ItaliaOggi, 3 dicembre 2019
L’attentatore di Londra ha ucciso due giovani che avevano organizzato un convegno sulla socializzazione dei carcerati
Riassumendo: venerdì 30 novembre scorso un tale di nome Usman Khan, 28 anni, ha ucciso due persone e aggredito i passanti sul London Bridge. Khan è un terrorista islamico, e non bisogna avere né pudore né remore nell’indicare questo signore con tale etichetta, non foss’altro che la sua prodezza è stata rivendicata dall’Isis (e nessuno pensa che ogni islamico sia un terrorista). Lode ai semplici cittadini i quali, in attesa che i bobbies londinesi intervenissero, hanno placcato Khan e lo hanno disarmato.Provate a chiedervi che cosa sarebbe successo in Italia: ci sarebbe stato il fuggifuggi generale e se un poliziotto o carabiniere avesse sparato in testa all’attentatore come hanno fatto i bobbies, oggi sarebbe indagato. Per non parlare del solito teatrino che sarebbe esploso tra destra e sinistra con contorno dei soliti accoglionisti (opinionisti accoglioni).
Khan aveva già scontato parte della pena, ma aveva ottenuto la libertà vigilata. Già aderente ad una cellula di Al Qaeda, nel 2012 era stato condannato perché con i suoi compari progettava un attentato contro la Borsa di Londra. Sedici anni di carcere da scontare; ma dopo nemmeno sette era uscito. Siccome il lupo perde il pelo ma non il vizio, ha deciso di uccidere. E ha ucciso durante un convegno per i 5 anni di Learning Together, un servizio offerto dall’Università di Cambridge coordinato da Jack Merritt, 25 anni (prima vittima) e Saskia Jones, 23 (seconda vittima, il nome è stato comunicato il 2 dicembre), che svolgeva volontariato nell’ambito del programma.
Scopo di Learning Together, informa la Bbc, è quello di: «Mettere assieme i carcerati e gli studenti universitari per studiare l’uno a fianco all’altro in una partnership egualitaria». Secondo l’Università di Cambridge, il programma: «Ha abbattuto pregiudizi e creato nuove possibilità per tutti quelli che vi hanno preso parte». Evidentemente Khan non era d’accordo.
L’Inghilterra è un Paese nel quale oggi, in nome del politically correct, non si parla in pubblico di religione (se lo fate vi si considera degli eccentrici) e l’Islam sta gradualmente crescendo (3 milioni, 5.4% della popolazione nel 2016), sia pure con qualche malumore: vedasi il termine spregiativo Londonistan appioppato ai quartieri sempre più islamizzati della capitale inglese. Una crescita fatta cercando per quanto possibile di mantenere identità e tradizioni. Nel Paese operano circa 85 Sharia court, camere arbitrali di diritto islamico (molto simili alla, fallita, mediaconciliazione che era stata introdotta in Italia) nate nelle moschee, che spesso permettono alle donne di fede islamica di divorziare (l’uomo può ripudiare la donna, ma non il contrario).
Non è obbligatorio registrare il matrimonio religioso perché abbia effetti civili, quindi i giudici di Sua Maestà non possono intervenire: anche se nel 2018 una sentenza dell’High Court ha riconosciuto a una islamica che voleva divorziare dal marito il diritto a divorziare perché, pur non essendo registrata, la loro unione aveva tutti i crismi di un regolare matrimonio civile inglese.
Il premier Boris Johnson ha annunciato pene più severe in tema di sicurezza, mentre il capo dell’opposizione laburista Jeremy Corbyn, prima ha detto che la polizia ha fatto bene a sparare visto il rischio di una cintura esplosiva addosso a Khan, poi rivelatasi finta; poi ha sottolineato che il terrorismo arriva a causa delle avventure militari britanniche all’estero (cominciando da quella in Iraq del suo predecessore Tony Blair) e che Johnson rischia di legare a filo doppio l’Inghilterra a Donald Trump. Infine ha aggiunto che se questi attentati succedono, ciò accade perché c’è poco personale a gestire la libertà vigilata e i permessi, però non è detto che un terrorista non possa essere rieducato e quindi ottenere la libertà vigilata.
Qualcuno gli chieda se è vivo e quante dita sono queste, può darsi che risponda: «sì o no» e «22». Che nella Smorfia napoletana è lo sciocco: chissà al bingo.