Corriere della Sera, 4 dicembre 2019
Gli arrivi via mare calati del 53% nell’ultimo anno
La diapositiva (per ora) non registra gli effetti concreti dei decreti Sicurezza. In compenso coglie sullo sfondo il cambio dell’espressione sul volto degli italiani. Un anno di costante battaglia politico-mediatica ha fatto breccia. E il ribaltone è servito: la politica dei porti chiusi oggi è maggioranza. A raccontarlo è il rapporto numero 25 della Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) che mostra come all’inizio del 2018 la linea dura conquistasse il 44 per cento degli italiani, e dodici mesi dopo, secondo un sondaggio Ipsos, il dato schizzi su fino al 59 per cento.
Sigillate le coste, il flusso non s’è però fermato. Gli arrivi via mare, al 28 novembre di quest’anno, sono crollati del 53,47 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018, e del 90,85 sul 2017. Ma i numeri delle richieste di asilo restano più alti. Nel 2015 infatti ogni cento sbarchi si attivavano 54 domande d’asilo, nei primi sei mesi del 2019 sono state 574. È il segnale che una backdoor, una porta nascosta, resta aperta. È la «rotta balcanica» oggi una delle principali rotte che alimenta gli arrivi, certificata dai numeri del Viminale, che intercetta sempre più migranti al confine con la Slovenia.
La giornata all’Università Cattolica per la presentazione di un quarto di secolo di studi sull’immigrazione, condotta da Venanzio Postiglione, vicedirettore del Corriere, «è anche l’occasione per rileggere l’andamento storico dei flussi migratori», un fenomeno che «ha ormai assunto un’inedita valenza politica, creando forti polarità che impediscono una discussione ragionevole», sottolinea Vincenzo Cesareo, segretario generale della Fondazione. Il rapporto mostra così una progressione che ha portato la popolazione straniera negli ultimi 25 anni da meno di un milione a 6 milioni e 222mila presenti (+1,9 per cento rispetto al 2018). È straniero un abitante ogni dieci, quindi. E il primato resta in mano ai romeni (1,2 milioni), che insieme ad albanesi e marocchini rappresentano il 40 per cento del totale. Si fanno intanto largo le seconde generazioni: gli under 35 nati in Italia da almeno un genitore straniero sfiorano i tre milioni.
Più difficile quantificare la quota degli irregolari. Le nuove stime dell’Ismu ne calcolano 562mila (compresi nei 6 milioni totali). Il trend segna un +5,4 per cento che è in realtà una frenata rispetto all’8,6 e al 12,9 per cento degli anni precedenti. Ma la responsabile del settore Statistica dell’Ismu, Livia Ortensi, segnala i rischi per il futuro. Il sensibile aumento delle bocciature di richieste d’asilo (erano il 58 per cento nei primi sette mesi del 2018, sono oggi il 78) si deve anche all’abolizione della protezione umanitaria prevista dai decreti Sicurezza salviniani, cosa che «avrà un significativo impatto sulla presenza irregolare, di cui però non è quantificabile con sicurezza l’orizzonte temporale – è la previsione – grazie alla non retroattività della norma che presumibilmente darà luogo a sentenze positive in fase di appello».
Il radicamento della popolazione immigrata sta incidendo su tanti aspetti della nostra società, dalla scuola al mercato del lavoro. Gli alunni con cittadinanza non italiana sono più di 800mila, il 9,7 per cento degli iscritti, in maggioranza però nati qua. Il tasso d’occupazione va un po’ meglio di quello degli italiani, anche se per gli stranieri un lavoro, che spesso è a bassa retribuzione, non mette al sicuro dal rischio povertà.