Corriere della Sera, 4 dicembre 2019
Sulla mostra su Canova e Thorvaldsen
L’occasione è di quelle da non perdere: alle Gallerie d’Italia una mostra su Canova e Thorvaldsen racconta la nascita della scultura moderna mettendo a confronto il loro sguardo sulla classicità. Eccomi dunque, il primo giorno libero, di fronte alla rappresentazione di alcuni dei più celebri miti, materializzati in bianca, marmorea realtà. E una volta superato l’incantamento per la loro bellezza, affiorano domande: perché, tra i tanti, proprio quei miti? Quale è stato l’uso per il quale ciascuno dei due autori li ha scelti e al quale li ha destinati? E quale, tra le possibili letture che i miti hanno, quella prescelta per essere affidata alla pietra?
All’interno del desiderio, comune ad ambedue gli artisti, di dimostrare l’importanza e la perenne attualità della tradizione classica e di renderne attuale il linguaggio, Canova e Thorvaldsen reinterpretano i miti ciascuno a proprio modo, confrontandosi in una gara che si manifesta anche nel diverso modo di rappresentare lo stesso racconto: come accade, in un caso particolarmente significativo, quando si cimentano nel mito di Amore e Psiche.
Narrata da Apuleio nelle Metamorfosi, la storia è quella di una ragazza chiamata Psiche, così bella da suscitare il furore di Afrodite, dea della bellezza e madre di Amore. Amore che peraltro vedendo Psiche se ne era innamorato al punto da trasportarla, per evitare l’ira della madre, in una reggia nascosta. Qui Psiche viveva da sola, attendendo che egli la raggiungesse nel buio della notte. E la ragazza viveva felice, anche se sottoposta alla condizione di non tentare mai di vedere il volto del suo amante. Sino alla notte in cui cedette al desiderio di farlo, almeno una volta, e Amore, svegliato da una goccia d’olio caduta dalla lampada che Psiche aveva acceso, sdegnato dalla disobbedienza l’aveva abbandonata, volando lontano. Disperata, Psiche era riuscita ad aggrapparsi ai suoi piedi, sino a quando, stremata, era precipitata a terra, dove era passata attraverso una tal serie di ordalie che finalmente Amore, commosso, l’aveva perdonata e aveva convinto Giove ad acconsentire alle loro nozze.
La rivisitazione
Storie cruente come quella di Ganimede
si addolciscono con la sensibilità romantica
Lieto fine, dunque, di un rapporto amoroso del quale Canova, rappresentando i due amanti abbracciati (nel Louvre, e nella copia di sua mano nell’Ermitage), legge e fa leggere una passionalità che Thorvaldsen invece depotenzia decisamente, per non dire totalmente (in Psiche con il vaso della bellezza nei Staatliche Museen di Berlino). Due letture diverse, dunque, di un amore che supera gli ostacoli.
Ma per lo storico dell’antichità la questione è più complessa. Prescindendo, qui, dalla lettura della vicenda come l’allegoria della trasformazione di Psiche in anima (secondo il significato greco del suo nome, da Platone in poi), altre letture tentano di collocare il testo nella cultura che rappresenta, e vedono in Psiche una donna che, come spesso accade nelle culture patriarcali, è al tempo stesso vittima e complice dell’ideologia maschile che la condanna alla subalternità. Una lettura, questa, che ovviamente non delegittima la scelta degli scultori, ma che ha rilievo, storicamente, per il contributo che ha certo dato alla perpetuazione e alla diffusione della (più che legittima) versione romantica della storia.
Qui c’è il desiderio, comune ad ambedue gli artisti, di dimostrare l’importan-za e la perenne attualità della tradizione classica
Tra gli altri personaggi individuati e scolpiti come simbolo, c’è il bellissimo Ganimede (in questo caso solo da Thorvaldsen), giovane coppiere degli dèi amato da Zeus, scelto al fine di rappresentare l’incanto dell’eterna giovinezza. Anche qui, chi ha memoria delle storie mitiche viene colpito dalla scelta di cancellare dalla vicenda il ricordo della violenza subita da Ganimede, che Zeus, per tenerlo sempre accanto a sé in cielo, aveva fatto rapire da un’aquila.
In Thorvaldsen infatti Ganimede, inginocchiato, nutre amorevolmente l’aquila, quasi che, anziché il suo rapitore, fosse un amato compagno di giochi. La violenza è scomparsa. Reinterpretando la tradizione classica i due padri della scultura moderna sono riusciti a rendere attuale il suo linguaggio anche conciliandolo con la nuova crescente sensibilità romantica. Un’ulteriore prova della loro grandezza.