Corriere della Sera, 4 dicembre 2019
Ibra annuncia il suo rientro in Italia
Non ha ancora sciolto in maniera definitiva le riserve sul futuro. Zlatan Ibrahimovic ama stupire, tenere la platea con il fiato sospeso, creare l’attesa. Però sul numero di GQ Italia, in edicola da domani, lo svedese sparge indizi sull’identikit del club dove giocherà da gennaio. «Andrò in una squadra che deve vincere di nuovo, che deve rinnovare la propria storia, che è in cerca di una sfida contro tutti. Solo così riuscirò a trovare gli stimoli necessari per sorprendervi ancora. Come calciatore non si tratta solo di scegliere una squadra, ci sono altri fattori che devono quadrare. Anche negli interessi della mia famiglia. Ci vediamo presto in Italia».
Scartate le lusinghe milionarie della Cina e l’atmosfera da evento globale della Premier, Ibra ha scelto di rientrare in Italia e dalle indicazioni che lo svedese concede non è difficile immaginare un ritorno al Milan. Boban e Maldini sono convinti di aver presentato un’offerta rispettosa al centravanti considerando l’età del giocatore e i due anni trascorsi in un campionato ai margini dell’impero calcistico. Probabilmente si sarebbero aspettati un sì definitivo già in queste ore ma l’apertura del giocatore, intervistato dal magazine di Condè Nast a Los Angeles, pare incoraggiante. «Ci sono calciatori che giocano a calcio e altri che pensano il calcio. Quando uno pensa inventa un nuovo modo di fare calcio, gli altri seguono e basta. Io amo fare la differenza. Non voglio fare bene solo una o due cose, voglio farle bene tutte». Incontentabile, forse è per questo motivo, per il timore di misurarsi di nuovo in un campionato competitivo laddove era stato leggenda, che non ha ancora fornito al Diavolo una risposta definitiva. «Sono molto contento di aver fatto questa esperienza a Los Angeles, anche perché dopo l’infortunio molti dicevano che non sarei più stato in grado di giocare, invece ho dimostrato che posso ancora fare la differenza. A livello tecnico e tattico devono ancora crescere. Corrono, ma non sono abituati a giocare con i piedi, perché in tutti i loro sport tradizionali usano le mani».
Ibra è già pronto a esporsi su un tema delicato di questi tempi. «Mettere la maglia “No al razzismo” è bello, ma non risolve il problema. Meglio togliere tre punti, sospendere la partita e perdere l’incasso, così rischi di andare in serie B. Devi essere severo, la gente non capisce fino a quando non paga le conseguenze. Quando ero in Italia mi gridavano “zingaro!”. È razzismo anche quello, è ignoranza, anche se poi quando mi vedono fuori dallo stadio mi fanno i complimenti e vogliono farsi una foto con me».