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 2019  dicembre 04 Mercoledì calendario

Google, Page e Brin fanno un passo indietro

Fine di un’era: i fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin, lasciano la guida di Alphabet, la società capogruppo della quale erano amministratore delegato e presidente. D’ora in poi, come già avvenuto per Google, anche Alphabet (che raggruppa le società diversificate come Waymo per la tecnologia delle auto robot o DeepMind per l’intelligenza artificiale) sarà guidata da Sundar Pichai: il manager indiano che dal 2015 è Ceo della società che gestisce i business più rilevanti e consolidati: il motore di ricerca, la piattaforma Android e il sistema operativo Chrome. 
L’uscita di scena dei due è arrivata a sorpresa, ma non può essere definita un fulmine a ciel sereno(la Borsa ha reagito addirittura con un rialzo del titolo) perché da tempo i due fondatori si vedevano poco in azienda: non partecipavano nemmeno ai suoi principali eventi pubblici. Si diceva che Page passasse più tempi nella sua residenza caraibica che nella sede di Mountain View. Oltretutto Page e Brin cedono le cariche ma non il controllo del gruppo: restano consiglieri d’amministrazione e azionisti con pacchetti azionari decisivi come diritti di voto. 
La loro scelta ricorda il passo indietro fatto ormai più di dieci anni fa da Bill Gates da Microsoft: via dalle cariche operative restando, però, azionista di controllo. 
Cambio della guardia 
La notizia su un post Sundar Pichai, finora alla guida di Big G, è diventato il nuovo ad 
I due hanno patrimoni praticamente identici, del valore di circa 60 miliardi di dollari ciascuno. Negli ultimi anni, consolidato il successo delle attività principale, si erano dedicate soprattutto a sviluppare progetti proiettati in un futuro più o meno remoto. Spesso non andati in porto: dagli occhiali alla copertura wifi dell’Africa fatta coi palloni aerostatici, alla stessa auto che si guida da sola, in sperimentazione da diversi anni, ma anni ma ancora bisognosa di un lungo periodo di collaudi. 
La principale delusione per i due fondatori è, però, probabilmente culturale. Ventuno anni fa fondarono una società il cui motto buonista era «Don’t be evil». Non erano solo parole: era il segno di una cultura aziendale diversa, coi dipendenti liberi di sviluppare i loro progetti e di discutere nei forum interni le scelte aziendali. Nel segno del dialogo coi fondatori, visti più come dei patriarchi che come uomini di business. Poi le tensioni sono cresciute, soprattutto negli ultimi due anni: mentre la gente perdeva fiducia nella tecnologia e la politica cominciava a incalzare le aziende di big tech pr la loro eccessiva concentrazione, per l’impatto della loro attività sulla privacy dei cittadini e per l’allergia per ogni assunzione di responsabilità sociali, i capi di Alphabet-Google hanno cominciato ad avere difficoltà anche all’interno del gruppo, nel rapporto coi loro dipendenti. L’anno scorso la clamorosa protesta col personale in piazza in tutte le sedi del mondo contro la gestione troppo blanda di alcuni casi di abusi sessuali. 
Quelli di cui Page e Brin lasciano oggi la guida è, insomma, un’azienda diversa, segnata da un malessere interno, con rivolte che hanno obbligato il gruppo a rinunciare ad affari con la Cina e col Pentagono mentre solo una settimana fa quattro ingegneri sono stati licenziati per aver contestato la dirigenza con troppa veemenza, tentando anche di organizzare una resistenza interna. Ora si volta pagina.