La Stampa, 4 dicembre 2019
Zero emissioni per la prima alla Scala
Qualche giorno fa alla Scala alcuni operai stavano sistemando le luci dell’ingresso. Tutto dev’essere perfetto per sabato sera, Sant’Ambrogio, quando si alzerà il sipario sulla prima della stagione del teatro milanese. In scena la «Tosca» di Giacomo Puccini, diretta da Riccardo Chailly con la regia di Davide Livermore e un cast stellare: la soprano russa Anna Netrebko nei panni dell’eroina capace di uccidere per amore e di suicidarsi per la disperazione, il tenore Francesco Meli in qualità di Cavaradossi e il baritono Luca Salsi come spietato Scarpia.
«Puccini ha anticipato abbondantemente il fluire delle narrazioni dell’anima con un profondo senso cinematografico - premette il regista -. Non a caso, i più grandi musicisti della storia del cinema hanno preso in prestito l’80 per cento della produzione pucciniana, dalle melodie agli inserti, fino alle armonizzazioni». Fondamentali in questo senso diventano le luci sul palco come in sala.
A dirigerle, proprio come al cinema, c’è un professionista specializzato in prime, Antonio Castro, mentre la Scala ha il suo lighting designer Marco Filibeck. Ne è passato di tempo dalla notte di Santo Stefano del 1883, quando al teatro costruito nel 1778 da Giuseppe Piermarini sulla chiesa di Santa Maria alla Scala, per decreto dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, la prima della «Gioconda» di Amilcare Ponchielli passò dai lumi a gas alla luce elettrica. Incredibilmente 136 anni fa come oggi è la stessa società, la Edison, a provvedere il medesimo servizio. Un’elettrificazione da cui non solo dipese il successo artistico del teatro, ma anche quello economico della città.
Era la Milano di fine Ottocento in cui Giuseppe Colombo, rettore di un Politecnico già allora incubatore di aziende e fondatore di Edison, avvia la sperimentazione della dinamo inventata da Thomas Edison e conosciuta a Parigi. Nasce così, a pochi passi dal Duomo, la prima centrale termoelettrica dell’Europa continentale. Ed è da lì che arriva la corrente per le 2.450 prime lampadine della Scala.
Un effetto insolito sia per il pubblico sia per i cantanti, poco abituati ad essere così ben visti nei loro pregi e difetti. La novità tenne banco per giorni sui giornali dell’epoca, definita ottimisticamente una garanzia di bellezza, e venne confermata da Giuseppe Verdi per il suo «Don Carlo» in programma ai primi di gennaio del 1884.
Successe alla Scala quello che poi avvenne a Milano e in Italia: l’elettrificazione del Paese, l’energia al servizio di nuovi obiettivi, il progresso per i cittadini e per le imprese. Da allora, come racconta l’ad Nicola Monti, il rapporto con Edison si è ancora più stretto: «Per la decima stagione consecutiva compensiamo con energie rinnovabili i consumi energetici legati alla prima e alla sua prova. Nei 10 anni consecutivi di illuminazione della Prima, Edison ha evitato l’emissione in atmosfera di oltre 630 tonnellate di anidride carbonica, la quantità assorbita da circa 12.600 piante in un anno. Nel corso di tutto questo tempo Edison ha continuato la collaborazione con il teatro avviando anche un percorso virtuoso verso la sostenibilità. Da nove anni ad esempio sosteniamo insieme al Comune la manifestazione di prima diffusa che offre gratuitamente al pubblico l’esperienza dell’opera in video in molti spazi di Milano».
Oltre alla cura e all’efficientamento delle luci del teatro, Edison l’anno scorso ha completato il progetto di illuminazione del museo teatrale e ha appena concluso un intervento alle ex Officine Ansaldo, dove vengono realizzati gli allestimenti delle opere. Quest’ultimo ha riguardato un’area di 20mila metri quadrati, dove si trovano i reparti di scenografia, scultura, falegnameria, sartoria, i laboratori meccanici e dove sono custoditi più di 60mila costumi, oltre alla sala prova per il coro e a uno spazio scenico per le simulazioni della regia. «Azioni concrete - le definisce Monti -, che realizziamo con impegno ed emozione per tutelare e valorizzare i beni artistici e culturali del nostro Paese, mettendo a disposizione di arte e cultura quella che consideriamo essere la nostra "arte": fare la migliore energia con le nostre competenze, le nostre strutture e il nostro "know how" unico di storico operatore energetico nazionale».
Non ci si fa spesso caso, ma in Italia si trova uno dei patrimoni culturali più energivori al mondo. Onori e oneri di un Paese dal grande passato. «È un settore che in certi casi arriva a pesare per il 70 per cento del bilancio di un ente pubblico - rivela Paolo Quaini, direttore dei servizi energetici e ambientali Edison -. Un uso efficiente di risorse come energia, luce, calore e acqua può ridurre i consumi di almeno il 30 per cento, con notevoli benefici sia sull’ambiente sia sulla spesa. Nel caso dei laboratori della Scala il risparmio ottenuto è stato del 60 per cento sui costi energetici e di 34 tonnellate di anidride carbonica all’anno. Un investimento per le nuove generazioni che vivranno questi spazi in modo sempre più sostenibile».