Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  dicembre 03 Martedì calendario

Diritto & Rovescio

Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha concluso il suo mandato con una calorosa conferenza stampa davanti ai giornalisti con i quali ha lavorato durante tutto il suo mandato. In questa occasione ha raccontato un caso di ordinario spionaggio da lui subito contemporaneamente da americani e francesi. Era il 1997. Juncker, allora, era il premier del Lussemburgo. Arrivato a Parigi per un summit europeo sull’impiego e avendo deciso all’ultimo momento di cambiare albergo per comodità, nella notte venne chiamato da Clinton per un problema Airbus e Boeing. «Mi chiamò», disse Juncker, «sulla linea privata del mio nuovo albergo che non conosceva nemmeno la mia delegazione. E sono stato molto sorpreso, il giorno dopo, di sentire Jacques Chirac dire, accogliendomi all’Eliseo: “Il modo con il quale hai parlato a Clinton è il modo con il quale l’Europa dovrebbe parlare agli americani?”». Il bello è che, mentre tutti ascoltano tutti, l’Authority per la privacy inonda gli imprenditori di montagne di adempimenti per controllare una stalla dalla quale i buoi sono già scappati. E da tempo.