cui vado più fiera nella mia vita. Il risultato di cui sono più orgogliosa, più del mio matrimonio, della mia carriera. Più, persino, dei miei figli».
Lei, in netta controtendenza a Hollywood, non si tinge i capelli, non fa ritocchini. Teme gli interventi chirurgici dopo la dipendenza?
«No. Il fatto è che odio proprio l’espressione anti-invecchiamento. Ha dato il via a un’industria vana, è una battaglia che non si può vincere. Trovo umiliante andare dal parrucchiere e sottoporsi a tutte quelle torture per tingersi, con quell’odore di prodotti chimici. E per cosa? Per nascondere qualcosa? Per nascondere la verità? Non ci sto più a questo gioco, è la ragione per cui oggi ho i capelli grigi e non spiano le rughe».
Lei calca il set fin da molto piccola. Cosa ha imparato?
«A stringere fra le mani uno stuzzicadenti. È un trucco che ho imparato per non ridere. Ho la tendenza di trovare molte situazioni divertenti e nel corso degli anni ho rovinato più di una scena perché mi scappava da ridere, così ho imparato questo trucchetto, quando mi viene da ridere stringo lo stuzzicadenti dalle punte, mi faccio male, così mi passa la voglia di ridere».