Corriere della Sera, 4 dicembre 2019
Riciclare le vecchie tv
Quasi 130 milioni di euro: è la stima di quanto si risparmierebbe in un anno se nel nostro Paese tutti i Raae, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche in disuso, venissero smaltiti correttamente e riciclati. Smartphone che non si caricano più, laptop chiusi nei cassetti, televisori rotti in cantina, asciugacapelli ormai inservibili: la lista dei papabili è lunga. Così lunga che il riciclo di questi apparecchi ha evitato all’Italia di spendere nel 2018 oltre 52 milioni di euro di importazioni di materie prime. Sono i calcoli di Remedia, che gestisce oltre un terzo dei rifiuti elettronici in Italia. Il mercato è vivace, e vede attivi altri consorzi come Ecolight, Ecolamp, Cdc Raee ed Ecodom. «Da queste apparecchiature si possono ricavare importanti materie prime seconde», incalza Danilo Bonato, direttore generale di Remedia. Basti pensare che i comuni smartphone sono composti da oltre 40 componenti riciclabili. Si possono così risparmiare 227 mila tonnellate di materie prime non prelevate dall’ambiente e 1.067 ettari (1500 campi da calcio) di suolo non utilizzato. Il cerchio «si chiude» con i 25 milioni di euro distribuiti nel sistema Remedia a copertura dei costi per le attività di raccolta e recupero.
Al netto di questi numeri, la corretta gestione della e-waste, la spazzatura tecnologica, è un problema tutt’altro che risolto. Oggi in Italia circa ventimila tonnellate di scarti hi-tech non raggiungono gli impianti di smaltimento perché vengono rubate o seguono percorsi illegali.
Certo è che tutti produciamo e continueremo a produrre questo tipo di rifiuti. Se è difficile resistere alla tentazione di acquistare l’ultimo nato tra gli smartphone, un altro «osservato speciale» sono le televisioni. Soprattutto avvicinandoci al passaggio al nuovo segnale del digitale terrestre, il sistema DVB-T2, che da qui al 2022 potrebbe costringere molti italiani a sostituire gli apparecchi: l’incentivo di 50 euro stanziato dal governo per l’acquisto di un nuovo modello entra infatti in vigore il prossimo 18 dicembre. «Circa dieci milioni di apparecchi obsoleti verranno dismessi – spiega Bonato —. Si parla di 180mila tonnellate da gestire, il peso di 22 Tour Eiffel: dobbiamo apprezzare questa innovazione tecnologica ma dobbiamo prepararci». Il volume dei Raee è destinato ad aumentare, come accaduto tra il 2008 e il 2009, nel passaggio tra analogico e digitale. Importante sarà gestire le parti più dannose degli apparecchi: «Esiste un sistema in grado di metterli in sicurezza e rendere innocue sostanze pericolose come le lampade di retro illuminazione degli schermi lcd, che contengono mercurio, o le plastiche con ritardanti di fiamma», dice Bonato.
È qui che entrano in gioco aziende come Relight, da Rho, in provincia di Milano, parte del gruppo Treee, che comprende sei imprese del settore: «Questi materiali vengono portati ai nostri centri di trattamento per essere messi in sicurezza e trasformare il problema del rifiuto in opportunità – commenta Bibiana Ferrari, amministratore delegato —. Tra le nostre aziende, Relight è quella più incline all’innovazione. Per esempio, abbiamo realizzato un impianto di recupero di pannelli fotovoltaici figlio di un progetto sviluppato con l’Università di Padova, Cea e altri partner. Gli apparecchi che usiamo continuano a cambiare, quindi chi si occupa di “chiuderne” la catena di vita deve stare al passo con la tecnologia».
Ma per arrivare fin qui, anche utenti e negozianti devono scendere in campo. «Esiste una norma che regola lo smaltimento – conclude Bonato —: non solo i rivenditori sono obbligati a effettuare il ritiro gratuito dei Raee quando si acquista un’apparecchiatura equivalente (l’uno contro uno), ma i rivenditori con negozi grandi più di 400 metri quadrati devono ritirare gratis piccoli Raee anche quando il consumatore non compra nulla».